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domenica 25 marzo 2012

Bruno Zevi liberal-socialista

Se vi è stato un intellettuale estraneo alla dissimulazione (anche onesta), questi è Bruno Zevi: «Un libro, una rivista, un organismo culturale, una rubrica su un settimanale, una stazione radiotelevisiva indipendente [...] la devi creare tu, non puoi trovarla già confezionata, altrimenti non ti incarna; e dovrà essere sempre personalizzata, cioè discorde, tinta di eresia, contestataria, affinché si configuri, e ti configuri, in antitesi al vecchio, al ristagno, al corrotto, al logoro, al devitalizzato» (Zevi, 1993). E’ l’autoritratto di un intellettuale libertario, protagonista di una lunga avventura guidata da una costante azione di sabotaggio del potere; e di un eretico, restio all'omologazione, all'adesione a schieramenti, a fedeltà a priori (Saggio, 2000).
 Paolo Allegrezza
[Mondoperaio marzo 2012,  pag. 24]       


martedì 20 marzo 2012

La Marcia di Pasqua

La peggiore menzogna è l’autoinganno, cioè quando raccontiamo a noi stessi una bugia per evitare di affrontare una verità. La peggiore schiavitù è il credersi liberi quando invece si è reclusi perché si finisce per il restare inerti e silenti di fronte alle ingiustizie, alla negazione del diritto, ai crimini contro l’umanità. La peggiore ingiustizia è il sopruso, cioè quando è lo Stato stesso a travalicare e negare la propria legalità a danno dei cittadini. E’ questo l’allarme che i Radicali hanno lanciato con la campagna “Amnistia per la Repubblica” e continuano a ripetere nel silenzio dei maggiori organi d’informazione televisiva e della carta stampata. In Italia, la “ragion di Stato” continua a volersi imporre, con tutta la sua violenza e fermezza, sul “senso dello Stato”, cioè contro lo stato di diritto, contro la legalità, contro la libertà. Domenica 8 aprile, in occasione della Pasqua, sulla scia dell’iniziativa non-violenta di Marco Pannella, ci sarà a Roma “una Marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà”. Si tratta della seconda Marcia di Pasqua che coinvolge tutti coloro che sentono come urgente e necessario ripristinare al più presto i presupposti minimi per il buon funzionamento dell’intero sistema della giustizia, per il rispetto dei diritti umani e civili dei cittadini, per attuare la Riforma (con la maiuscola) della giustizia. Purtroppo, la situazione in cui è precipitata l’amministrazione giuridica è conosciuta e vissuta sulla propria pelle da tutti quei cittadini che la subiscono perché ormai in fase avanzata di decomposizione. Basti soltanto ricordare che l’immane numero degli oltre dieci milioni di procedimenti penali e civili pendenti portano il nostro Paese ad essere costantemente sanzionato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa secondo il quale l’irragionevole durata dei processi costituisce un “grave pericolo per lo stato di diritto” che si materializza nella “negazione dei diritti sanciti dalla Convenzione”. Per questa ragione, per non finire con il raccontare menzogne a noi stessi, per rimuovere quegli ostacoli e quei crimini che impediscono al nostro Stato di rispettare le proprie leggi e di essere uno Stato di Diritto, vediamoci tutti alla seconda Marcia di Pasqua che si terrà a Roma il prossimo 8 aprile. Perché la peggiore schiavitù è il credersi liberi quando invece si è reclusi nelle strette maglie di un Potere oppressivo, prepotente, violento, criminale. Aiutiamo lo Stato a ritrovare se stesso.
Pier Paolo Segneri
Membro della Giunta esecutiva di Radicali Italiani

lunedì 19 marzo 2012

4 gambe per l'Ircocervo


Se mai nascerà, il nuovo soggetto liberalsocialista tutto potrà essere meno che l’ennesima propaggine di un sistema partitico decotto. Le elezioni 2013 sono l’ultimo appuntamento, fallito anche quello bisognerà pur trarne le conseguenze e ragionare sul futuro nello scenario della terza repubblica. Che poi si riassumono in una prospettiva sola: entrare nel PD e utilizzarlo come luogo per far vivere quelle idee. Da scongiurare l’errore che causò il fallimento della Rosa nel Pugno nel 2006: diatribe tra stati maggiori, dotati, tra l’altro, di eserciti piuttosto esigui. Quindi forma – partito al primo posto. E qui potrebbe essere utile una riflessione sull’esperienza della galassia radicale con le sue associazioni tematiche rappresentate nella direzione nazionale. Un partito liberalsocialista, senza trattino, come si autodefinì l’omonimo movimento fondato in pieno fascismo da Calogero e Capitini. Che non si limiti alla liberaldemocrazia, ma che aspiri alla realizzazione di quella eguaglianza delle opportunità di vita che solo la parola socialismo è in grado di evocare. La libertà nella sua effettività, inverata dall’assunzione della non violenza (disobbedienza civile, non collaborazione, digiuni) come unico strumento di lotta politica. Qui il corpo, l’identità del nuovo partito. Che dovrà muoversi su 4 gambe, in grado di materializzare la sintesi tra ideali e programmi.  La prima rimanda all’assunzione della lotta alle MAFIE come grande questione nazionale, di là della questione meridionale. Che si assuma la vicenda – simbolo dei funerali di stato di Placido Rizzotto, sindacalista socialista non dimentichiamolo, per porre questo tema al centro dell’iniziativa politica, ogni giorno non soltanto in occasione di qualche fatto eclatante; la seconda è la lotta alle corporazioni e al familismo, proponendo la continuazione dell’iniziativa di RIFORMA IN CAMPO ECONOMICO intrapresa dal governo Monti e che non potrà esaurirsi al 2013. Riformismo che deve parlare delle nuove ingiustizie, delle nuove disuguaglianze nate in Italia sull’onda della rivoluzione produttiva che stiamo vivendo. La terza parola è AMBIENTE. La scelta senza se e senza ma a favore dell’ecocompatibilità, da misurare anzitutto sul terreno amministrativo. Un esempio ? Alle prossime elezioni romane affermare il tema della a crescita, non della decrescita, in campo urbanistico; recupero e manutenzione dell’esistente, fine del consumo intensivo di suolo. La quarta rimanda ai DIRITTI CIVILI e alla RICERCA SCIENTIFICA; la lotta all’oscurantismo  che pone l’Italia come una sorta di enclave nel cuore d’Europa. Correndo su queste gambe l’Ircocervo potrà parlare ai giovani di questo paese, sfidando demagoghi vecchi e nuovi. Partendo dai valori di libertà e giustizia di antichi e dimenticati padri. Gli stessi che abbiamo scelto di porre sotto l’intestazione di questo blog.

venerdì 16 marzo 2012

L'impegno insieme alla memoria

Un merito del dibattito sui funerali di Placido Rizzotto è quello di aver ridato visibilità e voce a chi quotidianamente partecipa con impegni ed azioni concrete alla discussione sui mali e sui lutti prodotti dalla mafia.
L'associazione Libera da anni propone la giornata del 21 marzo in ricordo delle vittime di tutte le mafie; ancora oggi don Ciotti  rilancia la proposta di istituzionalizzare tale data per una Giornata della Memoria e dell' Impegno; accostati non per caso, perché una memoria senza impegno rischia di scivolare nella sterile retorica e col tempo di svuotarsi di ogni significato.
Non così avviene per tutte le persone che, ognuno nel suo ruolo, in posti istituzionali o sulle frontiere del volontariato, con il loro impegno civile continuano l'opera di Placido Rizzotto, di don Puglisi, di Falcone e Borsellino, del generale Dalla Chiesa, di Danilo Dolci e di tanti altri eroi del quotidiano.

mercoledì 14 marzo 2012

Requiem no Tav

La recente presa dichiarazione a favore della Tav di Sussanna Camusso è stata rapidamente bypassata dai giornali. Si tratta, a nostro parere, del requiem sul movimento no Tav. Avendo scelto la strada della contrapposizione ideologica che ha trasformato la contrarietà alla realizzazione di un'infrastruttura in una lotta senza quartiere contro il capitalismo finanziario e burocratico di stanza a Bruxelles, la sorte del movimento era segnata da tempo. La progressiva prevalenza delle componenti antagoniste ha poi fatto il resto, riducendo i consensi, inizialmente ampi fra gli stessi valligiani. Il punto che ci interessa non riguarda la legittimità o meno dell'opera che, per noi, è da fare, quanto la periodica emersione dello scoglio contro il quale in Italia vanno a sbattere i movimenti, dagli anni '70 in poi: la violenza. Finché non si aprirà una riflessione sul suo carattere autodistruttivo, la stagione dei movimenti vedrà delle improvvise fioriture cui seguiranno violente gelate. E' forse matura una riflessione sulla non violenza, sulla disobbedienza civile, sulla non collaborazione. Ci aveva provato anni fa Bertinotti, ma poi non si sono fatti passi avanti. In attesa del prossimo movimento, è ora di riprendere quel filo.

Il "Diario" di viaggio dei Red onions

Da qualche giorno, sul sedile della mia auto, mi tengo accanto e a portata di mano il “Diario di un uomo qualunque”. Lo so che non si può leggere mentre si guida… infatti, non si tratta di un libro o di un quaderno segreto perché questo Diario non va letto, ma ascoltato. Mi riferisco, in altre parole, al compact disc dei Red Onions: “Diario di un uomo qualunque”. Si tratta di un LP musicalmente legato all’influenza del blues e del rock anni ’70, in tutte le sue varie articolazioni, stretto dalle sonorità di quegli anni mescolate tra loro insieme ad un tocco di modernità che ne libera il suono e lo spirito stesso della band. I Red Onions sono una formazione rock-progessive nata a Perugia nel 2004 dall’incontro umano e artistico dei due chitarristi Leone Pompilio e Davide Grillo. Chi cercasse una originalità musicale dentro il sound dei Red Onions, forse la troverebbe nella particolare miscela dei vari suoni di diversa influenza uniti alla voce del cantante, vera sorpresa di questa giovane rock-band. Protagonista dell’album è il signor Beta, anonimo uomo qualunque, preso come emblema di una collettività schiacciata dalle pulsioni, dagli istinti, dai tormenti dei singoli e della comunità. E’ la storia di un uomo qualunque che non riesce a farsi strada all’interno di una società asservita alle logiche consumistiche indotte alle masse e ridotte all’insoddisfazione personale per i tanti obiettivi, spesso ambiziosi, e mai raggiunti. Ma tutta questa frustrazione narrata nei testi manca di un più forte elemento di speranza e di riscatto e, quindi, finisce con l’incidere negativamente sulla capacità dei testi di farsi scrittura viva e non, come invece appaiono, espressione di suggestioni inanimate. Di conseguenza, le vicende di Beta risultano più raccontate per “sentito dire” che per essere davvero espressione di un sentire profondo, di un sentire dentro le viscere il mondo che ci circonda. Insomma, i testi cantati con grande forza dalla voce solista dei Red Onions sembrano fermi ad una realtà sociale e antropologica, civile e mass-mediatica, di dieci anni fa mentre, oggi, i cambiamenti in corso imporrebbero una percezione della realtà diversa, più vissuta guardando al futuro che rivolta al passato, anche se recente. Per fare un salto di qualità, questa promettente band multietnica avrebbe bisogno di testi più consapevoli dei mutamenti sociali in corso e di una storia più piena di speranza e sogno che di fallimento, più vicina alla luce che alle tenebre. Ma l’idea di mettere in musica la vita di Beta è ottima perché coglie uno spiraglio attraverso cui passa lo stile narrativo che potrebbe appassionare per la sua originalità, visto che l’ascolto delle chitarre e il tocco caratterizzante del basso elettrico accompagnano in maniera intensa il personaggio lungo il suo percorso esistenziale, quasi come un Virgilio con il suo Dante. Il disco è ben suonato. Del resto, l’esperienza comincia a formarsi in quanto i Red Onions hanno all’attivo già numerose partecipazioni a eventi e concorsi, oltre che ad una compilation di produzione statunitense con il brano “Libero Fuori”. L’ultimo singolo “Canto Metropolitano” è stato accompagnato da un video apparso su numerosi siti e canali televisivi. Pier Paolo Segneri

martedì 13 marzo 2012

Quando la memoria è ipocrita

Fa discutere in questi giorni la proposta dei funerali di stato per Placido Rizzotto. Pochi giorni fa la conferma che le spoglie ritrovate nel 2009 nelle foibe vicino Corleone sono quelle del sindacalista vittima della mafia nel 1948.
Nelle intenzioni dei promotori, condivisibili, l'esigenza di non dimenticare chi si è battuto per la legalità.
Purtroppo l'elenco dei martiri come Rizzotto è lungo, ed è imbarazzante constatare che a fronte di molta enfasi sul piano della retorica sembra sempre sottodimensionata la risposta delle istituzioni e persino della società civile in termini di educazione e di pratica della cultura della legalità. In particolare inquieta il fatto che i Falcone, i Borsellino e tanti altri appaiono perdenti, oltre che vittime, sul piano della lotta storica contro la criminalità organizzata; nonostante e al di là delle celebrazioni ufficiali e della retorica mediatica.
Quindi ben venga l'omaggio, e l'esempio che ciò rappresenta. Ma si faccia anche la memoria dei fatti: con l'impegno di ciascuno e di tutti perchè la libertà e la giustizia non siano solo parole per comizi.

lunedì 5 marzo 2012

Per una religione aperta

 Per una volta parliamo di Dio. Non di religione, chiesa, regime concordatario. Ma proprio di Dio. Del Dio cristiano. Nella società globalizzata Dio sembra interessare poco, una presenza superflua, ingombrante. Fastidiosa come ripeteva l’esausto bambino de “L’ora di religione” di Bellocchio. Da anni si parla di “scisma sommerso”. E’ la tendenza di un numero sempre maggiore di credenti al fare da sé, ritenendo inconciliabile l’apparato dogmatico proposto dalla Chiesa di Roma e la loro coscienza. Il problema è limitato alle gerarchie e all’insostenibilità di certe posizioni in materia di etica e diritti civili? Per non parlare della vicenda pedofilia o dei periodici scandali legati alle finanze vaticane. Proviamo a fare un piccolo esercizio di storia contro fattuale. Immaginiamo che al posto di Joseph Ratzinger vi sia un altro papa, eletto all’indomani della morte di Wojtyla. Chi? Un papa solare, aperto, dialogante, disposto a promuovere un nuovo concilio. Una via di mezzo tra la profezia di Giovanni XXIII e la profondità esegetica di un Martini. Un nuovo, straordinario campione della cristianità. Ebbene, lo scenario cambierebbe? La fede diventerebbe più attrattiva? Assisteremmo ad un nuovo rinascimento cattolico? Probabilmente, no. E la ragione non risiede nella chiesa, ma nella sua ragione d’essere. Dio, appunto. Ha ragione  Vito Mancuso quando osserva che l’idea del Dio unico, sovrano, onnipotente non parla più ai nostri tempi. Tempi nei quali sta avvenendo una trasformazione antropologica scaturita dalla socializzazione delle tecnologie che non ha pari nella storia dell’umanità. E che ha avuto il suo primo tempo nel processo di liberazione della donna. Il punto è che l’intelletto generale cognitivo, come dicono i filosofi, non vuole più a riconoscersi in quella immagine di Dio. Il Dio che rimane in silenzio di fronte alla Shoah in nome di una logica oscura ed imperscrutabile non vale la pena di essere creduto. Il Dio verticale che non interviene nella storia permettendo lo scatenarsi del male. E perché, pur essendo onnipotente, non interviene? Il punto è che le vittime ormai non accettano più la riposta di un bene più grande. Come Primo Levi. Rifiutano il Dio che istituisce l’inferno storico da cui dovrebbe scaturire un riscatto senza fine. E allora per rispondere alle esigenze di libertà e giustizia dell’uomo contemporaneo forse bisognerà pensare ad un'altra idea di Dio. Come quella del Dio scaturito dalla compresenza di cui parlava Capitini. Che si manifesta nell’essere  compartecipi della sorte degli ultimi, dei sofferenti, di tutti, viventi e  non viventi. In un’armonia nuova e profonda con la natura. Che si manifesta nella religione aperta senza più obbedienti, ma solo persuasi. Il “Dio tutto in tutti”, come lo definiva Capitini. Nella religione aperta Dio non è espunto, cancellato, è semplicemente vissuto in tutti, senza esclusione alcuna. La pratica religiosa verrebbe a coincidere con la pratica di sé, nell'askesis piuttosto che nella codificazione rigida di comportamenti (M. Foucault, L'uso dei piaceri, storia della sessualità,2). Aprendosi alle infinite potenzialità della libertà. 


P.A.

domenica 4 marzo 2012

E' l'ora dell'Ircocervo liberalsocialista

Un convegno per presentare l'ultimo numero di Mondoperaio dedicato a Luciano Cafagna, svoltosi a Roma il 2 marzo. Un ottimo articolo di Pasquale Terracciano sul  Riformista di domenica 5 rilanciano la questione intorno alla quale, con le sue modeste forze, questo blog si è interrogato. Costruire una nuova stagione della sinistra partendo dalla scelta liberalsocialista. L'unica possibile per la sinistra di governo. E' quanto mai necessario oggi che  il dibattito nel socialismo europeo, dopo la frettolosa archiviazione di Blair e Shoroeder. rischia di avvitarsi intorno ad un'armatura ideale che poco ha da dire nello scenario attuale. Il vecchio tassa e spendi della socialdemocrazia perdente. Il tempo stringe e occorre l'occasione di un momento, come l'attuale, che prelude ad una ridefinizione del sistema politico.