azine Materiali Magazine Materiali Magazine Materiali Magazine Materiali Mag

lunedì 31 dicembre 2012

Dalla fattoria sociale dell’isola-carcere di Gorgona la Carta dei diritti degli animali

Dopo “Il respiro di Gorgona”, straordinario reportage di un’esperienza singolare in un’isola con un carcere – l’ultima in Italia - dove i detenuti svolgono attività di coltivazione e allevamento (link della recensione: http://www.teatronaturale.it/tracce/societa/7124-gorgona-un-carcere-aperto-dalla-forte-impronta-rurale.htm), Marco Verdone ha dato alle stampe una nuova opera: “Ogni specie di libertà. Il sogno di un mondo migliore per tutti i viventi” (Edizioni Altraeconomia, 2012). L’autore è un medico veterinario omeopata che da oltre vent’anni collabora con l’amministrazione penitenziaria e affianca i detenuti nelle attività zootecniche. Un professionista e, al tempo stesso, un pensatore, che da un punto di osservazione e di partenza insolito come l’isola di Gorgona, ha elaborato una “Carta dei diritti degli animali”, un pro-memoria di riflessioni su quello che – dal nostro punto di vista umano e, dunque, limitato, di parte e non privo di contraddizioni - sarebbe giusto per gli animali. Non è scevro di significato il fatto che la “Carta” sia stata elaborata in un luogo dove i destini reciproci dei reclusi umani e quelli dei reclusi non umani s’intrecciano in modo singolare e profondo. Un luogo dove il lavoro con la terra e gli animali è un laboratorio a cielo aperto di “dignità nella carcerazione”, dove il provare sensazioni ed emozioni si fa più intenso, dove gli animali svolgono a volte un ruolo decisivo per il recupero di persone che potrebbero altrimenti lasciarsi andare e perdersi, dove una persona che ha sbagliato riesce a ridare un senso alla propria vita. La “Carta” nasce in un contesto istituzionale che vede sempre più l’idea di benessere animale entrare nelle normative e nei codici bioetici. Il Trattato di Lisbona, in vigore dal 2009, ha imposto all’Unione europea e a tutti gli Stati membri di “tenere pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”. E’ pertanto in atto un processo di revisione di tutte le normative comunitarie di settore. In Italia, il Comitato nazionale per la bioetica ha, d’altro canto, elaborato recentemente il Parere “Alimentazione umana e benessere animale”, in cui sono recepiti i nuovi indirizzi emersi dal dibattito internazionale in tema di bioetica animale: da un lato gli orientamenti che valorizzano l’approccio della cura, e quindi della peculiare responsabilità che l’uomo deve avvertire nei confronti degli esseri senzienti su cui esercita potere e di cui si avvale per realizzare propri fini, dall’altro quelli che si rifanno all’approccio neoaristotelico delle capacità, introdotto da Martha C. Nussbaum, e che ritengono possibile applicare tale idea anche al mondo animale, vedendo in questa estensione una nuova frontiera del principio di giustizia. Quest’ultimo documento fa propria l’etica della biocultura, un settore della bioetica che si occupa dei problemi morali relativi al rapporto di gestione da parte dell’uomo di altri esseri non umani e che intende rinnovare il contratto implicito operante per millenni tra umani e animali, spezzato con l’avvento della zootecnia moderna. Uno dei punti fondamentali dell’etica della biocultura è costituito dal legame tra potere e responsabilità. Se alleviamo animali per usare prodotti da loro derivati o i loro corpi, la nostra responsabilità nei loro confronti non solo non diminuisce ma, anzi, aumenta. Riconoscere che questi animali ci rendono dei “servizi”, che li usiamo e che quindi viviamo su di loro e di loro, dovrebbe farci sentire la responsabilità del loro benessere, da assicurare attraverso un trattamento “adeguato” ai servizi da essi resi. Si tratta, dunque, di passare – secondo siffatta visione - da una prospettiva puramente economica a una prospettiva anche morale. In questo quadro, gli animali non costituiscono mere risorse da sfruttare, merce da amministrare razionalmente, ma appaiono come esseri senzienti dotati di propri interessi e bisogni, e meritevoli di tutela e di cura. Come si può facilmente notare, nell’etica della biocultura prevale ancora un approccio utilitaristico, focalizzato cioè soltanto sulla capacità degli animali di “sentire” senza attribuire ad essi alcun diritto alla vita, a meno che l’interesse a continuare a vivere sia uno dei loro interessi coscienti. L’utilitarismo ha avuto il merito di mettere in luce taluni aspetti rilevanti della questione animale, come i maltrattamenti, ma non va oltre l’esigenza di comparare gli interessi animali con quelli umani per misurarne le compatibilità a vantaggio di questi ultimi. Se si passasse all’approccio delle capacità, forse si potrebbe meglio rendere giustizia della complessità della vita degli animali e dei loro sforzi per la fioritura, indipendentemente dagli interessi umani di tipo particolaristico. Il dibattito, assai complesso, è in pieno svolgimento. La “Carta” di Gorgona rappresenta, dunque, un contributo importante per riconoscere il diritto degli animali alla non sofferenza e alla conservazione della vita, espressa nel miglior modo possibile. L’incipit è chiaro e solenne: “Gli animali non sono cose, né sono macchine”. E mette ben in risalto le questioni più controverse che restano aperte. Come si conciliano tali diritti – ad esempio -con la stabulazione degli animali di allevamento e la loro macellazione a fini alimentari, con la caccia e la pesca? Sono questioni che andrebbero affrontate per definire un’etica condivisa che superi la distinzione netta tra animali d’affezione e animali da reddito e stabilisca nuove e più articolate classificazioni. Si tratta, inoltre, di introdurre l’uso di metodi ecologici per contenere gli animali sinantropici: piccioni, roditori, invertebrati vari che rappresentano anche importanti indicatori ambientali. Il volume raccoglie pure i contributi di autorevoli filosofi, esperti di bioetica animale, teologi, sociologi, che hanno partecipato ai dibattiti per la formulazione della “Carta”, e fornisce infine un ampio repertorio giuridico della materia. Verdone e la comunità di Gorgona ci indicano un metodo che a me pare essenziale: per affrontare correttamente la questione animale in una visione globale della giustizia sociale, dovremmo entrare più profondamente in relazione con loro, imparare a comprenderne le emozioni e il pensiero e ad assumere comportamenti di responsabilità e di cura nei loro confronti. Ci vorrebbero politiche che favoriscano un’educazione al rapporto paritario con gli animali come una componente costante della nostra formazione e della qualità delle nostre vite. Forse, in tal modo, capiremmo meglio anche il senso da dare alla libertà individuale in un mondo che ci vede legati gli uni agli altri, al di là della specie, in forme sempre più accentuate di interdipendenza tra la salute delle persone, degli animali e delle piante. Per rendere sostenibile la modernità, il mondo contemporaneo non può non affrontare la questione animale. Lo squilibrio crescente tra popolazione e risorse rende obbligata la strada di ridurre progressivamente i consumi carnei. Per ogni chilogrammo di carne bovina che mangiamo vengono, infatti, consumati 20 mila litri d’acqua. E le terre destinate all’allevamento del bestiame costituiscono il 30 per cento delle terre emerse non ricoperte da ghiacci del pianeta. Riflettendo su queste cose, alcuni pensatori hanno previsto che, fra qualche tempo, l’idea di mangiare carne animale susciterà non meno orrore di quel che oggi ne provochi l’esperienza della schiavitù. Ridurre, pertanto, la produzione e il consumo di proteine animali significa non solo garantire la disponibilità di cibo ad un maggior numero di persone, ma anticipare in qualche modo anche comportamenti alimentari che saranno propri delle generazioni future. Non si tratta di diventare, d’un colpo, tutti vegetariani ma di introdurre nelle nostre scelte alimentari anche gli aspetti etici come un dovere civico. E’ un modo efficace per partecipare al dibattito pubblico sulla questione animale e contribuire, direttamente e individualmente, a rendere sostenibile lo sviluppo, nonché a incivilire il mercato e il sistema economico. Link dove richiedere il libro: http://www.altreconomia.it/site/ec_articolo_dettaglio.php?intId=194 Alfonso Pascale

sabato 29 dicembre 2012

LA CRISI E LA PAURA: UN COMMENTO DI PAOLINELLI

Ho l'impressione che nelle analisi della crisi manchi la consapevolezza di un dato sociale fondamentale: la paura.
Per rilanciare un'economia ci vorrebbe entusiasmo, pulsione creativa verso il futuro. E' la sola condizione perché tanti accettino il rischio di intraprendere, quindi creare lavoro, sviluppo, crescita. Ma non accade. Nonostante i finanziamenti di ogni tipo si chiudono le imprese esistenti e non se ne aprono di nuove. Le condizioni in Italia sono difficili, è vero, chi ha voglia di fare è martoriato da burocrazia, professionisti, fisico. Ma è sempre stato così e nonostante ciò le imprese si facevano. Oggi c'è qualcosa di più, c'è la paura. Ed è comprensibile, infatti, l'età media degli abitanti aumenta, le incertezze aumentano, la diffidenza aumenta, la stanchezza aumenta.
Sono dominate dalla paura tutte le categorie sociali, gli occupati, i pensionati, i professionisti, i politici, gli imprenditori assistiti, tutti terrorizzati dal perdere le piccole o grandi sicurezze che hanno.    
Il nostro, come forse anche altri, è, di conseguenza, un paese in stato di paralisi emotiva e culturale, e non sono le sfumature di una o dell'altra politica che potranno sovvertire questo dato. Infatti per la tanto invocata crescita il problema non è più il come, ma il chi.
Come ho detto in altre occasioni, per superare questa condizione è necessario prenderne atto. Solo sapendo da dove parte qualcuno potrà avere il coraggio di ricominciare.
 
f.p.

martedì 25 dicembre 2012

DAVERIO SUPERSTAR

Il secolo lungo della modernità di Philippe Daverio è un libro imperdibile. Da leggere, assaporare, ripercorrere nelle bellissime tavole e nel testo. Fino ad ora pensavamo che la cifra di Daverio fosse la divulgazione, ma ci dobbiamo ricredere. In questo libro dà prova di un talento critico non comune. Il plot origina dal topos del museo immaginato, già sperimentato nel precedente, fortunato volume del 2002. Ma si tratta solo di un pretesto, la chiave del libro sta nel perseguimento di un doppio obiettivo: dimostrare che non si può fare critica d'arte (ma non vale per la critica tout court?) senza praticare robustamente la comparazione, demistificare i luoghi comuni derivanti dai prima e dopo, inizio e fine di correnti e movimenti, in una parola fare piazza pulita della pedanteria scaturita dalle periodizzazioni a scatola chiusa. Metodo erudito e allo stesso anti scolastico: per un verso viene in mente il Praz degli studi sulla letteratura inglese, per un altro certa saggistica anglo sassone capace di conciliare rigore e brillantezza. In realtà, Daverio una sua periodizzazione la propone ed è quella descritta da Hobsbawm nel suo secolo breve. La modernità inizia con la rivoluzione francese e termina con lo scoppio della prima guerra mondiale. Ma se si vuole capire il lavoro degli artisti è necessario mischiare le carte, avere il coraggio di accostamenti apparentemente improbabili. Così per comprendere Manet e l'impressionismo può essere utile andare a rivedere un dimenticato come Telemaco Signorini o la rappresentazione della natura di Turner. Siamo in entrambi i casi più di vent'anni prima dell'esplosione impressionista, ma i prodromi di un nuovo sguardo ci sono già tutti. Oppure svelare il legame tra il Picasso di Gernica ('37) e due artisti lontani nel tempo come Meissonier e Bocklin che a fine '800 rappresentano la devastazione della guerra. Il punto è che le tracce del secolo lungo sono dure a morire nel secolo nuovo. E gli artisti guardano, studiano, rubano (Picasso lo rivendicava senza timore) più di quanto si possa immaginare.

venerdì 21 dicembre 2012

Mahmoud Mohamed Taha, teologo islamico

Un augurio di buon Natale nel segno della religione aperta, universale, aconfessionale. Mahmoud Mohamed Taha (1909 - 1985) è stato un teologo islamico, politico e architetto sudanese. Fondatore di un movimento politico democratico, sostenne la separazione tra religione e stato. Fu impiccato dal regime militare di Jafar al- Nimeiry. Predicava il ritorno all'islam delle origini, aperto all'incontro con le altre religioni. Sono questi uomini di religione colti e pragmatici il peggiore nemico dell'autoritarismo clericale. I teologi della liberazione per Wojtyla o i tanti esploratori dello spirito repressi dalla Congregazione per la dottrina della fede diretta da Ratzinger. 


 
          

martedì 18 dicembre 2012

ANTOLOGIA 2009-2012. 4 ANNI DI MATERIALI MAGAZINE

Materiali magazine nasce nel 2009 come giornale on line. La sinistra che riecheggia su queste pagine è lontana da quella ufficiale, ha i tratti di una forza libertaria, laica, riformatrice. Non di sola "politica" vive questo libro: scuola, università, scenari urbani, nuove forme della socialità, libri visti e letti, religione aperta, maestri, tra Gandhi, Aldo Capitini, Danilo Dolci, don Lorenzo Milani, Bruno Zevi. Di là dell'eterogeneità dei temi e dei gusti dei vari interventi, è possibile individuare un filo conduttore che giustifica la stesura stessa di questa antologia: la ricerca di un senso, di un nuovo pensiero della giustizia e della libertà finalmente fuori dalle nebbie del secolo scorso. Un pensiero che si produce in luoghi aperti e stravaganti, nel confronto quotidiano con il reale e le sue sconcertanti evoluzioni, e che trova la sua sede nella dimensione rapsodica della rete. Un'esperienza in fieri di cui questo libro vuole dare, seppur parziale, testimonianza.
Il libro è stato curato da paolo allegrezza e p.e. cretoni, è disponibile a colori, bianco e nero, ebook.  
 PER ORDINARE


Materiali magazine. Antologia 2009 - 2012

lunedì 17 dicembre 2012

IN NOME DEL DIRITTO



mercoledì 5 dicembre 2012

Marchini: occorrono risposte

Alfio Marchini potrà essere il nuovo Sindaco di Roma? E potrà esserlo realizzando una vera alternativa al deserto attuale? Una parziale risposta è venuta dall'intervista concessa a Lucia Annunziata. Eccone i punti salienti.

1) Fondazione di un movimento civico metropolitano in grado di rivolgersi ad elettori non rappresentabili da un PD ancorato alla vecchia politica.

2) Roma appartiene ad una macro area che si dovrà connettere ai grandi flussi commerciali e turistici prodotti dalla globalizzazione.

3) No all'espansione edilizia indifferenziata.

4) Gestione efficiente delle municipalizzate riducendo il loro impatto sul bilancio comunale.

Tutto troppo generico per capire se ci troviamo ad un candidato in grado di contrastare efficacemente lo scenario sconfortante (Gasbarra, Gentiloni, Marroni, e compagnia) che si prepara a sinistra per il post - Alemanno. Chi vorrà essere alternativo ai partiti attuali dovrà farlo partendo da un nuovo modello di amministrazione. Urgono, quindi, risposte chiare su alcune questioni.

1) Liberalizzazione tramite gara pubblica per l'affidamento dei servizi di pubblica utilità.

2) Privatizzazione, laddove le condizioni di mercato lo consentano senza svendite, delle ex municipalizzate. Scelta in favore di modello di governance a rete che preveda per il pubblico un ruolo di indirizzo e controllo; da pensare anche al varo di partnership board di cittadini in periodica interlocuzione con il gestore e con il soggetto pubblico, secondo consolidate esperienze di municipalità inglesi.

3) Uno stop chiaro al consumo di suolo ponendo un limite, una linea rossa come dice De Lucia, oltre la quale non sia consentito costruire. Ponendo la questione dei diritti di edificazione pregressi e della loro revoca in nome dell'interesse pubblico.

4) Riduzione del traffico veicolare puntando sulle forme di mobilità alternativa quali car sharing, piste ciclabili, tramvie. Ampia pedonalizzazione del centro storico e rinuncia a futuri, ultra costosi programmi di linee metropolitane.

5) Raccolta differenziata porta a porta da estendere progressivamente a tutta la città.

6) Spending review sul bilancio comunale, in particolare abolendo i consigli di amministrazione delle società interamente partecipate dal comune di Roma.  Destinazione delle risorse individuate alla manutenzione stradale.

7)  Una politica culturale che prescinda dai grandi eventi (la mediocre festa del cinema) e privilegi le tante realtà che operano in città nel campo della musica, delle arti visive, del teatro, della multimedialità. 

8)  Una authority di controllo sui servizi pubblici comunali con poteri regolativi e sanzionatori.

9) Libertà di scelta sui servizi alla persona con sistema di buoni erogabili direttamente alle famiglie (Comitato Roma si muove)

10) Diritti civili: parità di diritti per le famiglie di fatto nell'accesso ai servizi, istituzione del registro del testamento biologico (Comitato Roma si muove).
 





sabato 1 dicembre 2012

Maestri della religione aperta: Willigis Jaeger

Il testo che segue è tratto dall'introduzione di Willigis Jaeger a L’Onda è il Mare spiritualità e Mistica per il Terzo Millennio, La parola, 2008.
 Jaeger è monaco benedettino e maestro Zen, costretto al silenzio dal 2000, dalla Congregazione della dottrina della fede guidata dall'attuale papa. Dal 2002 ha rinunciato all'esercizio della sua attività sacerdotale. Dal 1975 ha intrapreso il percorso della mistica zen, fino a divenirne maestro. E' una delle voci più alte della ricerca spirituale contemporanea, speranza in chi crede in una religione aperta, a confessionale, anti dogmatica. Scaturita dall'esperienza diretta con il divino.


Durante la mia lunga permanenza in Giappone, mi sono fatto un’idea della concezione orientale del mondo ed ho avuto modo di osservare dall’esterno la nostra struttura religiosa cristiana. Ho constatato che le religioni sono dei modelli, in base ai quali l’uomo tenta di interpretare se stesso ed il mondo. modelli non sono la realtà. Spesso si basano su postulati che vengono soltanto
ripetuti, ma non più messi in discussione. Quando la scienza costruisce un modello per spiegare dei fenomeni complessi, sa di aver creato un modello che
non è la cosa stessa, ma ne costituisce soltanto un’esemplificazione. Tale modello viene modificato non appena emergono nuove conoscenze. Le religioni sono dei modelli. Ogni volta che cambia la concezione del mondo, anche le religioni dovrebbero avere il coraggio di creare nuovi modelli o di reinterpretare i vecchi, perché questi, altrimenti, rischiano di bloccare gli uomini, piuttosto che aprire loro una via. Ci sono persone profondamente religiose che non si sentono legate ad una confessione. Questi colloqui sono dedicati soprattutto a loro. Sono consapevole del fatto che i pensieri espressi in questo libro possono fare paura a qualcuno, forse anche provocare una presa di posizione. È proprio per questo che possono condurre ad un confronto sulla religione e sulla mistica. Niente viene qui posto in termini assoluti. Non si deve convincere nessuno. Le idee religiose esistenti non vengono svalutate. Semplicemente cerco di vedere le vecchie verità in un’altra luce.