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sabato 30 luglio 2011

La verginità di Bindi e Vendola

I nuovi moralizzatori, Bindi e Vendola, dovrebbero essere più attenti quando puntano i ditini accusatori. Posto che sia vera la versione fornita da Bindi sulla campagna elettorale veneta dell'89: soldi provenienti da amici e associazioni cattoliche, rimane il piccolo particolare della candidatura in una lista che aveva come capolista Andreotti. Non Dossetti o Lazzati. Riguardo a Vendola: chi nominò Tedesco assessore alla sanità nel 2005, pur in presenza di un evidente conflitto di interessi visto che era in affari nel settore ? Né l'uno né l'altra ebbero problemi ad accettare la compagnia di due simboli della prima repubblica: Andreotti e socialisti. Miserie.

giovedì 28 luglio 2011

Grandi alleanze contro i populismi

Anche in Francia si pensa ad una coalizione allargata. Per battere Sarkozy, i socialisti propongono un'alleanza aperta da sinistra al centro che coinvolga anche gollisti non allineati come De villepin. Finora nessuno grida al pasticcio o al trasformismo, come certi soloni nostrani. Ormai è sempre più chiaro che per battere la destra populista - e Sarkò lo è seppure in modo infinitamente più presentabile rispetto a B. - è necessario costruire alleanze democratiche larghe che parlino al ceto medio moderato. Che è da sempre indispensabile per vincere, in ogni paese occidentale. Medesimo problema che, in un diverso sistema politico, dovrà affrontare Obama se vorrà sconfiggere i repubblicani. Da noi la vittoria di Pisapia ha questo segno, non quello della rivincita della sinistra tradizionale. Lo dimostrano le prime scelte del neo sindaco: nomina di Tabacci al bilancio, dialogo con Cl, disponibilità a discutere sull'Expo. Nel 2013 serve una coalizione ampia che per funzionare, tuttavia, dovrà essere tutta politica: con i principali leader coinvolti nel governo, senza suggestioni di tecnici prestati alla politica. Il PD questa volta ha delle ottime carte da giocare.

lunedì 25 luglio 2011

Per gli Usa il problema non è il debito

Il pericolo di un default degli Stati Uniti è in realtà inesistente. Basterebbe un emendamento sul tetto di debito possibile approvato dal Congresso per farlo svanire. Né i mercati sembrano particolarmente preoccupati visto che gli spread sul debito Usa rimangono invariati. Il vero problema riguarda il sistema istituzionale. La possibilità che una componente fondamentalista, i tea party, eserciti il veto su qualsivoglia iniziativa presidenziale, anche se, come nel caso di Obama, ispirata al bene comune. Ciò che non funziona è il famoso sistema di pesi e contrappesi. La ragione è legata al mutamento genetico subito dal partito repubblicano da Reagan in poi. La radicalizzazione del GOP ha fatto saltare il patto tacito che stava alla base del presidenzialismo bicefalo modello Usa: la moderazione. Da allora l'unico modo per rendere effettivamente governabile il sistema è la doppia maggioranza, evento quasi ormai abbastanza raro vista la volatilità politica tipica di tutte le ultime tornate elettorali. In sostanza, ad una vittoria di una parte alle presidenziali, segue un riequilibrio nelle elezioni di mid term. Il che rende il sistema di fatto ingovernabile. Il tutto ci conferma in una convinzione: il presidenzialismo o non funziona, come negli Usa, oppure assume una deriva cesaristica, come in Francia. Dove il parlamento è una semplice comparsa. Il modello da seguire per noi è un altro ed è quello in vigore in Germania.

mercoledì 20 luglio 2011

Dalla ricerca alla politica. Come fare ?

Urban green line è un progetto di intervento ecologico ed infrastrutturale sulla città di Roma elaborato dalla cattedra di progettazione architettonica di Antonino Saggio alla Sapienza che da anni lavora su questi temi. Si tratta di varie proposte di intervento che valorizzano il tram come mezzo di collegamento inserito nel contesto urbano cui si interconnette attraverso una serie di possibili funzioni. Non solo mezzo di trasporto, ma molto altro. Per approfondimenti suggeriamo il link. Un'idea forte prodotta in un'università pubblica che, però, ha bisogno di dialogare con la politica. E da cui la politica può trarre linfa vitale. Utopie? Forse no se si sceglie il percorso dell'ascolto della città, così ben sperimentato da Pisapia a Milano. I riformisti, in particolare, hanno bisogno di volare molto alto e molto basso: nel senso che devono essere capaci di aprirsi a ciò che di meglio la ricerca sulle città propone con l'umiltà di dialogarvi e allo stesso tempo ascoltare i cittadini imparando a comunicare proposte complesse in modo semplice. Su questa capacità di innovazione sulla qualità della proposta e sulla comunicazione, si giocherà, secondo noi, la prossima campagna elettorale amministrativa di Roma. Alemanno ha all'attivo un disastro e, probabilmente, pagherà. Ma per i riformisti è tempo di proporre un vero progetto amministrativo dopo l'one man show veltroniano. Su tutto ciò è imminente la pubblicazione di un libro collettivo su Roma che raccoglie contributi di vari specialisti. Torneremo nelle prossime settimane sull'argomento.

domenica 17 luglio 2011

Non c'è nessuno spettro in giro per l'Europa

Anche il sole 24 ore, dopo il documento firmato da Amato e altri "amici dell'Europa", rilancia la proposta di emissione di bond europei anti crisi. Il che è sufficiente a far esultare chi, come il network per il socialismo europeo critica la subordinazione del PD alle logiche mercatiste della Bce. Magari si potesse ricondurre il tutto ad una nuova manifestazione spietata del capitale contro cui organizzare l'opposizione. La logica della globalizzazione è, però, lei sì maledettamente brutale. E ci dice che il problema non sono solo gli speculatori e gli avidi banchieri, ma i sistemi poco efficienti, come il nostro, che non reggono più. E allora viene la parte più scomoda di quel decalogo del Sole: pensioni a 70 anni, privatizzazioni, aumento rette universitarie, abolizione del valore legale del titolo di studio, liberalizzazioni. Tutte cose che la sinistra conservatrice (Fiom + Sel) vede come il fumo agli occhi.
I conti tornano sempre ?

martedì 12 luglio 2011

L'alternativa non è tra Blair e Jospin

Non si sente proprio il bisogno di una riedizione della discussione anni '90 tra jospiniani e blairiani. Leggendo il Riformista (meritorio promotore del dibattito) di questi giorni sembra invece essere tornati indietro di un decennio. Oggi non è possibile riproporre né la ricetta tardo welfarista alla francese, né il liberismo che ha fatto le fortune di Tony. Il primo non è sostenibile alla luce della crisi globale, il secondo presuppone una costante espansione della torta, al momento inimmaginabile. La rotta economica del PD, Sel e Di Pietro lasciamoli alle loro comode posizioni jospiniane, non può prescindere dal rigore e dal rispetto dei moniti finanziari provenienti da Bruxelles e dalla Bce. Dove siede un Ciampi boy e allievo di Modigliani come Draghi, non un affamatore del popolo. Un giusto mix di riforme anticorporative (ordini professionali), liberalizzazioni (energia,autostrade, trasporti), riduzione del peso dello stato (province, uffici territoriali di governo e banca d'Italia), welfare a favore dei giovani. Sperando che riprenda la crescita. Solo allora si potrà rispolverare un po' del caro, vecchio socialismo europeo.

giovedì 7 luglio 2011

A volte tornano: referendum elettorali

Il vero errore di Bersani e del PD non riguarda il voto sulle province. Dare sponde alla demagogia alla Di Pietro può servire nell'immediato ma non porta mai buoni frutti. L'evoluzione politica successiva a tangentopoli insegna. Abolire le province senza agire sui gangli dell'amministrazione (dove collocare il personale, a chi distribuire le competenze ?), non serve a nulla. Un errore però c'è, è di lunga data e non pare vicino alla soluzione. Si tratta della legge elettorale. Fin dall'inizio della sua segreteria Bersani ha mostrato una certa riluttanza a confrontarsi su questo tema e a pronunciare parole chiare. Sapendo probabilmente che la materia scotta e che nel PD vi sono posizioni molto diverse. Tra l'uninominale, a turno unico o doppio, e il modello tedesco non c'è possibilità di conciliazione. Il problema è che da giugno i referendum sono tornati ad essere praticabili, sono così sorte due iniziative entrambe facenti riferimento al PD. Quella di Passigli per l'abolizione del premio di maggioranza e le liste bloccate, quella di Castagnetti sul ripristino del mattarellum. Il punto è che il PD la sua proposta ce l'ha, ma si guarda bene dallo sbandierarla. E' stata approvata all'ultimo congresso e prevede l'adozione del doppio turno di collegio. Delle due l'una: o ciò che si decide al congresso non conta o si prende posizione sul merito una volte per tutte e quindi entrambi i referendum vengono sconfessati. Sappiamo che Bersani è più a suo agio sui temi dell'economia e del lavoro, ma un partito che sulle regole non ha una posizione chiara è veramente un partito ?

lunedì 4 luglio 2011

Strauss - Khan e i modelli giudiziari

La vicenda Strauss – Khan induce qualche riflessione sui modelli giudiziari e sulle loro imperferzioni. In America e in Italia. Il procuratore capo dello stato di New York, Cyrus Vance jr. è stato eletto direttamente dai cittadini sulla scorta di un programma che prometteva di colpire corruzione, riciclaggio, narcotraffico. Quale migliore inizio della messa alla sbarra del potente dissoluto ? Il duro trattamento riservato a S.K., cauzione di un milione di dollari, aveva le sue promesse nella campagna elettorale del giovane Vance. Ancora oggi, quando è chiaro che non vi è stato nessuno stupro, egli insiste a difendere, a sprezzo del ridicolo, l’inchiesta. Quanto avrà influito nelle scelte del magistrato Usa la forte esposizione pubblica prodotta dall’elezione diretta ? Se è vero che la magistratura italiana non brilla per sobrietà, vedi lo sciagurato comizio di Igroia a Piazza del Popolo, è sicuro che la soluzione non è il ricorso al mandato popolare. Se non altro perché è da sempre una delle proposte della Lega in materia di giustizia.

venerdì 1 luglio 2011

Il PD tra sogni possibili e non

Il PD sfoglia ancora la margherita. Con Draghi e il Consiglio dell'Unione Europea oppure a caccia delle fanfaluche anti - establishment che trovano ascolto in ampi settori del socialismo europeo ? La realtà lascia poco spazio ai sogni. Se si rifiuta la strada della virtù di bilancio, e dei risparmi, c'è il rischio nei prossimi anni di un aumento dei tassi e della spesa per interessi pari a 1,1 punto di Pil (stima Banca d'Italia). Il che vuol dire tagli ancora più dolorosi e nuove tasse. Al pareggio del deficit entro il 2014 non c'è alternativa. Allora, fine della politica ? No, compito dei riformisti è promuovere le riforme a costo zero (liberalizzazioni) che spesso ampie fette della costituency democratica rifiuta. I tagli alle spese, i costi del ceto politico certo, ma in primis l'abolizione delle province, provvedimento che incontra i medesimi ostacoli di cui sopra, e la messa sotto sicurezza della spesa regionale in materia di sanità. Il sogno è un'attività fondamentale, altrimenti prevale il vecchio cliché del riformista grigio e noioso versus il Fiom vendoliano figo e affabulatore. Tuttavia, va praticato su cieli diversi da quello del bilancio. Altrimenti si rischia di non sognare più.