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domenica 28 ottobre 2012

Quindicenni italiani nei test PISA: si può fare di più

I dati 2009 del programma PISA (in attesa di quelli 2012 per la verifica dell'ultimo triennio) raffrontano i livelli degli studenti europei nella lingua madre, in matematica e in scienze. I nostri quindicenni mostrano un sensibile miglioramento rispetto al 2003 e un lieve progresso sul 2006. Tuttavia non si possono suonare metaforiche trombe. Infatti il recupero non colma il divario con gli altri paesi e non mostra il raggiungimento di livelli accettabili. Insomma ancora arranchiamo nella mediocrità. E dovremmo capire meglio come e dove sono stati ottenuti buoni margini di miglioramento per poter orientare nel modo migliore energie e risorse. 

Quelli citati sono dati del Programme for International Student Assessment of the OECD (in inglese su  http://www.oecd.org/pisa/pisaproducts/pisa2009/pisa2009keyfindings.htm, disponibili anche in italiano sul sito INVALSI)  ma segnaliamo un buon resoconto da un ottimo sito indipendente:

p.c.


giovedì 25 ottobre 2012

Scuola: altro che 24 ore

Le cifre dimostrano un fatto che a noi pare difficilmente contestabile:

il problema della scuola italiana non è la mancanza di risorse,  la spesa in istruzione del nostro paese è in linea con quanto spendono i paesi Ue (in percentuale sul Pil), 4,4 noi, 5% la media europea. Così pure il numero di studenti per insegnante (11.1.noi, 12.1 la media Ue). Sono dati Eurostat (Key data on education in Europe) pubblicati nel rapporto education at glance 2012,  eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/.../key_data_series/134EN.pdf. 
Fanno riferimento a rilevazioni 2008 perché, come noto, la statistica non prevede rilevazioni in tempo reale.

Il punto è che l'efficacia di un servizio non può essere misurata sulla quantità di investimenti fatti. Ciò che bisogna considerare è l'effettiva ricaduta su chi ne fruisce. Se usiamo come indicatori i Pisa test e i livelli di dispersione non possiamo essre soddisfatti. E allora c'è da chiedersi se è utile mettere soldi in una macchina che non ne fa buon uso. Soldi che, peraltro, non ci sono e non ci saranno nei prossimi anni. Per questo non condividiamo la diffidenza verso i privati. Proprio perché mancano risorse, certo entro un quadro certo di regole, un impegno finanziario da parte delle aziende può essere auspicabile. Sarebbe da augurarsi che gli imprenditori italiani, piuttosto che pensare a guadagni speculativi, destinassero un po' di risorse alla scuola. Cosa vorranno in cambio? Non è difficile immaginare che un'azienda vorrà avere personale qualificato e formato per le sue esigenze. Avviene in tutto il mondo e anche nel nostro paese da anni e non risulta che la libertà d'insegnamento sia venuta meno.

Problemi complessi che, però, a nostro parere non vanno affrontati iniziando dall'orario di lavoro e dalle retribuzioni del personale. Compito della scuola non è il mantenimento del personale (stabile o precario) quanto offrire un servizio valido agli studenti.

Un buon punto di partenza sarebbe fare nostra la richiesta dell'abolizione del valore legale del titolo di studio che è all'origine dell'attuale omologazione fra istituti. Un altro chiedere l'aumento delle tasse universitarie in base al reddito visto che oggi sono i ceti medio-bassi (la fiscalità generale) a pagare gli studi dei ricchi.

Per questi motivi non condividiamo l'ultima evoluzione della protesta in corso.

Gli ulteriori dati nel link di seguito sono tratti da la voce.info, un sito di economia di autorevolezza indiscussa  http://www.lavoce.info/articoli/-scuola_universita/pagina1003345.html.

p.a., p.e.c.

 


martedì 23 ottobre 2012

Donne Italiane incontrano donne Libiche: con Emma Bonino, Marta Dassù, Elisabetta Belloni


Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


Si è svolta questa mattina, presso il Ministero degli Affari Esteri, la presentazione del progetto “Soggiorno formativo a Roma per 7 donne libiche imprenditrici”. Una settimana (21-28 ottobre) dedicata ai temi di pari opportunità e inclusione e  che vede protagoniste 7 donne libiche giunte a Roma dalle più significative realtà del loro Paese. Il progetto è stato organizzato dall’ Associazione Pari o Dispare, supportato e voluto dal Ministero degli Affari Esteri e ha potuto contare sul sostegno di eni s.p.a.
Tra gli altri presenti all’incontro, in cui si è discusso di diritti civili, inclusione delle donne nella società e nell’economia , anche Marta Dassù, Sottosegretario di Stato del Ministero degli Esteri; Emma Bonino, Vice Presidente del Senato della Repubblica; Elisabetta Belloni, Ministro Plenipotenziario e Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo.
“Spero che questa occasione non resti isolata, ma sia invece l'inizio di un dialogo costante che possa aiutare le donne libiche nel loro ambizioso percorso di affrancamento. Come europee, noi faremo tutto il possibile per sostenerle” ha esordito Emma Bonino a cui ha fatto eco Marta Dassù “Le donne, sempre più protagoniste dei processi di transizione socio-politica ed economica, rappresentano tutt’oggi una risorsa non ancora pienamente valorizzata e molto resta ancora da fare in termini di parità economica e affermazione in politica. E’ necessario rilanciare il ruolo delle donne nel cuore dei processi decisionali, a cominciare dalla diplomazia”.
Alaa Murabit, giovane attivista libanese fondatrice e presidente di una NGO che si occupa dello sviluppo della donna nel campo politico ed economico, ha invece sottolineato come le rivoluzioni arabe siano state occasione di integrazione per le donne la cui assenza, tutt’ora, in campo economico è causa di scarsa competitività. “La forza di lavoro delle donne in Libia è del 27%” ha dichiarato “ e tale instabilità è senz’altro un’opportunità ma anche un rischio di ulteriore marginalizzazione”.
Concentrandosi infine sulle questioni religiose, Alaa Murabit ha affermato “tante sono le cose che alle donne vengono impedite ma in cui la religione non c’entra e su cui la religione non si è mai pronunciata. Tutto è frutto di un pregiudizio sociale che va smantellato!”.
Difatti molte delle partecipanti hanno poi sottolineato come modello di riferimento per spiegare questa impostazione sia la campagna per le Mutilazioni Genitali Femminili che nel suo approdo all’ONU garantisce un importante passo in avanti per i diritti e la salute delle donne e che già vide l’impegno di attiviste e himam a chiarire come in verità tra la religione e questa barbara pratica non ci sia alcun legame.

mercoledì 17 ottobre 2012

Roma non si muove (per il Pd)


Un brutto, bruttissimo segno il mancato raggiungimento del 50 mila firme per i referendum consultivi promossi da "Roma si muove". Quegli 8 quesiti individuavano questioni cruciali per il futuro della capitale, prima fra tutti quella relativa al consumo di suolo. E individuavano parte consistente di un futuro programma elettorale in grado di qualificare la proposta politica di una futura giunta di sinistra. Rifiutiamo di proposito l'espressione centro- sinistra perché priva di senso sempre, ma a maggior ragione nella realtà romana ove gli eredi della Dc non sono altro che il volto perbenino, senza fasci littori, della destra. Come tutti sanno, a Roma la destra come soggetto ideale e progettuale non è mai esistita, il suo posto è stato sempre occupato da leader e personale politico ai limiti. Un Luparetta's style che non ha mai conosciuto soluzioni di continuità. È altrettanto noto come una malintesa idea della modernità abbia contagiato la sinistra. Niente  a che vedere con le imprese dell'altra parte, ma per anni è invalsa l'idea che bisognasse fare accordi, mediare, conciliare, giocare il ruolo degli affidabili. Il modello Roma, secondo una espressione fin troppo banale. La scelta del Pd di non impegnarsi per "Roma si muove", ne è una conseguenza. Come se temi come l'istituzione del registro dei testamenti biologici o il riconoscimento e il sostegno alle famiglie di fatto, potessero disturbare il manovratore. E come sperare che il Vaticano (ma avrà poi così tante divisioni?), non si metta contro ? Che Riccardi accetti la candidatura? Che i costruttori e la Camera di commercio non si bruttino a destra ? 

venerdì 5 ottobre 2012

Questa staffetta non ci piace

Nicola Zingaretti ha accettato la candidatura alla Regione Lazio. Si tratta di un gesto di responsabilità che può dare un suo contributo nel contrastare l'atmosfera da Weimar nella quale siamo immersi. Z. ha amministrato bene la provincia, non ha ombre e può ben farsi carico del cambiamento che nel caso delle Regioni non può che partire da una robusta cura dimagrante. Smantellamento della miriade di organi (società controllate, partecipate, agenzie) nelle quali si dirama la spesa regionale. Una robusta cura dimagrante per la quale sarebbe utile ingaggiare un Enrico Bondi, il mitico risanatore di Parmalat. E restituire per quanto possibile la Regione al ruolo che le compete: programmazione, indirizzo, piuttosto che gestione diretta. Tutto bene, allora ? Non proprio se la candidatura di Z. aprirà le porte ad uno scambio con l'Udc che porterà in Campidoglio l'attuale ministro della cooperazione, Andrea Riccardi. Una staffetta che garantirebbe al Vaticano un sindaco cattolico e metterebbe uno scambio delle parti che sa tanto di vecchia politica. Non solo perché a quel punto le tanto sbandierate primarie diverrebbero una mera esercitazione simili a quelle che incoronarono Prodi nel 2005, ma perché la sinistra giocherebbe ancora una volta la carta dell'accordo con i cattolici. Rifiutando di giocare in proprio la partita per la conquista del voto moderato, come giustamente reclama Matteo Renzi. Riccardi è uno storico, ha il grande merito di aver fondato la comunità di Sant'Egidio, ma non ha il profilo di innovatore del modello di amministrazione che è quel che servirebbe a Roma. La città non ha bisogno di sindaci icone come Argan (il modello di Riccardi), ma di amministratori coraggiosi disposti a sfidare le tante lobby che infestano questa città. Per non parlare del pacchetto diritti civili - Imu alla Chiesa cattolica che è facile immaginare quale fine farà con Riccardi sindaco. Per questo la staffetta non ci piace. Se le cose andranno così sarà necessaria una candidatura laica, riformatrice, liberalsocialista. Noi il nome l'abbiamo fatto da tempo, e risponde al profilo di un giovane segretario di partito serio, pragmatico, attento alle questioni amministrative che in questi giorni è impegnato nella raccolta degli 8 referendum per la campagna Roma si muove. Chi sarà ?