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martedì 18 febbraio 2014

Di Raimo/Roche. Architetture del bios

Ritornando su un tema: la pervasività del pensiero post operaista nel dibattito filosofico. Non c'è niente da fare. I contributi più interessanti alla lettura della contemporaneità vengono da una tradizione che dagli anni '60 ha saputo sempre mantenere un livello alto di ricerca e, soprattutto, contaminarsi. E' il caso della riflessione di Paolo Virno sul linguaggio, desunta da una lettura onnicomprensiva dell'opera di De Saussure, di quella di Carlo Formenti sul lavoro cognitivo, di Hardt - Negri, Bifo e altri. Il perché di questa vitalità sta nella capacità di coniugare la lettura di Foucault, Deleuze, Lacan (e il punto d'inizio di tutto, Nietzsche) con l'analisi rigorosa di ciò che sta divenendo, sotto i nostri occhi, il capitalismo finanziario. Letture, analisi che certo non riescono a divenire progetto politico, anzi quando si misurano con la dimensione del fare mostrano la corda (vedi l'ormai stanco richiamo ad Occupy), la vaghezza del concetto di moltitudine (Hardt - Negri), un fantomatico neo leninismo (Formenti nell'ultimo ALFABETA2).
Ma tutto ciò importa poco, sappiamo che la politica si muove su altre piste. Alla filosofia il compito, deleuzianamente, di elaborare modelli. Modelli che negli anni si rinnovano e confermano la loro forza interpretativa. Come nel pensiero di filosofe come Rosi Braidotti e Donna Haraway, protagoniste degli studi di genere e dell''elaborazione su soggettività nomade e post umano. Come nella estensività di questi modelli ad altri campi: la teoria e la pratica dell'architettura. Affronta questi temi il bel libro scritto da Antonino Di Raimo, Francois Roche. Eresie macchiniche e architetture viventi di New - Territories.com, Edilstampa, pp. 94, con prefazione di Antonino Saggio, Epub.
Un altro frutto del lavoro di ricerca e progettazione attivato ormai da anni dal gruppo NITRO
La ricostruzione del lavoro di Roche descrive una nuova, possibile pratica in cui il progetto  produce una macchina - architettura espressa dal corpo sociale. Ed ecco che l'automazione dà vita ad un edificio che, grazie all'informazione, è radicato nel bios, ne riproduce gli impulsi (magia di un algoritmo). Addirittura ne segue le mutazioni e i millepiani nei quali il rizoma si dirama. Lontano dalle arborescenze, dalle gerarchie. Un'architettura della libertà per costruire il nuovo secolo deleuziano,  come lo immaginò  Michel Foucault. 

venerdì 7 febbraio 2014

I pasticci di Obama

Forse è presto per fare un bilancio della presidenza Obama, tuttavia su un punto si può concordare. La promessa di ridurre le differenze sociali ridando fiato alla stremata classe media americana, è fallita. La colpa in larga parte non è del presidente ma del sistema. Il presidenzialismo americano è dualistico, funziona se esecutivo e congresso, spesso appartenenti a maggioranze diverse, collaborano. Cosa che non avviene più da quando (anni '80) uno degli attori, il partito repubblicano, è dominato dagli estremisti alla Paul Ryan o Rand Paul. Il risultato è la paralisi oppure la necessità di pesanti concessioni del presidente alle opposizioni tali da vanificare il suo programma. E' quanto accaduto ad Obama nel 2012 allorché ha prorogato i tagli fiscali per i ricchi decisi da Bush avvalorando nei fatti il falso assunto reaganiano che meno tasse per i più abbienti significano più benefici per tutti. Niente di più falso. Oggi l'1% degli americani ricchi si porta a casa una fetta di reddito nazionale pari a quella del 1928. Erano loro i destinatari degli 858 miliardi di dollari tagliati alle tasse frutto dell'accordo 2012. Soldi che in larga parte hanno preso la strada dell'estero senza nessun vantaggio per l'economia statunitense. Se l'America è uscita dalla crisi lo si deve alla montagna di soldi messi dalla Fed nel sistema, non certo ai tagli delle tasse. Come per il primo Reagan e il primo Clinton che aumentarono le tasse (nell'82 e nel '93) per poi raccogliere i benefici di una lunga fase di crescita.
 Anche sulla riforma sanitaria molte nubi: una ricerca indipendente condotta da una commissione del Congresso (Cbo, Congressional budget office guidata da Paul Ryan, ma i cui componenti sono anche democratici) dimostra che il meccanismo  che impone l'obbligo per i datori di lavoro di acquistare una polizza sanitaria per i loro dipendenti rischia di diventare un feroce killer per il full time. Poiché l'obbligo scatta solo dopo un certo numero di ore lavorate, gli imprenditori saranno incentivati a trasformare i vecchi contratti in part time e ad utilizzare in prevalenza quest'ultima tipologia. In un decennio si perderanno due milioni di posti di lavoro e 500.000 full time saranno trasformati in tempo parziale. In questo caso, naturalmente, il presidenzialismo malato non c'entra nulla.