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venerdì 27 dicembre 2013

Dati Perotti. Una chiosa

Roberto Perotti ha il grande merito di sfornare dati sul disastro corporativo italiano. Ora è la volta dell'alta dirigenza pubblica (capi di gabinetto, dipartimento, direttori generali) sovradimensionati e pagati il 40% in più rispetto agli omologhi inglesi. Ai numeri andrebbe aggiunto una piccola chiosa. Tutto ciò è stato reso possibile dal fallimento di quella parte delle riforme Bassanini (decreto n. 80/98) riguardante il nuovo statuto della dirigenza. Tre i punti da considerare: valutazione dei dirigenti (mai attivata), durata minima dei contratti (eliminata dal successivo governo B.), possibilità del potere politico di recedere anzitempo dal contratto (gli ultimi due provvedimenti furono voluti da Frattini per garantire un comodo spoil  system).  Una storia emblematica del caso Italia. Da una corretta istanza riformatrice è nato un mostro telecomandato dal potere politico. Vicenda in pare simile al Titolo V, dove la mostruosità, però, era evidente fin dalla nascita. Run renzi run.



martedì 24 dicembre 2013

PROFESSORI IN TRINCEA


Gli insegnanti sono i nuovi profeti disarmati. Con le mani in alto vanno incontro al Potere dominante. Si sacrificano come fossero a Piazza Tien anmen. Esagero? Forse. Intanto, come in una metafora, i carri armati avanzano contro le loro mani nude dei docenti o contro i professori precari con le buste della spesa semi vuote. Ma forse, con l’aiuto delle famiglie e degli studenti, i cingolati si fermeranno un attimo prima. Siamo in Italia. Qualcuno potrebbe continuare a pensare che esagero. Forse. Purtroppo, una cosa è certa: qui da noi, per anni, una mentalità chiusa e furbastra, stolta e vuota, arrogante e becera, ha tentato di trasformare i professori in una categoria di falliti, perduti, bistrattati, derisi, malpagati, quasi a rappresentare il sottoproletariato urbano. E il messaggio che è passato ai giovani è pressoché univoco: è inutile studiare, si perde tempo e basta, al massimo si diventa professori, cioè dei falliti, meglio allora scegliere la strada corta, il vicolo stretto, la via breve. E la crisi si avvita su se stessa.
Ovviamente, come in tutti i mestieri, come accade in tutte le professioni, ci sono gli insegnanti bravi e quelli meno bravi, ci sono professori in gamba e alcuni senza vocazione, ci sono persone che meritano e persone che latitano, ci sono docenti validi e docenti che dovrebbero dedicarsi ad altro, ci sono maestri e capre. Ma la funzione degli insegnanti resta fondamentale. Anzi, è diventata nevralgica, cruciale, non più rinviabile. E’ questa la frontiera di un Paese alla deriva e che voglia uscire dalla crisi. In altre parole, i professori dovrebbero essere dei maestri. Sono dei maestri. Andrebbero rispettati, ringraziati, applauditi per il lavoro che svolgono e che portano avanti dalla mattina alle otto, con l’ingresso in aula per la prima ora di lezione, a tarda sera, quando terminano di correggere i compiti in classe o di preparare la lezione per il giorno dopo. Senza contare le riunioni, gli incontri con le famiglie, le ore per il collegio dei docenti, il consiglio di classe, l’aggiornamento, gli scrutini, il recupero dei debiti scolastici e chi più ne ha più ne metta. L’elenco degli impegni lavorativi dei professori sarebbe troppo lungo. Ma sono trattati come dei privilegiati, con tre mesi di ferie, poche ore di lavoro settimanale, insomma: una pacchia! Invece, è semplicemente falso. Quello che è vero, al contrario, è che senza un riconoscimento sociale del ruolo svolto dai professori e senza il ripristino dell’autorevolezza del ruolo di insegnante nel comune sentire, anche gli studenti perdono la loro centralità nella Scuola e tutto si frammenta, si sgretola, si disgrega. E il Paese affonda. Eppure, malgrado tutto, in questo lungo tempo di crisi, il più importante impegno sociale e d’integrazione civile viene svolto dai professori, dai dirigenti scolastici, da tutto il personale che lavora nelle scuole come fosse una trincea. Senza plausi e senza onori. Per senso di responsabilità. Insomma, per uscire dalla crisi è necessario entrare nel futuro. E il futuro esiste soltanto se c’è memoria. E la Scuola è il luogo principale dove la memoria coltiva il futuro. E mi riferisco innanzitutto al futuro dell’essere umano, della persona, dell’individuo e dell’intera collettività, dell’Italia e dell’Europa. Perlomeno, il futuro delle nostre città. La Scuola è la nostra frontiera. Anche l’Università, ovviamente. Ma un Potere cinico e fine a se stesso, affarista e ignorante, ha trasformato la Scuola in un’appendice marginale della società affidandole un ruolo secondario rispetto alla responsabilità della formazione di nuovi cittadini, consapevoli e coscienti. Prima, molto prima, a segnare il percorso formativo dei ragazzi, ci sono la televisione, il web, internet, la tecnologia, la burocrazia, i social-network. Ma tutte queste cose sono dei mezzi e non possono diventare il fine. Sono degli strumenti e non devono diventare lo scopo della collettività. L’uscita dalla crisi passa attraverso la cultura, l’arte, la ricerca, la scuola, l’università, la bellezza. Invece, niente. I problemi della Scuola sono tantissimi, sono sempre gli stessi e si aggravano ogni giorno di più. La burocrazia è soffocante, i soldi sono pochi e le spese sono troppe, mancano gli strumenti didattici, le aule sono mal ridotte, gli ingranaggi a volte non girano, la struttura è bolsa e ingabbiata. E non basta: le mancanze e le responsabilità sono diffuse e il sistema scolastico appare spesso inadeguato alle sfide del futuro. Ciascuno dovrebbe impegnarsi a migliorare se stesso. E’ il compito che ciascun docente dovrebbe assumersi. Il cambiamento parte dalla restituzione sociale della funzione, dell’autorevolezza e dell’importanza dei professori. Altrimenti, lo studente (il futuro) non è più il fine della scuola, ma diventa soltanto un mezzo, uno strumento che serve a giustificare l’esistenza della scuola e, dunque, il fine ultimo della scuola diventa quello di essere autoreferenziale. Ne riparleremo ancora.
Pier Paolo Segneri

lunedì 23 dicembre 2013

Emendamento Lanzillotta: pane per Renzi

Se Renzi iniziasse da Roma, il suo sarebbe un percorso minato. E' il caso del doppio uppercut conservatore lanciato nei giorni scorsi alla Camera dei deputati sul decreto salva Roma. Un emendamento presentato da Linda Lanzillotta nell'ambito del decreto salva Roma, prevedeva la possibilità di cedere quote di Acea (come di altre municipalizzate in crisi) ai privati  obbligando ad assetti aziendali (leggi riduzioni di personale) coerenti con i conti. In una parola  la parola fine alle periodiche immissioni di soldi pubblici a fronte dei deficit cronici delle municipalizzate. Pochi giorni dopo (qui il secondo colpaccio conservatore) è stato approvato un emendamento bipartisan che impone il preventivo accordo con i sindacati riguardo ad interventi sul personale. Insomma, se i romani pagano le tasse locali più alte d'Italia, il Comune ha un debito che sfiora i 900 milioni di euro, se le aziende di servizi (Atac su tutte) sono inefficienti e sovradimensionate, devono abbozzare. Sarà la politica, di concerto col sindacato, a pensarci. Come ha fatto finora. Run Renzi run.

lunedì 2 dicembre 2013

Vent'anni di avanguardia secondo Carla Vasio


 Vi fu un tempo felice, il decennio '60, in cui la narrativa in Italia sembrava essersi riscattata dalla riproposizione delle due stanche tendenze, con l'eccezione della prima stagione avanguardistica, ereditate dal secolo precedente: l'intimismo lirico, il realismo di matrice ottocentesca. Come noto, entrambi i moduli avevano ampiamente condizionato la stagione neorealista, tanto più innovativa nei suoi esiti cinematografici che letterari. Il libro di Carla Vasio, Storia privata di una cultura Nottetempo, 2013) è il ritratto dal vivo dei protagonisti del rinnovamento che ha scosso il mondo della letteratura e dell'arte in Italia tra gli anni '50 e l'inizio degli anni '80, e del vento di invenzione che lo ha animato. Dagli scrittori e poeti del Gruppo 63, di cui si celebra quest'anno il cinquantenario, ai musicisti di Nuova Consonanza e alla musica elettronica, con le voci ineguagliabili di Michiko Hirayama e Cathy Berberian; dalla scoperta della sapienza orientale di Krishnamurti alla scuola junghiana di Ernst Bernhard; dai giovani pittori di Forma 1 all'Arte Povera; dall'effervescenza delle gallerie d'arte romane alle Biennali e ai grandi protagonisti della scena artistica internazionale. Tra i salotti dell'intellighenzia e i sottotetti o le cantine dove maturavano inquietudini e umori di cambiamento, il libro ci racconta una stagione d'amicizia in un'Italia finalmente aperta al mondo e alla ricerca intellettuale, in un gioco continuo di entusiasmi, delusioni e rilanci.

Nuovi Cantieri crescono

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Ci siamo! È stato tenuto a battesimo "il cantiere" per un campo altro. Lo scorso 29 novembre, infatti, presso l’Hotel Aleph Boscolo di Roma, si è svolta la presentazione di un’idea, di una proposta, di una possibilità: il cantiere. Si tratta di un gruppo di persone tra loro diverse per estrazione sociale, per competenze professionali, per età e provenienza, ma unite dal metodo liberale utilizzato e praticato per produrre idee e promuovere la Bellezza, la Politica nel senso alto e originario della parola. La presentazione di questa squadra è stata seguita e registrata da Radio Radicale e, quindi, può essere facilmente riascoltata dai lettori accedendo al sito dell’emittente. Credo, davvero, che l’iniziativa meriti l’ascolto. E comunque, coloro che hanno partecipato all’incontro, a quanto pare, sono rimasti positivamente sorpresi perché si sono ritrovati a convivere per due ore dentro “il cantiere”, aperto da un gruppo di persone comuni, di teste pensanti e propositive, di donne e uomini semplici, di folli e di creativi, di liberali e democratici. Forse, è soltanto un laboratorio, ma un tale esperimento, basato sulla forza dell’intelligenza collettiva e connettiva, dimostra che qualcosa si muove oltre l’immobilismo del potere fine a se stesso. Qualcosa c’è, quindi, oltre al pantano delle sabbie mobili rappresentato dal campo trasversale dell’antipolitica, nelle sue innumerevoli, ma omologhe varianti. Insomma, se nascono realtà organizzative come l’associazione di cultura politica “il cantiere”, allora significa che esiste un altro campo, anzi: un campo “altro”. Anche il sito Internet è ancora in cantiere, in lavorazione: www.il-cantiere.it.

PIER PAOLO SEGNERI