azine Materiali Magazine Materiali Magazine Materiali Magazine Materiali Mag

sabato 27 agosto 2011

Di Concita in peggio

Avevamo sperato che il nuovo corso de l'Unità potesse affrancare il giornale fondato da Antonio Gramsci dal logoro conservatorismo dell'era Concita. Che nulla aveva fruttato in termini di copie vendute, considerando che certi temi li tratta molto meglio Il Fatto. Purtroppo non è così. Il paginone anti privatizzazioni di oggi, ispirato al solito scenario fosco pieno di capitalisti rapaci pronti a mettere le mani sui servizi pubblici locali, ne è la prova. L'importante è salvarele municipalizzate mantenendole in mano pubblica. Peccato che il referendum di giugno sull'acqua si è limitato ad abrogare solo l'obbligo della gara, mentre nulla ha deciso nè poteva decidere sulla possibilità di inserire meccanismi di concorrrenza nella gestione dei pubblici servizi locali. Insomma, meglio tenere alta la bandierina ideologica del pubblico a tutti i costi che fare un ragionamento serio sull'efficienza dei servizi e sui costi indiretti sui cittadini.

giovedì 25 agosto 2011

DSK: maschio alfa colpevole

DSK è un maschio alfa che concepisce rapporti predatori con le donne, ce lo confermano decine di testiominianze, ma ciò non basta per farne l'accusato in un processo per stupro. Almeno in un sistema giudiziario serio come quello americano, dove contano riscontri, prove, credibilità degli accusatori. Tuttavia, DSK una condanna la merita. Ed è quella della politica, non dei dirigenti del suo partito, ma dei milioni di elettori (si spera non solo socialisti) che considerano improponibile un candidato che impersoni quella concezione dei rapporti con il femminile. E' un caso esemplare della differenza tra sfera giudiziaria e politica. Con buona pace dei giustizialisti di casa nostra che vorrebbero sostituire la seconda con la prima.

lunedì 22 agosto 2011

Quale GMG ?

E così si è conclusa anche questa edizione della GMG, col saluto di Benedetto XVI che ha dato appuntamento ai suoi “boys” a Rio de Janeiro nel 2013.
Tenuto conto delle polemiche che tale raduno ha scatenato fra gli “indignados” di Madrid, (i quali hanno criticato tanto gli elevati costi organizzativi sostenuti per l’occasione, quanto il presunto eccesso di deferenza riservato da Zapatero al pontefice), c’è da chiedersi se non vada cambiato qualcosa nell’impostazione e nello spirito dell’evento.
Forse sarebbe utile per il futuro aggiungere all’acronimo GMG una “C” finale, per render chiaro che – pur nella sua apprezzabilità – una simile iniziativa non può arrogarsi il diritto di definirsi tout court “Giornata Mondiale della Gioventù” se non limitatamente alla porzione sedicente “cattolica”, la sola che in essa possa riconoscersi. E anche così, a ben guardare, essa non rispecchierebbe la totalità dei giovani cattolici: non tutti infatti avrebbero considerato imperdibile l’esperienza del sorteggio per “vincere” il privilegio di confessarsi col Papa in un inquietante cubicolo bianco. Almeno qualcuno avrà pensato che se il confessore e il penitente si fossero seduti l’uno accanto all’altro su due semplici sedie, sarebbe stato un segno ben più efficace e umanizzante.
Se mai si volesse imprimere una svolta a questo tipo di raduno, sarebbe auspicabile renderlo un’autentica “Giornata mondiale della gioventù”, creando spazi di incontro e confronto su temi di comune interesse fra i giovani del mondo (a prescindere dalle rispettive diversità culturali, religiose, sociali e ideologiche), in cui la proposta cristiana potrà ancora validamente interpellare le persone a patto che rinunci a qualsiasi tentazione auto-celebrativa e auto-referenziale.
DaS

La globalizzazione non fa sconti


The Endless city è una ricerca sulle città contemporanee promossa da Deutche bank in collaborazione con London school of economics, al momento disponibile solo in inglese. Due volumi bellissimi, documentati, nei quali architetti, scienziati, studiosi di problemi urbani descrivono problemi e prospettive delle città. Dove vive ormai più del 70% della popolazione umana. Sono state scelte 12 città, i luoghi dove si sta formando il nuovo mondo dell'economia dell'informazione: Londra, Berlino, Istanbul, San Paolo, Città del Messico, Johannesburg, Mombai, Shangai, New York, Chicago, Honk Kong,Shangai. Solo due europee. Nei due volumi del libro l'Italia non è praticamente mai nominata, né si parla dell'area mediterranea. Piccoli segnali che danno l'idea della vastità delle questioni che ci troviamo di fronte e del salto di classe dirigente necessario per affrontarle. Altro che pensioni di anzianità.

mercoledì 17 agosto 2011

LIBERTARIANS

Un video omaggio al pensiero e alle pratiche libertarie.

Il sogno del riformista

Un amico ci ha mandato una mail raccontandoci un sogno. Una finanziaria che contenesse poche, sensate misure. Un tetto per i super stipendi pubblici e per le indennità di deputati e consiglieri regionali, l'abolizione delle pensioni per parlamentari e consiglieri regionali, il divieto di cumulo per le pensioni pubbliche, il dimezzamento del numero dei parlamentari, l'abolizione dell'otto per mille alla Chiesa cattolica (1 miliardo di incasso l'anno quando i preti diminuiscono) e delle esenzioni fiscali, l'abolizione delle province, del finanziamento pubblico a partiti e stampa, la privatizzazione della Rai, delle municipalizzate, la patrimoniale con esclusione della prima casa, un prelievo sugli scudati. Poi si è svegliato. E ha scritto la mail.

lunedì 8 agosto 2011

Paola Concia, la sua compagna e l'Avvenire

Ma chi ha fatto di Woityla uno straordinario fenomeno mediatico utilizzando tutti ma proprio tutti i trucchi ? Chi non ricorda l'interminabile agonia del pontefice, con i particolari ogni sera da Bruno Vespa ? La chiesa cattolica naturalmente, la stessa che ora tuona dalle colonne dell'Avvenire contro le nozze tra Paola Concia e la sua compagna. Nozze celebrate in Germania, dove il matrimonio gay è consentito, e vietate in Italia. Paradossale poi che il quotidiano della Cei se la prenda con la vendita delle foto che mostrerebbe "i peggiori istinti mediatici". Il punto è che i media vanno bene se trasmettono family day e fiction su Don Bosco, meno se danno notizie sulle libere scelte di persone libere. Che dire ? Meglio leggere le parole rivolte alla figlia dal padre di Paolo Concia, un ex dirigente dell'Azione Cattolica: "Neanche per me è stato facile capire e accettare fino in fondo. Quello che però voglio dirvi è che a me né ad altri dovete rendere conto, ma solo l'una all'altra. perché il diritto di amarvi è scritto più in cielo che in terra. In paradiso i matrimoni non ci sono ma l'amore sì". Quando si dice una lezione di stile.

mercoledì 3 agosto 2011

Scene di quotidiano populismo

Se si vuole un esempio di cosa si intende per populismo giustizialista, basta leggere l'editoriale di Paolo Flores D'Arcais sul Fatto di oggi. I dirigenti del PD vi vengono addirittura descritti come oggetto del disprezzo dei loro elettori disposti, per di più, a votarli sempre meno. La catastrofe, però, non sembra così imminente e non serve essere militanti del PD, come non lo sono gli animatori di questo blog, per rilevarlo. I democratici, oltre ad avere vinto le amministrative, sono dati dagli ultimi sondaggi tra il 29 e il 30%. In costante risalita. Nessuno nega la gravità del doppio scandalo Pronzato - Penati, ma serve a qualcosa invocare il grande rogo purificatore? Solo a preparare il terreno alla destra, come dimostra la storia italiana degli anni '90. Populismo giustizialista, quello dei sacerdoti del Fatto. Populista perché evocatore di una mitica spinta dal basso portatrice di moralità contro la corruzione del ceto politico, giustizialista perché non si accontenta di considerare i magistrati funzionari dello stato indipendenti dalla politica (anche quella d'opposizione) per definizione, ma come i protagonisti dell'"Altra Italia". Con tanto di benservito ai tanto evocati principi liberali.

martedì 2 agosto 2011

Abravanel: parti uguali tra disuguali ?

Roger Abravanel ha dedicato libri e molti articoli al tema della valutazione dei sistemi scolastici. Vi torna oggi sul Corriere. Partendo dalla ormai tradizionale contraddizione tra l'eccellenza dei risultati conseguiti agli esami di stato dagli studenti meridionali rispetto ai coetanei settentrionali e la risaputa disprità nella qualità dell'offerta scolastica, Abravanel propone due cose. Una teoricamente giusta, l'altra sbagliata. 1) Estendere anche all'esame di stato i test Invalsi per valutare su scale oggettiva i livelli di apprendimento conseguiti dagli studenti. Posto che i test siano svolti senza trucchi (garanzia offerta solo da commissioni completamente esterne), avremmo uno specchio fedele di quali scuole non funzionano e di cosa fare per farle funzionare meglio. 2) Creare un sistema di borse di studio che premi gli studenti più meritevoli in termini di profitto scolastico. E qua non ci siamo perché il rendimento scolastico è legato alla provenienza sociale. Chi viene da famiglie borghesi con buon livello d'istruzione ha infinite possibilità in più di conseguire buoni risultati. Né vale l'obiezione riguardo alla scarsa attendibilità delle dichiarazioni reddituali fornite dagli italiani. Che si trovino criteri attendibili, ma gli aiuti devono essere dati a chi ne ha bisogno. Fare parti uguali tra disuguali non si può, lo si diceva dalle parti di Barbiana.

sabato 30 luglio 2011

La verginità di Bindi e Vendola

I nuovi moralizzatori, Bindi e Vendola, dovrebbero essere più attenti quando puntano i ditini accusatori. Posto che sia vera la versione fornita da Bindi sulla campagna elettorale veneta dell'89: soldi provenienti da amici e associazioni cattoliche, rimane il piccolo particolare della candidatura in una lista che aveva come capolista Andreotti. Non Dossetti o Lazzati. Riguardo a Vendola: chi nominò Tedesco assessore alla sanità nel 2005, pur in presenza di un evidente conflitto di interessi visto che era in affari nel settore ? Né l'uno né l'altra ebbero problemi ad accettare la compagnia di due simboli della prima repubblica: Andreotti e socialisti. Miserie.

giovedì 28 luglio 2011

Grandi alleanze contro i populismi

Anche in Francia si pensa ad una coalizione allargata. Per battere Sarkozy, i socialisti propongono un'alleanza aperta da sinistra al centro che coinvolga anche gollisti non allineati come De villepin. Finora nessuno grida al pasticcio o al trasformismo, come certi soloni nostrani. Ormai è sempre più chiaro che per battere la destra populista - e Sarkò lo è seppure in modo infinitamente più presentabile rispetto a B. - è necessario costruire alleanze democratiche larghe che parlino al ceto medio moderato. Che è da sempre indispensabile per vincere, in ogni paese occidentale. Medesimo problema che, in un diverso sistema politico, dovrà affrontare Obama se vorrà sconfiggere i repubblicani. Da noi la vittoria di Pisapia ha questo segno, non quello della rivincita della sinistra tradizionale. Lo dimostrano le prime scelte del neo sindaco: nomina di Tabacci al bilancio, dialogo con Cl, disponibilità a discutere sull'Expo. Nel 2013 serve una coalizione ampia che per funzionare, tuttavia, dovrà essere tutta politica: con i principali leader coinvolti nel governo, senza suggestioni di tecnici prestati alla politica. Il PD questa volta ha delle ottime carte da giocare.

lunedì 25 luglio 2011

Per gli Usa il problema non è il debito

Il pericolo di un default degli Stati Uniti è in realtà inesistente. Basterebbe un emendamento sul tetto di debito possibile approvato dal Congresso per farlo svanire. Né i mercati sembrano particolarmente preoccupati visto che gli spread sul debito Usa rimangono invariati. Il vero problema riguarda il sistema istituzionale. La possibilità che una componente fondamentalista, i tea party, eserciti il veto su qualsivoglia iniziativa presidenziale, anche se, come nel caso di Obama, ispirata al bene comune. Ciò che non funziona è il famoso sistema di pesi e contrappesi. La ragione è legata al mutamento genetico subito dal partito repubblicano da Reagan in poi. La radicalizzazione del GOP ha fatto saltare il patto tacito che stava alla base del presidenzialismo bicefalo modello Usa: la moderazione. Da allora l'unico modo per rendere effettivamente governabile il sistema è la doppia maggioranza, evento quasi ormai abbastanza raro vista la volatilità politica tipica di tutte le ultime tornate elettorali. In sostanza, ad una vittoria di una parte alle presidenziali, segue un riequilibrio nelle elezioni di mid term. Il che rende il sistema di fatto ingovernabile. Il tutto ci conferma in una convinzione: il presidenzialismo o non funziona, come negli Usa, oppure assume una deriva cesaristica, come in Francia. Dove il parlamento è una semplice comparsa. Il modello da seguire per noi è un altro ed è quello in vigore in Germania.

mercoledì 20 luglio 2011

Dalla ricerca alla politica. Come fare ?

Urban green line è un progetto di intervento ecologico ed infrastrutturale sulla città di Roma elaborato dalla cattedra di progettazione architettonica di Antonino Saggio alla Sapienza che da anni lavora su questi temi. Si tratta di varie proposte di intervento che valorizzano il tram come mezzo di collegamento inserito nel contesto urbano cui si interconnette attraverso una serie di possibili funzioni. Non solo mezzo di trasporto, ma molto altro. Per approfondimenti suggeriamo il link. Un'idea forte prodotta in un'università pubblica che, però, ha bisogno di dialogare con la politica. E da cui la politica può trarre linfa vitale. Utopie? Forse no se si sceglie il percorso dell'ascolto della città, così ben sperimentato da Pisapia a Milano. I riformisti, in particolare, hanno bisogno di volare molto alto e molto basso: nel senso che devono essere capaci di aprirsi a ciò che di meglio la ricerca sulle città propone con l'umiltà di dialogarvi e allo stesso tempo ascoltare i cittadini imparando a comunicare proposte complesse in modo semplice. Su questa capacità di innovazione sulla qualità della proposta e sulla comunicazione, si giocherà, secondo noi, la prossima campagna elettorale amministrativa di Roma. Alemanno ha all'attivo un disastro e, probabilmente, pagherà. Ma per i riformisti è tempo di proporre un vero progetto amministrativo dopo l'one man show veltroniano. Su tutto ciò è imminente la pubblicazione di un libro collettivo su Roma che raccoglie contributi di vari specialisti. Torneremo nelle prossime settimane sull'argomento.

domenica 17 luglio 2011

Non c'è nessuno spettro in giro per l'Europa

Anche il sole 24 ore, dopo il documento firmato da Amato e altri "amici dell'Europa", rilancia la proposta di emissione di bond europei anti crisi. Il che è sufficiente a far esultare chi, come il network per il socialismo europeo critica la subordinazione del PD alle logiche mercatiste della Bce. Magari si potesse ricondurre il tutto ad una nuova manifestazione spietata del capitale contro cui organizzare l'opposizione. La logica della globalizzazione è, però, lei sì maledettamente brutale. E ci dice che il problema non sono solo gli speculatori e gli avidi banchieri, ma i sistemi poco efficienti, come il nostro, che non reggono più. E allora viene la parte più scomoda di quel decalogo del Sole: pensioni a 70 anni, privatizzazioni, aumento rette universitarie, abolizione del valore legale del titolo di studio, liberalizzazioni. Tutte cose che la sinistra conservatrice (Fiom + Sel) vede come il fumo agli occhi.
I conti tornano sempre ?

martedì 12 luglio 2011

L'alternativa non è tra Blair e Jospin

Non si sente proprio il bisogno di una riedizione della discussione anni '90 tra jospiniani e blairiani. Leggendo il Riformista (meritorio promotore del dibattito) di questi giorni sembra invece essere tornati indietro di un decennio. Oggi non è possibile riproporre né la ricetta tardo welfarista alla francese, né il liberismo che ha fatto le fortune di Tony. Il primo non è sostenibile alla luce della crisi globale, il secondo presuppone una costante espansione della torta, al momento inimmaginabile. La rotta economica del PD, Sel e Di Pietro lasciamoli alle loro comode posizioni jospiniane, non può prescindere dal rigore e dal rispetto dei moniti finanziari provenienti da Bruxelles e dalla Bce. Dove siede un Ciampi boy e allievo di Modigliani come Draghi, non un affamatore del popolo. Un giusto mix di riforme anticorporative (ordini professionali), liberalizzazioni (energia,autostrade, trasporti), riduzione del peso dello stato (province, uffici territoriali di governo e banca d'Italia), welfare a favore dei giovani. Sperando che riprenda la crescita. Solo allora si potrà rispolverare un po' del caro, vecchio socialismo europeo.

giovedì 7 luglio 2011

A volte tornano: referendum elettorali

Il vero errore di Bersani e del PD non riguarda il voto sulle province. Dare sponde alla demagogia alla Di Pietro può servire nell'immediato ma non porta mai buoni frutti. L'evoluzione politica successiva a tangentopoli insegna. Abolire le province senza agire sui gangli dell'amministrazione (dove collocare il personale, a chi distribuire le competenze ?), non serve a nulla. Un errore però c'è, è di lunga data e non pare vicino alla soluzione. Si tratta della legge elettorale. Fin dall'inizio della sua segreteria Bersani ha mostrato una certa riluttanza a confrontarsi su questo tema e a pronunciare parole chiare. Sapendo probabilmente che la materia scotta e che nel PD vi sono posizioni molto diverse. Tra l'uninominale, a turno unico o doppio, e il modello tedesco non c'è possibilità di conciliazione. Il problema è che da giugno i referendum sono tornati ad essere praticabili, sono così sorte due iniziative entrambe facenti riferimento al PD. Quella di Passigli per l'abolizione del premio di maggioranza e le liste bloccate, quella di Castagnetti sul ripristino del mattarellum. Il punto è che il PD la sua proposta ce l'ha, ma si guarda bene dallo sbandierarla. E' stata approvata all'ultimo congresso e prevede l'adozione del doppio turno di collegio. Delle due l'una: o ciò che si decide al congresso non conta o si prende posizione sul merito una volte per tutte e quindi entrambi i referendum vengono sconfessati. Sappiamo che Bersani è più a suo agio sui temi dell'economia e del lavoro, ma un partito che sulle regole non ha una posizione chiara è veramente un partito ?

lunedì 4 luglio 2011

Strauss - Khan e i modelli giudiziari

La vicenda Strauss – Khan induce qualche riflessione sui modelli giudiziari e sulle loro imperferzioni. In America e in Italia. Il procuratore capo dello stato di New York, Cyrus Vance jr. è stato eletto direttamente dai cittadini sulla scorta di un programma che prometteva di colpire corruzione, riciclaggio, narcotraffico. Quale migliore inizio della messa alla sbarra del potente dissoluto ? Il duro trattamento riservato a S.K., cauzione di un milione di dollari, aveva le sue promesse nella campagna elettorale del giovane Vance. Ancora oggi, quando è chiaro che non vi è stato nessuno stupro, egli insiste a difendere, a sprezzo del ridicolo, l’inchiesta. Quanto avrà influito nelle scelte del magistrato Usa la forte esposizione pubblica prodotta dall’elezione diretta ? Se è vero che la magistratura italiana non brilla per sobrietà, vedi lo sciagurato comizio di Igroia a Piazza del Popolo, è sicuro che la soluzione non è il ricorso al mandato popolare. Se non altro perché è da sempre una delle proposte della Lega in materia di giustizia.

venerdì 1 luglio 2011

Il PD tra sogni possibili e non

Il PD sfoglia ancora la margherita. Con Draghi e il Consiglio dell'Unione Europea oppure a caccia delle fanfaluche anti - establishment che trovano ascolto in ampi settori del socialismo europeo ? La realtà lascia poco spazio ai sogni. Se si rifiuta la strada della virtù di bilancio, e dei risparmi, c'è il rischio nei prossimi anni di un aumento dei tassi e della spesa per interessi pari a 1,1 punto di Pil (stima Banca d'Italia). Il che vuol dire tagli ancora più dolorosi e nuove tasse. Al pareggio del deficit entro il 2014 non c'è alternativa. Allora, fine della politica ? No, compito dei riformisti è promuovere le riforme a costo zero (liberalizzazioni) che spesso ampie fette della costituency democratica rifiuta. I tagli alle spese, i costi del ceto politico certo, ma in primis l'abolizione delle province, provvedimento che incontra i medesimi ostacoli di cui sopra, e la messa sotto sicurezza della spesa regionale in materia di sanità. Il sogno è un'attività fondamentale, altrimenti prevale il vecchio cliché del riformista grigio e noioso versus il Fiom vendoliano figo e affabulatore. Tuttavia, va praticato su cieli diversi da quello del bilancio. Altrimenti si rischia di non sognare più.

martedì 28 giugno 2011

Come restituire il futuro

Uno slogan delle ormai dimenticate proteste studentesche dello scorso autunno recitava "Ci avete rubato il futuro". Ma quale futuro vedono per loro i ragazzi che a breve usciranno dalla scuola superiore? E con quali prospettive di studio universitario o di lavoro?
Il quadro che emerge dal sondaggio dell'associazione "Comunicazione perbene" sulle aspettative dei ventenni è a dir poco preoccupante.
(Leggi , su "Repubblica" , i risultati del sondaggio).

Mentre in tavoli notturni ci si affanna a turare le falle del consenso tra adulti e anziani con manovre per ora molto sulla carta, molti giovani fuggono anche dalla politica; e resta il problema di formare classi dirigenti, cittadini, operai, intellettuali, ricercatori, artigiani, per il futuro.
La confusione non può essere l'unica prospettiva; un ritorno di fiamma di autoritarismo non può essere una cura efficace.

domenica 26 giugno 2011

Siamo fuori dal tunnel populista ?

Lo spettro populista è sulla via del tramonto oppure è alle porte una nuova stagione demagogica e piazzaiola ? La risposta che la sinistra riformista dovrebbe dare a questa domanda è la chiave per capire se veramente il doppio voto amministrativo e referendario ha aperto, come dicono i manifesti del PD, una nuova stagione. Se nei servizi pubblici locali diventerà tabù la parola privatizzazione, se sulle liberalizzazioni prevarranno i veti delle corporazioni, se sulla giustizia, sulle pensioni, sull'abolizione della province, sulla scuola vinceranno i richiami della foresta Fiom - Vendola, allora avremo perso l'ennesima occasione. Intanto, perché non raccogliere la battaglia di Pannella sull'amnistia ? Non c'è un terreno migliore del carcere per sfidare la bestia populista.

mercoledì 22 giugno 2011

Gli amici di Bagnasco

Chi immaginate possa essere un "protetto" di Bagnasco, attuale presidente della Cei ? Un prete antimafia impegnato in qualche pericolosa periferia ? Un missionario che ha scelto di vivere a Scampia, come Alex Zanotelli ? Don Andrea Gallo che aiuta le prostitute nigeriane ? Enzo Bianchi della comunità di Bose ? Niente di tutto ciò. Nelle intercettazioni sulla P4 e sulle conversazioni che politici e boiardi vari intrattenevano con Bisignani, apprendiamo che il protetto risponde al nome di Marco Simeon. Chi è costui ? Un esponente dell'Opus Dei responsabile delle relazioni istituzionali e internazionali della Rai che al telefono con l'onnipotente lobbista insultava Lirio Abbate, un giornalista de l'Espresso colpevole di scrivere articoli non servili sull'altra cricca. Quella di Balducci e compagni. Sine verbis.

domenica 19 giugno 2011

Il Pd sta con Draghi o con i socialisti europei ?

Forse ha ragione Reichlin quando, in un articolo sull'unità del 19 giugno, sostiene che le amministrative, e in parte i referendum, ci hanno consegnato un nuovo partito democratico. Non più percepito come un incidente della storia (vi ricordate il "birignao" della fusione a freddo?), ma soggetto politico su cui finalmente investire. La leadership di Bersani trae la sua piena legittimazione sul campo, laddove non l'avevano conquistata in tanti prima di lui. E poi chi oserà mettere in discussione che il segretario di un partito del 29% non debba essere il prossimo candidato alla P.d.C.? Di fronte a questa evoluzione degli eventi stride ancora di più la frammentazione presente nel campo riformista: il Psi che non riesce a superare percentuali minime, così pure i Radicali. Entrambi non si potrebbero mai presentare ad elezioni politiche nutrendo la minima speranza di superare il quorum. Ciò vale soprattutto per i socialisti i quali, come ricorda spesso Macaluso, non possono pensare di esistere come forza residuale. E' venuto il momento di fare un salto di qualità unitario, per tutta la sinistra riformista. Se non ora quando ?
Rimane solo un "piccolo" problema all'orizzonte del Pd che prima o poi andrà sciolto. Attestarsi nella difesa del Draghi's consensus, con tutto il corollario che ne consegue, oppure impegnarsi in una strategia anti Bce in nome degli investimenti pubblici e, aggiungiamo noi, di vecchio, caro tassa e spendi ? In questa direzione va il recente appello dei socialisti europei firmato, tra gli altri, da Bersani e D'Alema, ma certo non condiviso da chi, come Enrico Letta, dichiara di concordare senza riserve con l'analisi dell'ormai ex n. 1 di Banca d'Italia.

l'articolo di reichlin

l'appello dei socialisti europei

giovedì 16 giugno 2011

Il Polo della Responsabilità

Le società occidentali appaiono attualmente dominate da un senso di rabbia e paura.
Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio-economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che cresca l’età media della popolazione, aumentino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di sicurezza e di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione.

Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue le illusioni di status.

Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello antipatico, alla riunione condominiale.

Franco Paolinelli

continua la lettura

martedì 14 giugno 2011

RITARDO CULTURALE ITALIANO, PAURA E CONSAPEVOLEZZA. LA DINAMICA IDEALE

Un post di Franco Paolinelli sulle difficoltà dell'innovazione nel "belpaese".

In un momento magico qualcuno vede qualcosa con una nuova angolazione, coglie un nuovo aspetto della realtà, associa qualche elemento in un modo nuovo e pensa che le cose in un qualche settore potrebbero andare, essere fatte, in un altro modo, possibilmente più utile per se e per il percorso di sviluppo dell’umanità.
A quel punto è nato il seme -idea e se è buona quando viene comunicata germina. Se trova un terreno fertile, ovvero una comunità sufficientemente positiva, inizia a svilupparsi e poi cresce per diventare un grande albero di scienza, tecnica, cultura, organizzazione, economia.

Il terreno delle idee è, infatti, la società umana ed il suo humus sono la serenità e l’entusiasmo che permettono a quella data società di accogliere con coraggio le nuove idee, investire in esse e distribuirne equamente le ricadute positive.

Quindi, perché il seme - idea germini ed il suo albero si sviluppi deve poter mettere radici in una comunità accogliente.

continua la lettura

Offendi la Camusso? Allora fuori dalla Cgil

L'episodio di cui è stata vittima Susanna Camusso, segretario confederale Cgil fatta oggetto di un offensivo striscione da parte di iscritti trentini al suo stesso sindacato, consente una piccola riflessione sul linguaggio pubblico. Ne abbiamo parlato già a proposito della violenza verbale dei tea party (a proposito, sono finiti nel dimenticatoio) e, recentemente, riguardo alla Chiesa. E' forse venuto il momento di praticare la contestazione non violenta del linguaggio offensivo, doppiosensista, sessista in voga non solo in tv. E' l'estrema conseguenza della degenerazione prodotta dal combinato berlusconismo - bossismo, cui non è, tuttavia, estraneo lo schieramento opposto con l'improbabile italiano di Di Pietro. Si sostiene che tutto ciò serva a comunicare, ad essere vicini alla gente. Andatevi a risentire i discorsi di Di Vittorio, Li Causi, Petroselli, leader provenienti dal popolo. Parlavano la lingua del popolo, ma non erano mai osceni o violenti. Utilizzavano la lingua per comunicare le loro idee non per compiacere. E loro, l'italiano lo parlavano.

La cronaca di repubblica.

sabato 11 giugno 2011

Mezzo pollo a testa

Inquietanti considerazioni sulla crescita delle retribuzioni nell'ultimo decennio al netto dell'inflazione in un articolo da La Repubblica che fa riferimento ai contenuti del rapporto annuale Bankitalia per il 2010 pubblicato il 31 maggio e di cui si consiglia una consultazione più approfondita. (Vedi sul sito www.bancaditalia.it ).
Una prima morale è che davvero è necessario mettersi a studiare un po' di statistica per imparare a leggere bene i dati. Altrimenti si rischia di essere superficialmente irretiti dalla macchietta, come nella vecchia storiella del mezzo pollo a testa: vogliono convincerti che va bene così, peccato che tu digiuni mentre l'altro si sbafa un pollo tutto intero...
Alcune considerazioni:
1) Tra i dipendenti pubblici rientrano manager, consiglieri e consulenti strapagati, spesso imposti dai politici di turno.
2) Nel settore - paradigmatico - dell'istruzione le retribuzioni crescono meno della metà che in quello dei servizi domestici!
3) Dati fuorvianti vengono diffusi spesso per precedere vessazioni (o peggio) di minoranze o categorie su cui attirare lo sdegno popolare. Quali purghe governative sono al varco per il settore pubblico ?

venerdì 10 giugno 2011

La politica degli annunci

Ci risiamo, il nostro governo continua ad annunciare meraviglie di cui però gli italiani non riescono a vedere gli effetti.
L'ultima di una serie di proclami: scosse all'economia divulgate attraverso i media, opere pubbliche mai rese operative salvo quelle che rientrano nelle varie emergenze (e finiscono per costare molto di più), riduzione delle tasse.
Intanto il nostro PIL continua ad agonizzare, mentre Germania e Francia tirano la ripresa europea e i paesi asiatici ci superano lasciandoci al palo.
(Leggi i dati dal Sole24ore)

Per ricordare la serie degli effetti annuncio passati e presenti proponiamo ancora due link, entrambi da "La Repubblica":
- commento di M.Giannini del 9 aprile
- reportage sul CdM di ieri .
Continua così la divaricazione destabilizzante tra riformismo mediatico di facciata e riforme realizzate da un governo in una democrazia rappresentativa.

martedì 7 giugno 2011

Sinistra e lucida follia ?

Riportiamo di seguito il testo di una lettera di Danilo Dolci ad Aldo Capitini del marzo 1954. Dolci e Capitini hanno un posto d'onore fra i "sepolti vivi" del nostro '900. Entrambi portatori di esperienze che avrebbero molto da dire - l'ascolto, l'ottica dal basso, la non violenza, la pratica del digiuno - a chi vuole provare a cambiare le cose (il Pd, i riformisti ?), ma spesso difetta della narrazione.


Trappeto,

Caro Aldo sarebbe cosa bellissima che ai primi di settembre tu potessi tenere qui un seminario su Gandhi. Non solo ci saranno molti nostri amici ma alcune centinaia di pescatori e vaccari, braccianti. Si potrebbero far stampare pagine di Gandhi, ecc. Oppure potresti parlare di San Francesco e di Gandhi. Inutile dirti che preziosissimo "pubblico" c'è (...) Io da domenica prossima andrò a pescare per due mesi: fin che non potrà esserci altra fonte immediata di vita, per questi pescatori, per quanto mi ripugni voglio essere......loro complice.
Tuo in Dio
Danilo

sabato 4 giugno 2011

La repressione al tempo di Wojtyla

Un video che documenta i provvedimenti repressivi adottati durante i 27 anni del pontificato di Karol Wojtyla.

giovedì 2 giugno 2011

Innamorati dell'Islam. Un'esperienza monastica nel deserto

Un luogo aspro e tenace, scavato nella pietra, disegnato dal vento e dalla luce: un antico monastero in Siria, a 80 chilometri a nord di Damasco, il Monastero di san Mosè l’abissino, risalente al VI secolo, ha ripreso vita da poco meno di una trentina d’anni, grazie a Paolo Dall’Oglio, che vi ha fondato una comunità monastica. Con quali prospettive? Con quali speranze? Superando quali difficoltà? Paolo Dall’Oglio racconta la sua storia di gesuita, diventato poi monaco, proprio perché convinto che è nell’incontro con l’altro che il cristiano mette alla prova se stesso, e profondamente persuaso che il mondo musulmano ha un compito da portare avanti per tutta l’umanità: quello di mostrare la fratellanza di tutti gli esseri umani. A dispetto dei fondamentalismi, a dispetto delle chiusure, a dispetto delle reciproche diffidenze e ostilità. E questo, anche nella Siria che vive lo spettro della guerra civile.

A corredo del post sul sacerdozio femminile, la vicenda di una comunità religiosa ispirata alla condivisione raccontata dal suo fondatore in una recente puntata di "Uomini e profeti" (Radio 3).

ascolta la puntata di Uomini e profeti.

mercoledì 1 giugno 2011

Infallibilità maschile e assolutismo

Si segnala un interessante articolo comparso sull'ultimo numero di Adista (Adista notizie n° 44 - giugno 2011). Si allarga il dibattito sul ruolo delle donne nella chiesa cattolica, grazie a due gesuiti statunitensi; rischiando probabili censure, essi esprimono motivate critiche sul metodo delle decisioni indiscutibili spacciate quasi per dogmi nel pontificato di Woytila in merito alla ministerialità delle donne.
Intanto si compie un'altra condanna senza processo: il vescovo della diocesi australiana di Toowoomba, mons. William Morris, che nel 2006 aveva espresso opinioni favorevoli al sacerdozio femminile, è stato allontanato dal suo incarico dopo un'ispezione vaticana durata ben 5 anni. (Per la notizia dettagliata vedere su noisiamochiesa.it ).
Ci si potrebbe chiedere: basteranno le epurazioni passate presenti e future per inibire definitivamente il dialogo ed eventualmente il dissenso?

lunedì 30 maggio 2011

Nucleare no grazie, e poi?

In tema di energia si esprimono con proposte anche molto forti alcuni paesi europei, in particolare la Germania. E l'Italia? Non sembra di vedere da noi una politica energetica di lungo o medio respiro. Siamo fermi all'uso massiccio del gas e all'acquisto di energia dall'estero, mentre la ricerca procede a fatica. Certamente bisogna lavorare in molte diverse direzioni, e soprattutto (negli USA gli investimenti in ricerca sono massicci) bisognerebbe spendere milioni nella ricerca. Piuttosto che scambiare slogan lobbistici (filo o contro governativi) contro veti incrociati da comitati "No-Tutto" e vari senza se e senza ma, bisognerebbe in primis studiare studiare studiare. Competenze scientifiche e tecniche non mancano nemmeno in Italia.
Sempre se in troppi non saranno ancora costretti a cercare lavoro e riconoscimento all'estero... Per approfondire ad esempio pro e contro del nucleare di quarta generazione segnalo, da un sito volutamente non super partes (ecologiae.com):
Approfondimento sul nucleare di quarta generazione

sabato 28 maggio 2011

L'assenza di una "vera" sinistra radicale

Vi è nel '900 una grande tradizione di pensiero che ha ispirato la sinistra radicale. Il '68 è stato da questo punto di vista una vera fucina filosofica. Foucault, Deleuze - Guattari, Tronti e Negri nei '60 - 70, Agamben, Virno, Negri - Hardt oggi, sono esempi, disordinati invero, di una profondità di pensiero non discutibile. Il movimento no global aveva tentato di riprendere quel filo, ma poi tutto si è perso, sfilacciato nel corso dell'ultimo decennio. In Italia prevale invece il grillismo, una poujade estranea allo spirito anti borghese e anti autoritario di quegli autori. Non a caso nell'ultima campagna amministrativa sono risuonati da quelle parti accenti omofobi e razzisti.
Vendola, da parte sua, alterna l'evocazione dell'"altrove" alla pratica stanziale del governo e del rito televisivo. Riteniamo che sia questo corto pensiero, questa mancanza di "nomadismo" nel senso deleuziano, a rendere ininfluente la sinistra che rifiuta la prospettiva riformista. Sinistra di cui vi sarebbe, invece, bisogno.

Seguono due video: Gilles Deleuze e il suo abdecedario, Giorgio Agamben su Guantanamo.



domenica 22 maggio 2011

Pantheon dei riformisti: Danilo Dolci

Dopo Aldo Capitini e Walter Binni, continuiamo i brevi ritratti di liberalsocialisti con Danilo Dolci. Da anni completamente dimenticato, Dolci è stato un profeta della non violenza e del riformismo dal basso. Dal 1952 realizzò a Partinico, nella Sicilia profonda del latifondo, una straordinaria esperienza di "pedagogia civile" che culminò con la realizzazione della diga sullo Jato. Teorico della maieutica come arte (capitiniana) del confronto e della persuasione, fu grande sognatore e grande uomo del fare.

martedì 17 maggio 2011

Capitini: per un pantheon della sinistra riformista


Pubblichiamo il testo della lettera di religione n. 19 scritta da Aldo Capitini nel 1953, nella quale il filosofo umbro parla della possibilità di una nuova religione che promuova la liberazione integrale dell'essere. Parole che sembrano provenire da altri mondi, tuttavia ci ostiniamo a ritenerle tutt'altro che estranee alla costruzione di un'identità riformista.



Caduta del mondo religioso impostato sulla tradizione. Perché si è visto che l'istituzione ecclesiastica pretende di avere un'autorità assoluta per imporre credenze che molte volte sono leggende (per es. l'ascensione di Gesù) e dogmi (per es. l'assunzione di Maria) e comandi (per es. di votare per i partiti dei conservatori e dei capitalisti) che sono inaccettabili.
Anche Roma antica, anche il paganesimo aveva una tradizione; la verità religiosa può essere diversa dalla tradizione; anzi molte volte la tradizione e il passato sono cose da superare in nome di esigenze più profonde.

Sviluppo moderno della comunanza, dell'attività, dell'apertura. Per sottrarsi all'assolutismo il mondo moderno ha sviluppato i principi della tolleranza religiosa, della comunanza fra tutti gli uomini e del valore della coscienza morale indipendentemente dalle credenze religiose e dai sacramenti, ha favorito l'attività, l'esperienza, la libertà di produzione e di critica, come elementi fondamentali della formazione dell'uomo e della sua vita attuale, che riceve il passato ma non autoritariamente, perché vi sceglie solo ciò che la coscienza può accettare.
Questo senso moderno si diffonde oggi a tutto il mondo, contro i pregiudizi e i privilegi.

Il problema oggi è di portare questo a punti più profondi, religiosi. Il mondo moderno rischia di superficializzare, di esaltare la "vita", di perdere il senso drammatico della liberazione dell'uomo dai limiti del dolore, del peccato, della morte, di fare riforme sociali senza un'interiorità rinnovata veramente.
Tanto è vero che continuano le religioni tradizionali, pur con i difetti detti sopra.
Segno che qualche cosa manca al mondo moderno, se non riesce a liberarsi del tutto dalle vecchie forme religiose.

Il senso profetico della religione aspira alla liberazione. Nella vita religiosa i sacerdoti difendono un'istituzione tradizionale, un ordine e oggetti che dicono sacri; i profeti, gli eretici, i liberatori sono staccati dalle istituzioni, sollecitano alla liberazione dai limiti del dolore, del peccato, della morte nella viva coscienza del bene e del male e non in oggetti miracolosi: sono minoranze, e molte volte testimoniano col martirio.
Per andare oltre il mondo tradizionale e il mondo moderno, bisogna ravvivare la posizione profetica a preferenza di quella sacerdotale (che si appoggia all'istituzione, difende la conservazione e educa al conformismo).

La religione è dissenso con il mondo com'esso è. La vita religiosa perde il suo senso essenziale se accetta l'umanità, la società, la realtà com'esse sono.
La religione è intimo travaglio, malinconia, protesta, dissenso, dramma, e le forme piú serie in cui essa si è espressa, come la rinuncia, l'invocazione, la preghiera, la speranza, sono segni di questo.
La religione non può accettare la realtà che dà tanti colpi agli innocenti, ai giusti; non può accettare le strutture attuali della società, e piú o meno deve stare sempre all'opposizione, e non ha a che fare nulla con incoronazioni regali e concordati statali, non può accettare il nostro essere stesso con tutti i nostri umani difetti e limiti e ridicolaggini e miserie, né può santificare il nostro passato cosí insufficiente, né eternare i fatti, gli eventi, le azioni.
Anche le rinunce hanno un significato in religione, quello di non far la pace coi mondo com'è, di voler mantenere il dislivello tra il mondo com'è' e il mondo come deve essere, liberato dal male, dalle chiusure: questo dislivello significa che uno soffre perché l'uomo è colpito dal mondo, perché i vivi usurpano il posto che tenevano i morti, molte volte migliori, perché la realtà finora è fatta in modo che tanti esseri viventi vivono per la morte di altri.

Ma, insieme con questo, c'è nella religione la certezza della liberazione, la profonda persuasione che il mondo, il tempo, lo spazio, la realtà com'è con le sue leggi e il dolore sono limitati, cioè hanno una fine davanti ad una realtà liberata, a Dio; e chi sente questo, conforta la tristezza del mondo, con la Presenza superiore, già coglie la Festa e ne ha scoperto il rasserenamento, pagato con il travaglio del dissenso col mondo al punto di partenza.
In questo senso la vita religiosa (sentendo profondamente questo travaglio, e perciò scorgendo il limite del mondo e la sua liberazione) vive in sé stessa la suprema protezione, difesa, fonte di intrepidezza, di forza di tirare avanti, piú che da ogni altra cosa nel mondo.

La religione vuol portare tutti alla liberazione. Cosí il termine "apertura" acquista un valore piú profondo di quello moderno e laico di tolleranza e di dialogo.
Significa: nel dissenso col mondo e nell'intravedere la liberazione, portare tutti alla realtà liberata.
Tutti è la grande realtà da tener presente.
E' piú che la riunione di coloro che credono in un determinato Dio o in una determinata salvazione, di coloro che fruiscono di certi sacramenti, o agiscono in un certo modo, e perciò sono salvati e separati da altri.
Tutti comprende veramente tutti gli esseri, nessuno escluso e per nessuna ragione; e tutti arriveranno alla liberazione, senza nessuno che vada all'Inferno, dove i beati guardino godendo a quelle sofferenze perché sono la prova della giustizia di Dio (come dice San Tommaso, piú conformista all'ordine dell'impero che lui dice divino, che sensibile alla presenza dei singoli esseri e alla loro finale liberazione).
Nella religione tradizionale uno credeva di salvarsi per suo conto, nello stesso modo che si faceva una proprietà privata per suo conto.
Tutti, invece, arriveranno alla liberazione, e noi sentendo per amore nel tu che ognuno è piú delle sue azioni, dei suoi fatti (che finiscono mentre lui è destinato all'eterno), già poniamo le premesse per il superamento della credenza in un Giudizio che condanni alcuni a un dolore senza che questo dia liberazione. (Cosa da non attribuire a Dio, perché sarebbe crudeltà somma in un uomo).

Apertura a tutti da un alto livello. Ecco, dunque, il metodo attuale religioso: dal punto della vita piú tesa del valore, dell'interiorità, di tutto ciò che si reputa alto, apertura a comprenderci tutti, e non restare lí chiusi, in un rapporto privato tra l'individuo e Dio.
Se c'è questa chiusura, allora anche la preghiera non è veramente religiosa, e diventa personalismo e gusto di sequestrare Dio per le proprie faccende.
Allora può anche esser meglio non pregare, se non c'è nello stesso tempo l'apertura a chiamare tutti in quella Presenza.

Il valore aperto alla compresenza di tutti. Con questo metodo religioso, noi sentiamo che tutto ciò che che facciamo o conosciamo di valore (atto di bellezza, di bontà, di verità, di onestà ecc.) si realizza con l'aiuto intimo di tutti, vivi e morti, vicini e lontani, e anche infermi, esauriti, distrutti.
Non è cosa individuale, ma corale.
Abituarsi a sentire cosí, è mettersi nella vera vita religiosa.

Tutti possono essere Gesù Cristo. Riconosciuto che i due elementi essenziali di Gesú Cristo sono, tralasciando ciò che è contingente, storico, della tradizione o mentalità di allora:
1. passione-crocifissione nel mondo; 2. fare aperto, amando ognuno, perdonando infinitamente;
tutti possono seriamente viverli e moltiplicarli; mettendo fine alla chiusura idolatrica, autoritaria, regale di Gesú Cristo, che va contro lo stesso Gesú Cristo, che diceva. ciò che farete agli affamati, ai sofferenti, ai miseri, ai bambini, è come lo faceste a me; cioè già egli voleva che si realizzasse la moltiplicazione cogliendola noi in tutti.

Tutto, diventare di tutti. Anche per ciò che riguarda i beni del mondo, oltre che i valori, può applicarsi lo stesso principio religioso.
Il punto di arrivo è che la proprietà di tutto sia di tutti, cosí come tutti abbiano la libertà.
Il nostro lavoro fin da ora è di non sentirei proprietari, e riconoscere che ciò che noi abbiamo o ci procuriamo è semplice mezzo per incamminarci meglio in una vita religiosa.
Avremo cura di evitare sempre l'oppressione e lo sfruttamento, e di promuovere senza interruzione la libertà e l'uso dei beni della vita per tutti.
Siccome non potremo dare questi anche ai morti (che pur meriterebbero per l'aiuto che ci dànno), li daremo, con maggiore entusiasmo che agli altri, a coloro che assomigliano ai morti, e cioè agli sfiniti, diminuiti, pallidi, silenziosi.

Nel tu si coglie l'inizio della liberazione.Se questa è la religione, se queste idee si trova che soddisfano profonde esigenze nelle difficoltà di oggi di un'apertura religiosa mondiale, se uno le considera seriamente (come pregando, come confessandosi, come umiliandosi e sperando), nell'incontro che facciamo, nel tu che diciamo, nel primo saluto a un essere che nasce alla vita, noi vediamo un inizio della realtà liberata.


Aldo Capitini

Perugia, 20 giugno 1953

sabato 14 maggio 2011

Dalla paura al Polo della Responsabilità

Le società occidentali appaiono attualmente dominate da un senso di rabbia e paura.
Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio-economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che cresca l’età media della popolazione, aumentino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di sicurezza e di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione.

Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue le illusioni di status.

Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello antipatico, alla riunione condominiale……

Questo stato d’animo, privo di fiducia, speranza o fede in un futuro migliore porta a scegliere politicamente chi propone il no, la chiusura, il rifiuto di un progetto sociale che vada oltre il proprio microcosmo.
Costoro, nella difficoltà di percepire la portata delle trasformazioni in atto, vedono le Istituzioni, le componenti della società civile che, bene o male, cercano di gestire i difficili processi in atto come nemiche.
Non ne colgono, dove c’è, il senso di responsabilità, quasi che fosse il loro impegno a determinare l’immigrazione, i limiti ambientali, il deficit cui fare fronte con tasse o tagli…..
Quindi, politicamente, oltre al no scelgono chi irride i portatori di responsabilità, chi si fa un baffo del rigore e delle norme civili.
Esaltano, infatti, il modello dell’io prima degli altri, dell’interesse personale come unica risposta alle difficoltà della comunità.

Il codice del Polo della Responsabilità dovrebbe essere alternativo a tutto ciò. Il suo cuore dovrebbe, infatti, essere nell’intuire le dinamiche di scala superiore e nel partecipare all’edificazione dell’assetto sociale possibile, quindi, nel saper vedere le esigenze della comunità oltre quelle individuali.

Quanto detto dovrebbe spingere i portatori di responsabilità, quale che sia il loro partito politico di riferimento, a porsi in un’ottica di guida dei processi alternativa alla paura, al rancore, al prelievo od al danno ambientale come forma di compensazione o vendetta dello spaesamento.

Ma, vivere questa consapevolezza e non lasciarsi trascinare dalla paura non è facile. Persistere in un atteggiamento di fiducia e responsabilità, quale che sia la propria posizione, nelle Istituzioni, nelle Imprese o nelle Professioni, quindi, tenere le maglie della comunità, assorbendo gli stress dati dai problemi esistenti e dalle reazioni alla paura dei problemi stessi non è da tutti.

Infatti, la scala e l’idea stessa di assetto sociale possibile non sono ancora evidenti. La società utopica è difficile da immaginare, non è affatto chiara la sua fisionomia tecnologica, culturale, sociale e politica.

Inoltre, mentre l’assetto possibile e necessario è globale, l’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è ancora frammentato nelle molteplici realtà locali, la scala della lotta politica è ancora nazionale.
Peraltro, a questa scala molte delle realtà sociali la cui inclusione era il fine dei progressisti di ieri, oggi difendono interessi costituiti e questo chiedono di fare ai loro rappresentanti.
Le loro organizzazioni tradizionali ed i loro leaders si trovano, quindi, nella condizione contraddittoria di richiamarsi a valori progressisti e difendere al contempo interessi consolidati e spesso corporativi.

Gli interessi d’inclusione dovrebbero essere espressi da immigrati, ma le capacità di dialogo tra questi e le forze politiche è ancora molto scarsa.

Quindi, non è facile avere la lungimiranza necessaria a vedere l’evolvere fisiologico del processo di costruzione dell’assetto possibile. Non è facile mettere in atto la tenacia necessaria a sopportarne i tempi, conservando l’impegno della sua edificazione.

Coerentemente, l’immagine del progressista responsabile non va di moda quanto è andata in decenni addietro, non interessa chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono perlomeno un profitto d’identità, quindi, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica.

In altre parole, oggi, la responsabilità non è da tutti.

Andrebbe, quindi, esplicitato come abbia ben ALTRO STATUS, chi riesce, comunque a metterla in atto ed accettarne consapevolmente il carico, nelle Istituzioni, nelle Imprese, nella Società Civile, rispetto a chi si lascia dominare dalla paura ed a chi persegue, opportunisticamente e spesso vigliaccamente, il solo, brevi mirante, interesse personale.
I primi, infatti, sono chiamati a farsi carico dei problemi vissuti e determinati dai secondi e dentro o fuori dalla politica, meglio o peggio, lo fanno perché è nel loro codice bio-culturale farlo.

Sarebbe, quindi, giusto e necessario promuovere la consapevolezza della qualità del loro impegno e delle difficoltà che vivono, perché solo da questo dato può partire un aumento dell’efficienza della loro azione.

Evidenziare le condizioni attuali e diffondere la consapevolezza delle oggettive difficoltà esistenti potrà, inoltre, contribuire a costruire l’immagine di chi si presta al compito e delle relative organizzazioni. Potrà appagarne l’ego, comunque bisognoso di conferme.

Peraltro, sarà solo la sicurezza pacata e lungimirante dei pochi pensanti ad attrarre i molti che cercano un modello da imitare. Sarà la loro superiorità intellettuale e morale a catalizzare il consenso necessario a costruire la società possibile. Poiché il Governo, quando c’è e dove c’è, è sempre espressione dei “migliori”, non interessati al profitto meschino, ma capaci di visioni di lungo respiro.

Certamente, non sarà la rissa isterica, ne la sola denuncia delle schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti politici che potrà riportare attenzione alla Responsabilità ed ai suoi valori.

Detto ciò è evidente come denunciare la grettezza del contro, le malefatte dei profittatori o le sconcerie del Re, sempre più nudo, non porta chi vive nella paura a scegliere la costruzione della comunità.
Anzi, produce altro stress, altra ostilità e conferma le scelte del no, alimenta i modelli della chiusura e dell’interesse individuale.
Avviare, invece, il processo di acquisizione di consapevolezza, evidenziare lo STATUS dei portatori di responsabilità, darà le basi perché chi ha questa forza e queste caratteristiche accolga e sposi il progetto necessario per costruire la società possibile.
L’uomo, o la donna, giusti, arriveranno solo quando questa consapevolezza si sarà diffusa.

F.P.

martedì 10 maggio 2011

Il paese tribale

L’innovazione avviene perché nascono le idee.
In un momento magico qualcuno vede qualcosa con una nuova angolazione, coglie un nuovo aspetto della realtà, associa qualche elemento in un modo nuovo e pensa che le cose in un qualche settore potrebbero andare, essere fatte, in un altro modo, possibilmente più utile per se e per lo sviluppo dell’umanità.
A quel punto è nata l’idea e se è buona quando viene comunicata, come un seme, germina. Se trova un terreno fertile inizia a svilupparsi e poi cresce per diventare, eventualmente, un grande albero di scienza, tecnica, cultura, organizzazione, economia.

Il terreno delle idee è, infatti, la società umana ed il suo humus sono la serenità e l’entusiasmo che permettono a quella data società di accogliere con coraggio le nuove idee, investire in esse e distribuirne equamente le ricadute positive.


Franco Paolinelli

(continua.)

sabato 7 maggio 2011

Acqua pubblica o privata: un falso problema

Sul referendum che vuole abrogare parti del decreto Ronchi, scardinandolo di fatto, qualche riflessione partendo dalle proposte dei promotori.

1)I promotori pensano ad una gestione dei servizi pubblici completamente pubblica e, soprattutto, sottratta alla concorrenza. Il che vuol dire niente gare. Si tratta della cosiddetta gestione in house.

Le municipalizzate come le abbiamo conosciute nel '900 non esistono più, essendo state sostituite da società per azioni di cui i comuni detengono solo delle quote. Inoltre, l'idea di rinunciare ad un ritorno dell'investimento del capitale investito non si capisce come possa essere fatta propria da soggetti, quali le municipalizzate, che agiscono in regime di diritto privato.

2) I promotori denunciano la cosiddetta privatizzazione dell'acqua, un bene pubblico che cadrebbe così nelle mani dell'affarismo dei privati.

In realtà la proprietà della rete rimarrebbe pubblica, ad essere sottoposto a regime di concorrenza sarebbe il solo servizio. Sul quale, come avviene in altri settori, vigilerebbe un' authority. E' vero che al momento non ve n'è traccia e la responsabilità è tutta del governo. Ma perché rinunciare a priori all'idea di un'agenzia che vigili in modo efficace ?

3) I referendari propongono un sistema di finanziamento del servizio in base ad una tassa e non una tariffa. Pagando sulla scorta del reddito e non del consumo.

E' una proposta in contrasto con l'esigenza di risparmio idrico che potrebbe essere, invece, raggiunta con una tariffazione apposita che lo incoraggi.

mercoledì 4 maggio 2011

Wojtila: materiali (contro) informativi

Sul pontificato di Karol Wojtila è tempo di far conoscere alcuni dati, meritoriamente raccolti dalla rivista Adista nel 2003, non emersi dal turbine mediatico di questi giorni. Si tratta del numero impressionante di teologi e religiosi espulsi o ridotti al silenzio tra il 1978 e il 2003. Un'opera di scientifica ed efficacissima repressione che ha silenziato, in nome della "verità", qualsiasi voce osasse esprimere dissenso all'interno della Chiesa. Una venticinquennale operazione repressiva da far invidia ai più spregiudicati dispositivi di controllo mai sperimentati nella storia del potere. Se Michel Foucault fosse vivo vi troverebbe una inesauribile miniera di studi.

Storia di una repressione

lunedì 2 maggio 2011

La svolta necessaria

L'unica possibile forma di partecipazione ecclesiale, dopo la lunga guida Woytila-Ratzinger di un cattolicesimo che non ammette dialogo interno, resta solo l'obbedienza? Staremo a vedere. Ancora una volta solo tre mesi fa (3 febbraio) un gruppo di 144 teologi tedeschi, svizzeri e austriaci levano la loro voce per sollecitare concreti passi verso una maggiore attuazione delle indicazioni conciliari. Molti i temi affrontati, grandi i rischi assunti: ogni espressione non gradita ai vertici vaticani è stata sempre pesantemente censurata in ogni modo nell'ultimo ventennio. Le persone coinvolte, riprese, anche rimosse dal loro incarico sono decine. Gli argomenti che sono automaticamente tabù: la ministerialità femminile, la discussione del celibato, aperture nella pastorale di omosessuali, conviventi, divorziati.
Per un approfondimento si consiglia la lettura integrale del documento pubblicato su www.sueddeutsche.de e tradotto da finesettimana.org
Intanto le comunità di base fiorentine dopo il convegno del maggio 2009 "Il vangelo che abbiamo ricevuto" hanno continuato a riunirsi ancora a febbraio 2010 e con il recente appello Per interrompere il silenzio propongono un nuovo incontro pubblico per il prossimo 30 maggio.
Due dubbi:
- la discussione sembra appena iniziata, riuscirà a "finire"?
- la grande maggioranza dei cristiani è interessata al dialogo?
Il dibattito è aperto.

sabato 30 aprile 2011

Su Wojtyla servono voci dissonanti

In questi giorni nei quali imperversa il can can mediatico sulla beatificazione di Woitjla è utile ribadire l'esigenza di un'esperienza cristiana veramente liberante, alternativa al rigido conservatorismo che contraddistinse il pontificato del Papa polacco. W.,insieme a Joseph Ratzinger, è stato il grande architetto di una Chiesa sempre più autoreferenziale e attenta a reprimere ogni voce di dissenso, demolitrice del Vaticano II. Sempre più lontana dal sentire contemporaneo. C'è bisogno, invece, di una Chiesa che divorzi dal potere (e dal denaro) e faccia i conti con la libertà. Le due cose vanno insieme.
Le parole di Hans Kung in questo video, sono da questo punto di vista motivo di sprone e speranza.

martedì 26 aprile 2011

Binni politico

Abbiamo già parlato di figure dimenticate del mondo laico, liberale e socialista. Mario Paggi e Aldo Capitini. Ora vogliamo richiamare l'attenzione su Walter Binni, uno dei maggiori critici letterari del secolo scorso, ma anche politico di vaglia. Un liberalsocialista coerente e testardo, antifascista e grande difensore della scuola pubblica. Come ce ne furono altri nel corso del '900: da Danilo dolci, a Bruno Zevi, a Carlo L. Ragghianti a Manlio Rossi Doria, Leo Valiani. La possibilità per i riformisti, per il PD, di costruire un ethos comune nasce anche dalla capacità di ricordare e riconoscersi in figure come queste. E' in uscita un numero monografico de "Il Ponte" che lo riguarda, mentre nei prossimi mesi si preparano altre iniziative.

mercoledì 20 aprile 2011

Voto e paura. Per la sinistra

Un intervento di Franco Paolinelli sulla necessità per la sinistra di rappresentare un nuovo status. Che i riformisti non possano ignorare l'antropologia, appare sempre più evidente.


Le società occidentali appaiono attualmente dominate da un senso di rabbia e paura.

Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio- economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che cresca l’età media della popolazione, aumentino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere e pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione.


Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli di potere, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue le illusioni di status.


Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello antipatico, alla riunione condominiale……


Questo stato d’animo, privo di fiducia, speranza o fede in un futuro migliore porta a scegliere politicamente chi propone il no, la chiusura, il rifiuto di un progetto sociale che vada oltre il proprio microcosmo.

Costoro, nella difficoltà di percepire la portata delle trasformazioni in atto, vedono le Istituzioni, le componenti della società civile che, bene o male, cercano di gestire i difficili processi in atto come nemiche.

Non ne colgono, dove c’è, il senso di responsabilità, quasi che fosse il loro impegno a determinare l’immigrazione, i limiti ambientali, il deficit cui fare fronte con tasse o tagli…..

Quindi, politicamente, oltre al no scelgono chi irride i portatori di responsabilità, chi si fa un baffo del rigore e delle norme civili.

Esaltano, infatti, il modello dell’io prima degli altri, dell’interesse personale come unica risposta alle difficoltà della comunità.


Il codice comportamentale della Sinistra dovrebbe essere alternativo a tutto ciò. Il suo cuore dovrebbe, infatti, essere nell’intuire le dinamiche di scala superiore e nel partecipare all’edificazione dell’assetto sociale possibile, quindi, nel saper vedere le esigenze della comunità oltre quelle individuali.


Quanto detto dovrebbe portare la sinistra a porsi in un’ottica di guida dei processi alternativa alla paura, al rancore, al prelievo od al danno ambientale come forma di compensazione o vendetta dello spaesamento.


Ma, vivere questa consapevolezza e non lasciarsi trascinare dalla paura non è facile. Persistere in un atteggiamento di fiducia e responsabilità, quale che sia la propria posizione, nelle Istituzioni, nelle Imprese o nelle Professioni, quindi, tenere le maglie della comunità, assorbendo gli stress dati dai problemi esistenti e dalle reazioni alla paura dei problemi stessi non è da tutti.


Infatti, la scala e l’idea stessa di assetto sociale possibile non sono evidenti. La società utopica è difficile da immaginare, non è affatto chiara la sua fisionomia tecnologica, culturale, sociale e politica.


Inoltre, mentre l’assetto possibile e necessario è globale, l’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è ancora frammentato nelle molteplici realtà locali, la scala della lotta politica è ancora nazionale.

Peraltro, a questa scala molte delle realtà sociali la cui inclusione era il fine dei progressisti di ieri, oggi difendono interessi costituiti e questo chiedono di fare ai loro rappresentanti.

Le loro organizzazioni tradizionali ed i loro leaders si trovano, quindi, nella condizione contraddittoria di richiamarsi a valori progressisti e difendere al contempo interessi consolidati e spesso corporativi.


Gli interessi d’inclusione dovrebbero essere espressi da immigrati, ma le capacità di dialogo tra questi e le forze politiche è ancora molto scarsa.


Quindi, non è facile avere la lungimiranza necessaria a vedere l’evolvere fisiologico del processo di costruzione dell’assetto possibile. Non è facile mettere in atto la tenacia necessaria a sopportarne i tempi, conservando l’impegno della sua edificazione.


Coerentemente, l’immagine del progressista non va di moda quanto è andata in decenni addietro, non interessa chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono perlomeno un profitto d’identità, quindi, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica.


In altre parole, oggi, la responsabilità non è da tutti.


Andrebbe, quindi, esplicitato come abbia ben ALTRO STATUS, chi riesce, comunque a metterla in atto, rispetto a chi si lascia dominare dalla paura ed a chi persegue, opportunisticamente e vigliaccamente, il solo interesse personale.


Sarebbe, quindi, giusto e necessario promuovere la consapevolezza di questa difficoltà, per coinvolgere chi può vedere i processi e può contribuire all’edificazione del progresso possibile.

Evidenziare le condizioni attuali, accettarne il carico e diffondere la consapevolezza delle oggettive difficoltà esistenti potrà contribuire a costruire l’immagine di chi si presta al compito e delle relative organizzazioni.

Potrà appagarne l’ego, comunque bisognoso di conferme.


Sarà, peraltro, la sicurezza pacata e lungimirante dei pochi pensanti ad attrarre i molti che cercano un modello da imitare. Sarà la loro superiorità intellettuale e morale a catalizzare il consenso necessario a costruire la società possibile. Poiché il Governo, quando c’è e dove c’è, è sempre espressione dei “migliori”, non interessati al profitto meschino, ma capaci di visioni di lungo respiro.


Certamente, non sarà la rissa isterica, ne la sola denuncia delle schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti politici che potrà riportare attenzione alla sinistra ed ai suoi valori.

Denunciare la grettezza del contro, le malefatte dei profittatori o le sconcerie del Re, sempre più nudo, non porta chi vive nella paura a scegliere la costruzione della comunità. Anzi, produce altro stress, altra ostilità e conferma le scelte del no, alimenta i modelli della chiusura e dell’interesse individuale.

Avviare, invece, il processo di acquisizione di consapevolezza, evidenziare lo STATUS dei portatori di responsabilità darà le basi perché chi ha questa forza e queste caratteristiche accolga e sposi il progetto necessario per costruire la società possibile.

L’uomo, o la donna, giusti, arriveranno solo quando questa consapevolezza si sarà diffusa.


F.P.

martedì 19 aprile 2011

Bianchi o Capitini ?

Sulla crisi della Chiesa e sulle ragioni dello "scisma silenzioso", proponiamo due contributi utili a sviluppare una riflessione non convenzionale. Un recente intervento di Enzo Bianchi, pubblicato sulla rivista dei gesuiti Jesus, che affronta l'attuale disorientamento nella Chiesa e propone una sorta di tregua dei conflitti e una delle 49 lettere di religione di Aldo Capitini, la n. 10 risalente al 1952. Due proposte molto diverse fra loro: la prospettiva del cammino all'interno della Chiesa, nel caso di Bianchi, una riforma religiosa (delle religioni) che superi ogni struttura di potere per aprirsi alla nuova spiritualità della compresenza in Capitini.

venerdì 15 aprile 2011

Sulla difesa della scuola pubblica. Un discorso di Calamandrei

Pubblichiamo il testo del discorso tenuto da Piero Calamandrei al III congresso dell'ADSN (Associazione per la difesa della scuola nazionale), tenuto a Roma il 20 marzo 1950. La questione scuola rappresenterà uno dei punti dirimenti la proposta dei riformisti alle prossime elezioni. E' il caso di aprire la discussione e chiarire il confine tra corporativismo e conservazione e una scuola pubblica più forte.


Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.

Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori, si dice di quelle di stato. E magari si danno premi, come ora vi dirò. O si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A quelle scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.

Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.

martedì 12 aprile 2011

La Scuola italiana e quei maestri dimenticati

L' ADESSPI (Associazione per la difesa e lo sviluppo della scuola pubblica italiana) fu fondata nel '59 da Aldo Capitini e raccolse il meglio della cultura laicoliberalsocialista: Calogero, Binni, Ragghianti, Spini e tanti altri. Oggi abbiamo la Mastrocola oppure gli sproloqui contro l'egemonia della sinistra nella scuola pubblica sul Corriere della sera. Manca una riflessione non ideologica sulla scuola che faccia da contraltare al corporativismo del mondo sindacale, Cgil compresa. Proposte che affrontino argomenti come l'aggiornamento dei docenti, la valutazione del servizio offerto da ciascuna scuola, l'innovazione didattica. Insomma, qualcosa che non riduca il discorso sulla scuola alla solita giaculatoria su tagli e stipendi. Forse è sbagliato il punto di vista. Quegli antichi maestri, tra loro anche Don Milani e Danilo Dolci, partivano dalla centralità dello studente. Il resto veniva dopo.

venerdì 8 aprile 2011

Dai Verdi tedeschi segnali anche per noi

La notizia è che i Verdi sono diventati il primo partito tedesco. Attualmente stimati al 28%, contro il 23% dei socialdemocratici e il 30% dei cristiano - sociali, renderebbero teoricamente possibile la nascita di una coalizione di sinistra dagli equilibri opposti rispetto a quelli sperimentati alla fine degli anni '90. La buona notizia per i riformisti è che non conquistano consensi spingendo il pedale sul pedale delle vecchie bandiere di sinistra, da noi tanto care al duo Vendola - Fiom, ma presentandosi come campioni di pragmatismo. I Verdi di oggi, lontani parenti dei Grunen un po' fricchettoni e anti capitalisti dei decenni scorsi, si fanno sostenitori di una via eco compatibile al mercato che riesca a coniugare profitto e ambiente. Come negli esperimenti urbanistici di Berlino o Friburgo, divenuti potenti fattori di attrazione e modello per altre città europee. Una futura giunta riformista romana, ad esempio, lì troverebbe ottimi spunti. Dove governano dimostrano che si può essere ambientalisti e non apocalittici, sostenendo la crescita grazie al forte investimento sulle rinnvoabili che nel 2050 potrebbe portare a soddisfare l'80% del fabbisogno energetico tedesco. Favorevoli all'Europa, non considerata lo strumento degli appetiti del capitalismo finanziario, la vorrebbero provvista di quella gamba politica che alcune cancellerie europee vedono come il fumo agli occhi. Favorevoli, soprattutto, ad interventi umanitari volti a fermare le stragi di civili e lontani dal pacifismo ideologico ancora parzialmente in voga da noi. In più sono un partito organizzato, con i loro meccanismi di selezione della classe dirigente, lontani dall'essere un movimento personalistico, alla maniera italiana. Insomma, vuoi vedere che dietro il sole che ride spunta un nuovo riformismo utile a tutta la sinistra europea ?

mercoledì 6 aprile 2011

Le 95 tesi di Fox. Il video

Il video dell'intervista di Radio Radicale a Matthew Fox, il teologo (ex domenicano) che ha presentato le nuove "95 tesi" di fronte alla basilica romana di Santa Maria Maggiore. Il cui reggente è il card. Bernard Law, ex vescovo di Boston, noto per avere occultato per decenni le violenze compiute dai sacerdoti pedofili.
Nell'intervista Fox parla anche della grave crisi che la Chiesa cattolica sta attraversando negli Usa.

http://www.radioradicale.it/scheda/324627/le-95-tesi-di-matthew-fox

lunedì 4 aprile 2011

I riformisti e la scuola

E' ora che la sinistra riformista italiana definisca una politica per la scuola al di là delle estemporaneità. Da dove è iniziato la confusione che ha portato in questi anni a non distinguere le politiche della destra da quelle della sinistra sulla scuola ? Secondo noi, il vulnus non è scaturito né dalla legge sull'autonomia, né dall'introduzione di criteri di valutazione delle scuole e degli insegnanti. Qui entra in ballo l'invalsi, l'istituto di valutazione del ministero sottoposto in questi giorni a feroci critiche da parte di tanti docenti che rifiutano la somministrazione dei test. Invece, la valutazione è l'unico aspetto dell'esperienza della scuola anglosassone, per il resto scadente, che vale la pena prendere in considerazione. La valutazione, se svolta correttamente, è indispensabile in ogni sistema che non voglia consumarsi nell'autoreferenzialità e quindi nel corporativismo. Nessuno pensa di licenziare chi non raggiunga determinati parametri di apprendimento, ma è necessario che ogni scuola sia consapevole della qualità del suo lavoro ed eventualmente si impegni a migliorarla. E per farlo non vi è altro mezzo che la valutazione. Gli errori compiuti durante la breve stagione riformatrice del primo governo Prodi furono altri:si chiamano legge sulla parità e "concorsone" per la valutazione del merito dei docenti. Nel primo caso si è trattato di un vulnus gravissimo introdotto nel carattere pubblico dell'istruzione che ha spalancato le porte ad un fiume di denaro concesso a scuole private senza alcuna verifica sulla qualità dell'offerta; su questa scia si pone anche lo scandalo mai emerso delle scuole paritarie italiane all'estero. Nel secondo caso si è trattato di un progetto improvvisato, inadatto ad affrontare un tema tanto delicato. Il risultato, come sempre avviene quando i riformisti sbagliano il tiro, è stato un lungo vento demagogico che ha colpito anche le cose buone presenti nella stagione di Berlinguer (l'autonomia), peraltro largamente ispirata dalla Cgil. Ora, è tempo di fare chiarezza e riaffermare il carattere pubblico dell'istruzione e avere il coraggio di rimettere mano alla legge sulla parità, a condizione anche di un prevedibile, duro scontro con le gerachie vaticane. Superare la logica dei tagli e del killeraggio nei confronti degli insegnantii, insieme ad un impegno sulla valutazione, l'aggiornamento, l'organizzazione oraria della scuola italiana. E coinvolgere tutta la società italiana in una discussione sul valore pubblico della scuola. Quale tema migliore per la prossima campagna elettorale ? Senza difensivismi, senza chiusure particolaristiche. Ricordando i grandi del passato, a cominciare da Don Milani, Gianni Rodari, Danilo Dolci, Mario Lodi che lavoravano per una scuola a misura di studente più che di docente.


paolo allegrezza

venerdì 1 aprile 2011

Matthew Fox. Un cristianesimo senza peccato

E' in questi giorni in Italia Matthew Fox, il teologo statunitense autore di "In principio era la gioia" (1983), costretto alla fine degli anni '80 ad abbandonare l'ordine domenicano. In quegli anni alla guida della Congregazione per la dottrina della fede vi era Joseph Ratzinger. Domenica 3 aprile alle ore 12 parteciperà ad un dialogo pubblico con Vito Mancuso all'Auditorium Parco della musica. Pezzo forte della giornata l'affissione sul portale della basilica di Santa Maria Maggiore delle "nuove" 95 tesi, ricordando quanto fatto da Lutero il 31 ottobre 1517 a Wittenberg. Al centro della riflessione di Fox il rifiuto del peccato originale come caposaldo del cristianesimo, l'idea di una sua comunione con la natura e con gli esseri umani, una spiritualità della libertà. Un cristianesimo anti autoritario e lontano dal potere. Diverso, molto diverso da ciò che è oggi. Temi per i cristiani adulti di oggi. Nel filmato Vito Mancuso presenta la collana "Campo dé Fiori" dell'editore Fazi, inaugurata dal libro di Fox del 1983.

lunedì 28 marzo 2011

Libertà: una definizione

Quella che segue è un breve estratto dalla riflessione di Isaiah Berlin sulla libertà (Libertà, Feltrinelli 2010, p. 33), un utile punto di partenza nella definizione di un liberalismo interessato alla piena realizzazione della persona. Segue una parte di un documentario BBC

Il senso in cui io uso il termine libertà non comporta soltanto l'assenza di frustrazione (che si può ottenere sopprimendo i desideri), ma l'assenza di ostacoli alle scelte e alle attività possibili, l'assenza di ostacoli lungo le strade che una persona può decidere di percorrere. Una libertà di questo tipo non dipende in ultima analisi dal fatto che io desideri o no di percorrere una certa strada, o fino a dove desidero farlo, ma da quante porte mi sono aperte, dalla misura in cui sono aperte e dalla loro importanza relativa nella mia vita (anche se a rigore può essere impossibile misurare queste cose quantitativamente). La misura della mia libertà politica o sociale è data dall'assenza di ostacoli non solamente alle mie scelte effettive, ma anche a quelle potenziali - ostacoli al mio fare una certa cosa, se per caso scelgo di farla.

Isaiah Berlin




venerdì 25 marzo 2011

Laici, liberali, socialisti


giovedì 24 marzo 2011

Riflessione sulla lettera a Meneceo di Epicuro. Lezione di laicità ?


In quanto la filosofia si interroga su ciò che è il Bene per l'uomo e sulle condizioni della sua Felicità, essa ha riflettuto anche sulla Paura, passione che ha animato, anima l'uomo, condizionandone l'azione, il pensiero, le scelte.
Nel corso del tempo le paure dell'uomo mutano. In ragione delle sue conoscenze, del cambiamento del mondo in cui vive, egli si sente minacciato da pericoli diversi.

La Lettera a Meneceo di Epicuro, che visse tra il 341 a.C. e il 270 a.C., dunque in età ellenistica, vuole essere una sorta di formula per liberare l'uomo dalle paure più comuni: la paura degli dei, la paura della morte, la paura del futuro.
Liberato da queste paure l'uomo raggiunge la tranquillità dell'animo, la Felicità.

Epicuro fa riferimento ad un'idea di Felicità alla quale è estraneo ogni riferimento alla dimensione politica e sociale dell'uomo, la sua Etica è “a-politica”, in quanto svolta con lo sguardo fermo alla vita interiore dell'uomo. Epicuro persegue un fine individualistico della tranquillità dell'animo e di Felicità.

Senz'altro questa impostazione è legata al momento storico- politico in cui la filosofia di Epicuro nasce.

Epicuro opera in età ellenistica (III a.C.- I d.C.), apre la sua scuola “Il Giardino” ad Atene nel 306 a.C.:

  • Conquista della Grecia da parte di Alessandro Magno: si spalanca un mondo vastissimo e multiforme, che porta con sé la fine delle forme istituzionali dell'Ellade.
  • Morte di Alessandro e frantumarsi del suo impero.
  • Creazione dei regni ellenistici.
  • Alla democrazia assembleare ellenica si sostituiscono monarchie assolute di stampo orientale.
  • L'uomo greco non è più cittadino ma suddito, non è più l'artefice della vita pubblica.
  • Decadenza della polis.
  • La vita politica non ha più il suo centro entro i confini delle città-stato ma si svolge nei grandi centri cosmopoliti.
  • Trasformazioni economiche-sociali: indebolimento del ceto medio: la ricchezza si concentra nelle mani dei pochi asserviti al nuovo potere.
  • Avvenimenti di portata mondiale si intrecciano a beghe di corte e locali.

Si genera un clima di incertezza, il destino politico dell'uomo, il vivere sociale sembra in balia del caso o comunque di forze su cui l'azione del singolo o del gruppo cittadino non può avere alcuna influenza. Non si ha più fiducia nella possibilità di razionalizzare, di dare ordine alla vita sociale.
Lo stato offre ancora al cittadino un luogo in cui vivere ma non più il contenuto della sua vita.
Lo sguardo dell'uomo si sposta sulla vita interiore.

La filosofia dell'epoca rispecchia questo mutamento, e rintraccia un suo compito nell'andare incontro alle inquietudini dell'individuo, nel dare un messaggio di saggezza e serenità capace di guidare il vivere quotidiano dell'individuo che non ha più questa guida nella sua partecipazione alla vita della polis. L' uomo chiede alla filosofia una visione del mondo funzionale alla sua vita, utile alla sua condotta.

L'etica di Epicuro risponde a questo nuovo bisogno, propone la formula per liberare l'uomo dall'inquietudine in cui la storia lo ha trascinato, assecondando questa tendenza a cercare dentro di sé, lontano dal tumultuoso disordine esterno, la soluzione per liberarsi dalle sue paure.
Le vicende politiche servono ad Epicuro solo per riconoscere i mali da cui il saggio deve preservare il suo animo per conquistare un'imperturbabile serenità.

1) La Lettera a Meneceo si apre con un'esortazione sia al giovane che al vecchio a filosofare, in quanto la filosofia è riconosciuta come lo strumento che conduce alla salute dell'anima e, dunque, alla felicità.
La vita del vecchio si volge più al passato e quella del giovane di più al futuro. E' la filosofia a far sì che il primo non si perda nel rimpianto, suggerendogli di godere dei beni trascorsi. I piaceri, i beni trascorsi sono una certezza della quale bisogna essere grati alla vita.

Allo stesso modo è la filosofia a placare l'ansia del giovane, liberandolo dalle paure e da quei turbamenti e desideri che possono renderlo infelice, consentendogli così di non temere l'avvenire.

2) La paura degli dei: Epicuro non nega la loro esistenza, anzi la considera evidente, tant'è che considera ognuno in grado di considerarne l'essenza in base alla nozione innata che ne abbiamo. Il divino è eterno e beato, è perfetto, pertanto del tutto estraneo alle nostre vicende. Concepire gli dei animati nei nostri confronti, mossi da sollecitudini e ansie significherebbe considerarli non beati, il che sarebbe contrario alla loro perfezione.

3) La morte, altro oggetto di paura, non è nulla per noi. Quando noi siamo non c'è la morte. Quando c'è la morte non siamo più noi. Il non vivere non può essere per noi né un bene né un male, perché bene e male, identificandosi con il piacere e il dolore presuppongono la sensazione, laddove il non vivere, la morte è invece assenza di sensazione. Anche come evento futuro la morte non può essere considerata un male perché non si può considerare male nell'attesa ciò che non è un male quando si dà, quando è presente. Superata la paura della morte, il saggio può godere serenamente la vita, vivere saggiamente, cioè senza avere paura della sua mortalità.

4) L'etica di Epicuro si basa sulle passioni, è la passione che ci consente di distinguere il bene e il male. Il bene coincide con il piacere e il male con il dolore, l'uno è da ricercare l'altro da fuggire. I piaceri però hanno valore diverso, e spetta al saggio, al filosofo metterne in evidenza una discriminazione qualitativa. Vi sono desideri naturali e desideri vani, ovvero desideri ai quali non corrisponde alcun oggetto di soddisfazione nella realtà, in natura, “mulini a vento” : gli onori, il desiderio di potenza, di ricchezze.

I desideri naturali, a loro volta, si distinguono in necessari e non necessari. Occorre limitare la soddisfazione ai soli desideri naturali e necessari, in quanto gli altri sono insaziabili, privi di limite e dunque incapaci di condurre al piacere.
I desideri che dobbiamo soddisfare sono quelli che, soddisfatti, corrispondono a quel piacere che è la salute del corpo e la tranquillità dell'animo.

I desideri naturali e necessari hanno un limite nell'assenza di dolore; il piacere di cui parla Epicuro non è il piacere dei gaudenti e dei dissoluti, non corrisponde al processo di soddisfazione del bisogno, ma al bisogno soddisfatto, non ad un piacere in movimento, che è destinato ad essere infinito, ma alla stasi. Il massimo del piacere è posto non là dove il desiderio è più intenso, ma dove esso si è placato. Si raggiunge il massimo del piacere, la felicità quando non c'è più desiderio, bisogno, mancanza, dolore.

5) Chi è consapevole di tutto questo, si è liberato dalle false paure, sa quale è il piacere da perseguire, ha raggiunto la saggezza. Tale saggezza ha una funzione strumentale, è una sorta di ars vivendi, la regola per condurre una vita piacevole che comporta limitare i nostri desideri a quelli elementari, naturali, al necessario per non avere più bisogni, dolore. In questo modo, siamo anche liberi da esigenze per il soddisfacimento delle quali ci esponiamo all'azione della fortuna, alla volontà altrui, a falsi condizionamenti. In questo restringere la propria esistenza ai bisogni primari, trarre il proprio piacere dall'essenziale, in questa semplificazione della propria esistenza che non aggiunge niente al semplice esistere, l'uomo si mostra saggio, può accettare la sua mortalità senza tormento, e vivere senza dolore, trovando in se stesso la ragione della sua felicità.

Paola Cimino