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venerdì 28 novembre 2014

Giorgio Agamben


Abbiamo scovato e proponiamo quest'ottima video intervista a Giorgio Agamben. Tanti i temi affrontati, segnaliamo la riflessione foucaultiana dei primi quindici minuti, sulla fede (30, sulla sinistra (45), su Marx (48), sulla destituzione del potere (107).


martedì 25 novembre 2014

Sull'affluenza: solite, inutili chiacchere

Alcuni dati sull'affluenza al voto nelle democrazie occidentali: 
nel 2012, presidenziali della rielezione di Obama, la partecipazione è stata del 62%, nelle ultime elezioni di mid term (2014) del 45%; alle ultime europee nel Regno Unito non ha superato il 35%; in Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia sia nelle elezioni europee 2009, sia in quelle 2014 il dato non ha mai superato il 45%. In Francia alle presidenziali 2012 l'affluenza è stata del 79%. L'affluenza italiana alle europee 2014 è stata del 57,22%. Di seguito i dati di partecipazione in Italia, elezioni europee (quelle con minore appeal). Facile vedere che quando si determina un forte grado di politicizzazione del voto, gli elettori vanno più volentieri alle urne ('94 e 2014). Per il resto tendono a votare in massa solo quando la posta in gioco è veramente alta. Basterà per prendere i commenti di queste ore e farne l'uso che meritano? 

 elezioni 200942.94
 elezioni 200445.47
 elezioni 199949.51
 elezioni 199456.67
 elezioni 198958.41
 elezioni 198458.98
A elezioni 197961.99

mercoledì 19 novembre 2014

Il nomade

"La coscienza nomade è affine a ciò che Foucault chiama contromemoria ; è una forma di resistenza all'assimilazione o all'omologazione alle modalità dominanti di rappresentazione dell'io (...) Il tempo del nomade è l'imperfetto: è attivo, continuo. Il nomade percorre la sua traiettoria a velocità controllata. Parla di transizioni e di paesaggi senza distinzioni predeterminate. Non rimpiange patrie perdute. Il nomade intrattiene un rapporto di attaccamento transitorio e di frequentazione ciclica con la terra. Antitesi del contadino, il nomade raccoglie, miete scambia ma non sfrutta." (Rosi Braidotti, Nuovi soggetti nomadi, 2014)


martedì 18 novembre 2014

Un seminario de "Il Cantiere"



L’associazione di cultura politica “il cantiere” si è lanciata in un graduale lavoro di conoscenza della Lingua italiana in generale e del lessico politico in particolare.
A tal proposito, sabato 15 Novembre 2014, "il cantiere" ha svolto la prima sessione di un ciclo seminariale di studio e di approfondimento intitolato L’ABBECEDARIO DELLA POLITICA.

Obiettivi degli incontri seminariali saranno le origini storiche della lingua italiana accompagnate da un lavoro di ricostruzione delle parole e di recupero del loro significato anche politico. A tutto questo, si aggiunge un’analisi precisa del ruolo di rappresentatività dell’identità nazionale ricoperto dall’italiano, con la conseguente ricaduta politica di tale premessa culturale. Inevitabile, quindi, sarà uno studio sulle caratteristiche del linguaggio della politica in Italia e l’analisi delle più recenti tendenze linguistiche dei politici, con uno sguardo particolarmente attento alle dinamiche dello slittamento semantico e della metaforizzazione.

Si tratterà, insomma, di un viaggio alla scoperta delle origini e degli usi della nostra lingua nell’ambito dei messaggi politici, dell’etimologia delle parole chiave rilette in questo senso, dei meccanismi del cambiamento semantico, al fine di restituire alla politica i suoi termini nuovamente arricchiti partendo dal loro significato originario e reale. 

In questa precisa direzione, “il cantiere” ha in animo di realizzare, appunto, con l’aiuto di esperti, l’ABBECEDARIO DELLA POLITICA. 

L’ambizione, perciò, è quella di scrivere, insieme, un'opera collettiva, una sorta di abbecedario o dizionario, in cui le parole della politica italiana possano ritrovare il loro significato originario e riappropriarsi della pienezza del loro contenuto.       

Temi del primo incontro, che si è tenuto a partire dalle ore 16.00 presso il Boscolo Hotel Aleph di Roma (Via di S. Basilio, 15), sono stati: l’origine dell’italiano, con l’intervento coinvolgente e accattivante della Prof.ssa Maria Carosella (Linguista – Univ. degli Studi di Bari “Aldo Moro”) dal titolo "Dal latino volgare al fiorentino. Appunti per la biografia dell’italiano", e l’italiano della politica, con l’intervento davvero magistrale del Prof. Lorenzo Renzi (Filologo – Univ. degli Studi di Padova) intitolato "il lessico politico italiano".
Si sono uniti alla riflessione con domande e considerazioni anche gli iscritti de "il cantiere" che hanno animato l'intero pomeriggio con una partecipazione attenta e attiva fino alle ore 20. È intervenuta nel dibattito anche la prof.ssa Alessandra Serra, docente presso l'Università degli Studi di Viterbo "La Tuscia", relazionando sul linguaggio politico attraverso i media, la tv e i social-network soffermandosi anche sulla comunicazione utilizzata dall'attuale premier, Matteo Renzi. Si è trattata di una tavola rotonda di sicuro interesse per la qualità degli interventi e degli intervenuti. 
Per chi avesse voglia e curiosità, alcuni momenti dell'incontro seminariale, organizzato dall'associazione "il cantiere", si possono rivedere e riascoltare su Liberi.tv, la web tv diretta da Gianni Colacione.

Pier Paolo Segneri

lunedì 10 novembre 2014

Luigi Malerba (11-11-1927)

L'11 novembre 1927 nasceva Luigi Malerba (+ 2008), scrittore ironico, spiazzante, ambiguo. Come suggeriscono alcuni suoi titoli: Il serpente, Salto mortale, Le Pietre volanti. Uno dei narratori di punta del Gruppo '63,  apparteneva  a quella generazione di scrittori (Lombardi, Manganelli, Arbasino) per i quali il linguaggio non era strumento di comunicazione, ma fattore costitutivo dell'operazione letteraria messa in atto. Oggi alcuni giovani temerari stanno raccogliendo quell'eredità. Ne riparleremo.




sabato 8 novembre 2014

Rodotà: il giurista vate

Solito pezzo, nel senso che sono gli stessi argomenti da decenni, di Rodotà su "la Repubblica" di oggi (8-11). Dopo aver messo in guardia verso i pericoli plebiscitari incarnati da Renzi, il  quale vorrebbe addirittura cancellare i "mediatori sociali" (leggi sindacati)  ed evocato parentele con l'altro noto aspirante caudillo degli anni '80 (Craxi), ripropone la solita minestra. Con qualche piccola variante, scaturita dalla recente elaborazione sui beni comuni.

1)  La sinistra non Pd dovrebbe finalmente unirsi e misurarsi con la ridefinizione dei significati di libertà, uguaglianza, solidarietà (una cosetta da niente), senza curarsi degli svariati fallimenti di questi anni. Sfidando la storia. R. non è sfiorato dal sospetto che se da Democrazia proletaria, ai Verdi, a Rifondazione, a Italia dei Valori, a Sel, ai popoli arancione e viola non si è concluso nulla negli ultimi trent'anni una ragione dovrà pur esserci.

2) Varare una nuova politica costituzionale che, ispirandosi alla carta più bella del mondo (l'italiana, naturalmente), cancelli la "controrivoluzione economica" affermatasi in Europa in questi anni. Solo qui risiede, a suo parere, "non solo il compito di una opposizione di sinistra, ma il fondamento essenziale di un governo democratico". Come dire, applichiamo la Carta nella sua splendida, prima parte e tutto si risolverà. 

Napolitano dovrebbe dare le dimissioni nel corso del 2015.


venerdì 7 novembre 2014

Lester Bowie (8/11/99)

   
L'otto novembre 1999 ci lasciava Lester Bowie ('41), una delle voci più creative e coerenti del jazz contemporaneo. Fondatore dell'Art Ensemble of Chicago, ha sempre ribadito il legame tra ricerca e critica del presente. Un ricordo  dell'indimenticabile "dottore", scritto da Chiris Kelsey.


It is hard to express our collective loss in Lester Bowie's passing. He had an impact that will survive through his contemporaries and their recordings. Here is an excerpt from a published biography.
From the 1970s, Lester Bowie has been the preeminent trumpeter of the jazz avant-garde -- one of the few trumpet players of his generation to successfully and completely adopt the techniques of free jazz. Indeed, Bowie has been the most successful in translating the expressive demands of the music -- so well-suited to the tonally pliant saxophone -- to the more difficult-to-manipulate brass instrument. Like a saxophonist such as David Murray or Eric Dolphy, Bowie invests his sound with a variety of timbral effects; his work has a more vocal quality, compared with that of most contemporary trumpeters. In a sense, he's a throwback to the pre-modern jazz of Cootie Williams or Bubber Miley, though Bowie is by no means a revivalist. Though he's certainly not afraid to appropriate the growls, whinnies, slurs, and slides of the early jazzers, it's always in the service of a thoroughly modern sensibility. And Bowie has chops; his style is quirky, to be sure, but grounded in fundamental jazz concepts of melody, harmony, and rhythm.
Bowie grew up in St. Louis, playing in local jazz and rhythm & blues bands, including those led by Little Milton and Albert King. Bowie moved to Chicago in 1965, where he became musical director for singer Fontella Bass. There Bowie met most of the musicians with whom he would go on to make his name -- saxophonists Joseph Jarman and Roscoe Mitchell and drummer Jack DeJohnette among them. He is member of the Association for the Advancement of Creative Musicians and (in 1969) the Art Ensemble of Chicago.
Bowie's various bands have included From the Root to the Source -- a sort of gospel/jazz/rock fusion group -- and Brass Fantasy, an all-brass, post-modern big band that's become his most popular vehicle. Bowie's catholic tastes are evidenced by the band's repertoire; on albums, they have covered a nutty assortment of tunes, ranging from Jimmy Lunceford's "Siesta for the Fiesta" to Michael Jackson's "Black and White."
Besides his work as a leader and with the Art Ensemble, Bowie has recorded as a sideman with DeJohnette, percussionist Kahil El'zabar, composer Kip Hanrahan, and saxophonist David Murray. He was also a member of the mid-'80s all-star cooperative the Leaders. Bowie's music occasionally leans too heavily on parody and aural slapstick to be truly affecting, but at its best, a Bowie-led ensemble can open the mind and move the feet in equal measure. 

 https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGlOMTC7oA_DBVGLtBHfZD4_c2zVgtpEd5J8pOAx5dzPCNjXB1BVomJ9nT0_9bnQBz_sJX7aLzozoJV-GkQsTL3uShG6F_DLFafDByx5BFsLD5hC1jLKRFiEj76iqIMUbwvuPftBZR9iw/s1600/bowie1.jpg



giovedì 6 novembre 2014

(7/11/17), Rivoluzione russa

Il 7 Novembre 1917 aveva iniziò la Rivoluzione russa (in realtà il 25 ottobre). L'11 agosto 1918 Lenin ordinava ai comunisti di Penza il primo massacro di cento kulaki. Nei giorni successivi le vittime saranno ventimila. Era solo l'inizio. I regimi comunisti nel mondo uccideranno circa 100 milioni di persone (Le Livre noir du communisme: Crimes, terreur, répression, a cura di S. Courtois, 1997). Ma la cifra non comprende Cambogia e Corea del nord. Saluti a chi parla ancora oggi di rifondazione del comunismo.

http://media.polisblog.it/p/pci/pci-via-delle-botteghe-oscure-4-roma/27879703.gif

mercoledì 5 novembre 2014

Robert Musil

Il 6 novembre 1880 nasceva Robert Musil. Il brano che segue è l'incipit de "I turbamenti del giovane Torless".

“Noi togliamo stranamente valore alle cose non appena le pronunciamo. Crediamo d’esser scesi sul fondo degli abissi, e quando ne riemergiamo la goccia d’acqua che stilla dalla punta sbiancata delle nostre dita non somiglia più al mare da cui viene. Ci illudiamo d’aver scoperto una massa di meravigliosi tesori, e quando torniamo alla luce non abbiamo portato con noi che pietre false e pezzetti di vetro. Eppure, nell’oscurità il tesoro conserva immutato il suo luccichio…”.


martedì 4 novembre 2014

Se Obama ha fallito non ha colpe

Il 5 novembre 2008, Barack Obama era eletto alla Casa Bianca. Riportiamo integralmente il discorso di insediamento. Se a pochi giorni dalle elezioni di mid term che lo manderanno in minoranza anche al Senato, possiamo affermare che la sua è stata una presidenza deludente. La causa non sta nei suoi, pur innegabili, errori in politica estera o nell'implementazione della riforma sanitaria. E' il sistema costituzionale americano che non funziona più da molti anni. Almeno dalla rivoluzione reaganiana che ha trasformato il Partito repubblicano in un partito estremista. Da allora l'equilibrio dei poteri fondato fondato su presidenzialismo e federalismo produce immobilismo e presidenze mediocri.


Vice presidente Biden, signor giudice capo, membri del congresso degli Stati Uniti, distinti ospiti, concittadini.
Ogni volta che ci riuniamo per investire un presidente, testimoniamo la forza duratura della nostra Costituzione. Noi affermiamo la promessa della nostra democrazia. Noi ricordiamo che ciò che tiene unita questa nazione non è il colore della nostra pelle o i principi della nostra fede o le origini dei nostri nomi. Ciò che ci rende eccezionali – ciò che ci rende americani – è il nostro legame con un’idea, articolata in una dichiarazione fatta più di due secoli fa:

“Noi riteniamo queste verità evidenti, che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono stati dotati dal loro creatore di inalienabili diritti: questi sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità”

Oggi noi continuiamo un viaggio senza fine, per collegare il significato di quelle parole con le realtà del nostro tempo. La storia ci insegna che se da un lato queste verità possono essere evidenti, dall’altro non sono mai state messe in pratica. Mentre la libertà è un dono di Dio, essa va protetta dalle Sue persone qui sulla Terra. I patrioti del 1776 non hanno combattuto per rimpiazzare la tirannia di un re con privilegi per pochi o con l’anarchia. Loro ci diedero una Repubblica, un governo fatto da e per le persone, incaricando ogni generazione di tenere fede al nostro credo fondante.

Per più di duecento anni, noi l’abbiamo fatto.

Attraverso il sangue versato dalla frusta e quello versato dalla spada, noi abbiamo imparato che nessuna unione fondata sui principi di libertà ed uguaglianza può sopravvivere semi-schiava e semi-libera. Noi siamo pronti di nuovo ad andare avanti insieme.

Insieme, abbiamo determinato che una moderna economia richiede ferrovie ed autostrade per velocizzare i viaggi ed il commercio; scuole ed università per istruire i nostri futuri lavoratori.

Insieme, abbiamo capito che un libero mercato è prospero quando ci sono delle regole che assicurino la competizione ed il fair-play.

Insieme, abbiamo capito che una grande nazione deve fare attenzione alle vulnerabilità, e proteggere i suoi cittadini dai peggiori pericoli e le sventure della vita.

Dopo tutto ciò, noi non abbiamo mai abbandonato lo scetticismo sull’autorità centrale, né mai abbiamo ceduto alla finzione che tutti i mali della società possano essere curati dal solo governo. La nostra celebrazione dell’iniziativa e dell’impresa; il nostro insistere sul duro lavoro e sulla responsabilità personale, sono costanti nel nostro carattere.

Ma noi abbiamo sempre capito che quando i tempi cambiano, anche noi dobbiamo cambiare; la fedeltà nei nostri principi fondativi richiede nuove risposte a nuove sfide; preservare le nostre libertà individuali, in definitiva, richiede un’azione collettiva. Per le persone americane non si possono più affrontare le sfide del mondo d’oggi agendo da soli come i soldati americani avrebbero potuto affrontare le forze del fascismo o del comunismo con moschetti e milizie. Nessuna singola persona può formare tutte le insegnanti di matematica e scienze di cui noi avremo bisogno per educare i nostri figli per il futuro, per costruire le strade le reti e i laboratori di ricerca che porteranno nuovi posti di lavoro e business alle nostre terre. Adesso, più che mai, noi dobbiamo fare queste cose assieme, come una sola nazione, e come un’unica persona.

Questa generazione di americani è stata testata dalla crisi che ha offuscato le nostre convinzioni e provato la nostra resistenza. Dieci anni di guerra stanno ora terminando. Una ripresa economica è cominciata. Le possibilità dell’America sono senza fine, noi abbiamo tutte le qualità che questo mondo senza confini richiede: giovinezza ed impulso, diversità e accoglienza, un’infinita capacità di rischiare e di sapersi reinventare. Miei cari concittadini americani, noi siamo fatti per questo momento, e noi lo supereremo – e lo supereremo insieme.

Il popolo capisce che il nostro paese non può avere successo quando una stringente minoranza ha di più e un numero crescente di persone ce la fa appena. Noi crediamo che la prosperità dell’America debba stare sulle ampie spalle di una crescente classe media. Noi sappiamo che l’America cresce quando ogni persona può trovare indipendenza e orgoglio per il proprio lavoro; quando gli stipendi dei lavoratori onesti liberano le famiglie dal ciglio del disagio. Noi siamo sinceri col nostro credo quando una bambina nata nella più cupa povertà ha le stesse possibilità di aver successo di qualsiasi altra, perché lei è americana, lei è libera, lei è eguale, non solo agli occhi di Dio ma anche ai nostri.

Noi comprendiamo che i soliti programmi sono inadeguati ai bisogni di oggi. Noi dobbiamo sfruttare nuove idee e tecnologie per rifondare il nostro governo, rimodernare il nostro fisco, riformare le nostre scuole, e dare ai nostri cittadini quelle competenze di cui hanno bisogno per lavorare di più, imparare di più e raggiungere il punto più alto. Mentre i mezzi cambieranno, i nostri sforzi saranno duraturi: una nazione che salvaguardi gli sforzi e la determinazione di ogni singolo americano. Questo è ciò che questo momento richiede. Questo è ciò che darà reale significato alla nostra filosofia.

Noi continuiamo a credere che ogni cittadino abbia bisogno di una misura basica di dignità e sicurezza. Noi dobbiamo fare le più difficili scelte per ridurre il costo dell’assistenza sanitaria e la misura del nostro deficit. Ma noi rifiutiamo la convinzione per cui l’America deve scegliere tra l’attenzione per la generazione che sta costruendo questo paese e gli investimenti per la generazione che costruirà il suo futuro. Noi ricordiamo le lezioni del nostro passato, quando gli anni del crepuscolo vennero spesi in povertà, e i genitori dei bambini con disabilità non avevano nessuno a cui appellarsi. Noi riconosciamo che non importa quanto responsabilmente noi viviamo le nostre vite, ognuno di noi, in qualsiasi momento, può affrontare la disoccupazione, o un’improvvisa malattia, o una casa portata via da un terribile uragano. Gli impegni che noi assumiamo – attraverso Medicare, e Medicaid, e la Sicurezza sociale – queste cose non minano la nostra iniziativa. Esse la rafforzano. Non fanno di noi una nazione di acquirenti. Esse ci rendono liberi di rischiare per far diventare questo paese grande.

Noi, crediamo che i nostri compiti come americani non sono validi sono per noi, ma per tutte le future generazioni. Noi risponderemo alla sfida del cambiamento climatico, sapendo che un fallimento non potrà che tradire i nostri figli. Qualcuno potrà rinnegare il travolgente giudizio della scienza, ma nessuno potrà abolire il devastante impatto di furiosi incendi, della siccità paralizzante o di altri forti uragani. La strada verso fonti di energia sostenibile sarà lunga e talvolta difficile. Ma l’America non può opporsi a questo cambiamento; noi dobbiamo condurlo. Noi non possiamo cedere ad altre nazioni la tecnologia che darà forza a nuovo lavoro e nuove industrie – noi dobbiamo rivendicare questa promessa. Sarà così che noi manterremo la nostra vitalità economica e il nostro patrimonio nazionale – le nostre foreste e le nostre vie d’acqua; i nostri terreni agricoli e le nostre montagne innevate. Sarà così che preserveremo il nostro pianeta, portato alla nostra salute da Dio. Così daremo significato al credo che una volta dichiararono i nostri padri.

Noi crediamo ancora che una sicurezza e una pace durature non richiedano guerre perpetue. I nostri uomini e le nostre donne coraggiosi in uniforme, temperati dalle fiamme della battaglia, sono impareggiabili per abilità e coraggio. I nostri cittadini affetti dalla memoria di quelli che abbiamo perso, conoscono troppo bene il prezzo che è si paga per la libertà. La conoscenza del loro sacrificio ci terrà per sempre vigili contro coloro che ci vorranno danneggiare. Ma noi siamo anche eredi di coloro che vinsero la pace e non solo la guerra, coloro che si trasformarono da giurati nemici nei più sicuri amici, noi oggi dobbiamo ricordare anche queste lezioni.

Noi difenderemo la nostra gente e sosterremo i nostri valori attraverso la forza e le regole della legge. Noi mostreremo il coraggio per provare a risolvere le nostre divergenze con le altre nazioni pacificamente – non perché noi siamo ingenui nei confronti del pericolo che affrontiamo, ma perché gli accordi possono eliminare sospetto e paura più a lungo. Gli Stati Uniti rimarranno l’ancora delle forti alleanze in ogni angolo del pianeta; e noi rinnoveremo quelle istituzioni che estendono la nostra capacità di gestire le crisi all’estero; nessuno ha più grande interesse a mantenere un mondo pacifico che la sua più grande nazione. Noi supporteremo la democrazia dall’Africa all’Asia; dalle Americhe al Medio Oriente perché il nostro interesse e la nostra coscienza ci obbligano ad agire affianco a coloro che ricercano la libertà. E noi dobbiamo essere risorsa di speranza per i poveri, gli ammalati, i marginalizzati le vittime del pregiudizio – non per mera carità, ma perché la pace oggi richiede la costante avanzata di quei principi che il nostro comune credo descrive: tolleranza ed opportunità; dignità umana e giustizia.

Noi dichiariamo oggi che la più evidente delle verità – che tutti gli uomini sono creati uguali – è ancora la stella che ci guida; proprio come essa guidò i nostri antenati attraverso le cascate Seneca, e Selma, e Stonewall; proprio come essa guidò tutti quegli uomini e quelle donne, celebrati e non, che lasciarono le impronte presso il grande Mall, per sentire il predicatore dire che noi non possiamo camminare soli. Per sentire un Re proclamare che la nostra libertà individuale è inestricabilmente legata a quella di ogni anima sulla Terra.

È ora compito della nostra generazione portare avanti ciò che i nostri padri iniziarono. Il nostro viaggio non sarà completo finché le nostre mogli, le nostre madri, e le nostre figlie non riusciranno a ottenere una vita pari ai loro sforzi. Il nostro compito non sarà ultimato finché i nostri fratelli e sorelle gay saranno trattati come qualsiasi altro sotto la legge – se noi siamo veramente stati creati uguali, poi sicuramente anche l’amore verso gli altri sarà equo. Il nostro compito non sarà completo finché nessun cittadino sarà forzato ad attendere per ore di poter esercitare il diritto di voto. Il nostro compito non sarà completo finché non troveremo un miglior modo per accogliere l’impegno di immigranti senza speranza che continuano a vedere l’America come terra di opportunità; finché brillanti giovani studenti ed ingegneri saranno arruolati nella nostra forza lavoro invece di essere espulsi dal nostro paese. Il nostro compito non sarà completato finché tutti i nostri bambini, dalle strade di Detroit alle colline dell’Appalachia ai tranquilli vicoli di Newtown, consci che essi siano curati e amati, saranno sempre al sicuro dal male.

Questo è il compito della nostra generazione – rendere queste parole, questi diritti, questi valori – di vita, di libertà e di ricerca della felicità – reali per ogni americano. Essenre fedeli ai nostri documenti fondanti non richiede che noi siamo d’accordo su ogni aspetto della vita; non significa che noi tutti definiremo la libertà nello stesso modo, o che seguiremo lo stesso preciso sentiero per la felicità. Il progresso non ci obbliga a liquidare dibattiti centenari riguardo il ruolo del governo per sempre – ma esso ci richiede di agire ora.

Ora le decisioni stanno a noi, non possiamo permetterci ritardi. Noi non possiamo scambiare l’assolutismo per principio, o sostituire lo spettacolo con la politica, o trattare gli insulti come ragionevole dibattito. Dobbiamo agire, sapendo che il nostro lavoro sarà imperfetto. Dobbiamo agire sapendo che le vittorie di oggi saranno solamente parziali, e che sarà compito di quelle persone che staranno qui per quattro anni, e quarant’anni, e quattrocento anni far avanzare lo spirito infinito un tempo conferito a noi in una libera sala di Philadelphia.

Miei cari americani il giuramento che ho svolto davanti a voi oggi, come quello recitato da altri che hanno servito in questo Campidoglio, è un discorso a Dio e alla nazione, non di parte o fazioso – e noi lo eseguiremo fedelmente durante il periodo del nostro mandato. Ma le parole che ho pronunciato oggi non sono molto diverse dal giuramento che è ripetuto ogni volta da un soldato che si arruola per dovere o da un immigrato che realizza il suo sogno. Il mio giuramento non è così diverso dall’impegno che noi tutti facciamo alla bandiera che sventola qui sopra e che riempie i nostri cuori di orgoglio.

Queste sono parole dei cittadini, e rappresentano la nostra più grande speranza.

Voi ed io, come cittadini, abbiamo il potere di definire il corso di questa nazione.

Voi ed io, come cittadini, abbiamo l’obbligo di plasmare i dibattiti del nostro tempo – non solo con i voti che otteniamo, ma con le voci che sentiamo in difesa dei nostri più antichi valori e ideali duraturi.

Che ciascuno di noi ora abbracci, con solenne dovere e incredibile gioia, quella che è la nostra primogenitura. Con comune sforzo e comune proposta, con passione e dedizione, permettici di rispondere alla chiamata della storia, e di portare in un incerto futuro quella preziosa luce della libertà.

Grazie, Dio vi benedica, e possa lui per sempre benedire questi Stati Uniti D’America.

lunedì 3 novembre 2014

Urlo (A. Ginsberg). Per il 4 novembre


Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla
follia, affamate isteriche nude,
trascinarsi nei quartieri negri all'alba
in cerca di un sollievo astioso,
alternativi dalle teste d'angelo in fiamme per l'antica celeste
connessione con la dinamo stellata nel meccanismo
della notte,

che in povertà e stracci e occhi vuoti e fatti sedevano
fumando nell'oscurità soprannaturale di
appartamenti con acqua fredda galleggianti tra le cime delle città
contemplando il jazz,
che esponevano i cervelli al Cielo sotto l'El e
vedevano angeli maomettani barcollare illuminati su tetti
condominiali,
che attraversavano università con freddi occhi splendenti
allucinando l'Arkansas e la tragedia della Blake-light
fra gli studiosi della guerra,
che venivano espulsi dalle accademie per estremismo &
pubblicazione di odi oscene sulle finestre del
cranio,
che si annidavano in stanze non sbarbate in mutande, bruciando
i loro soldi in cestini dei rifiuti e ascoltando
il Terrore attraverso il muro,
che venivano perquisiti nelle barbe pubiche tornando via
Laredo con una cintura di marijuana per New York,
che mangiavano fuoco in alberghi riverniciati o bevevano trementina a
Parco Paradiso, morte, o purgatoriavano i propri
busti notte dopo notte
con sogni, con droghe, con incubi a occhi aperti,
alcol e cazzo e palle infinite,
incomparabili vicoli ciechi di nuvola vibrante e
fulmine nella mente scagliata verso i poli di
Canada & Paterson, che illumina tutto l'im-
moto mondo del Tempo in mezzo,
solidità di Peyote di saloni, albe di cimitero dell'albero verde del
cortile, ubriachezza di vino sui tetti,
borghi commerciali di giretto da fumati semaforo lampeggiante
al neon, vibrazioni di sole e luna
e albero nelle ruggenti foschie invernali di Brooklin,
proclami Ashcan e luce mentale di re gentile,
che si incatenavano a metropolitane per l'interminabile
corsa da Battery al benedetto Bronx sotto benzedrina
finché il rumore di ruote e bambini li faceva scendere
tremanti con la bocca convulsa e abbattuti il cervello inaridito
tutti drenati di splendore nella sconfortante luce di Zoo,
che si immergevano tutta la notte in luce sottomarina di Blickford's
emergevano e sedevano a smaltire la birra svaporata dopo
mezzogiorno in un desolato Fugazzi's, ascoltando il frastuono
d'inferno dal jukebox a idrogeno,
che parlavano senza interruzione settanta ore da parco a
casa a bar a Bellevue a museo al Ponte
di Brooklin,

battaglione disperso di conversazionalisti platonici che saltavano
fuori da scalinate da uscite di sicurezza da davanzali
dall'Empire State dalla luna,
chiacchiericciando strillando vomitando sussurrando fatti
e ricordi e aneddoti e pugni nell'occhio
e traumi di ospedali e carceri e guerre,
interi intelletti degurgitati in flusso di coscienza per sette giorni
e notti con occhi brillanti, carne per la
Sinagoga gettata sul pavimento,
che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando una
pista di ambigue cartoline illustrate dell'Atlantic
City Hall,
soffrendo calure orientali e artriti Tangerine
e emicranie della Cina durante astinenze da roba
in una camera squallidamente arredata di Newark,
che giravano e giravano a mezzanotte nello
spiazzo della ferrovia domandandosi dove andare, e andavano,
senza spezzare nessun cuore,
che accendevano sigarette a camionate camionate camionate arrancando
nella neve verso fattorie solitarie nella notte
del nonno,
che studiavano Plotino Poe San Giovanni della Croce telepatia
e bebop cabbala perche il cosmo vibro'
istintivamente ai loro piedi in Kansas,
che si aggiravano solitari per le strade dell'Idaho cercando
angeli indiani visionari che fossero angeli indiani
visionari,
che pensavano di essere solo pazzi quando Baltimora
risplendette in estasi soprannaturale,
che saltavano in limousine con il Cinese dell'Oklahoma
ispirati dalla pioggia invernale di semaforo di paesino
a mezzanotte,
che si aggiravano affamati e soli per Houston
cercando jazz o sesso o zuppa, e seguirono lo
spagnolo brillante per conversare sull'America
e l'Eternità, un'impresa disperata, e cosi' si
imbarcarono per l'Africa,
che sparivano nei vulcani del Messico lasciando
dietro di sè nient'altro che l'ombra dei jeans
e la lampada lava e cenere di poesia sparpagliata nel
camino Chicago,
che riapparivano nel West investigando
sull'FBI in barbe e pantaloncini e grandi occhi
pacifisti sexy con la loro pelle abbronzata mentre
distribuivano incomprensibili volantini,
che si procuravano bruciature di sigarette sulle braccia per protesta
contro foschia narcotica di tabacco del Capitalismo,
che distribuivano pamphlet Supercomunisti a Union
Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene
di Los Alamos li lamentavano via, e lamentavano
via Wall, e il traghetto di Staten Island pure
si lamentava,
che scoppiavano in lacrime nella palestra bianca nudi e
tremanti di fronte al meccanismo di altri
scheletri,
che mordevano ispettori sul collo e strillavano con gioia
in macchine della polizia per non aver commesso alcun crimine salvo
la propria pederastia in selvaggia ebollizione e intossicazione,
che ululavano in ginocchio nella metropolitana e venivano
trascinati via dal tetto agitando genitali e
manoscritti,
che si lasciavano fottere in culo da motociclisti
santi, e urlavano di gioia,
che pompavano e venivano pompati da quei serafini umani,
i marinai, carezze dell'Atlantico e amore
Caraibico,
che scopavano la mattina la sera in giardini
di rose ed erba di parchi pubblici e
cimiteri spargendo il loro seme liberamente per
chiunque volesse venire,
che singhiozzarono all'infinito provando a ridacchiare ma se la cavarono
con un gemito dietro un separè di un bagno turco
quando il biondo & nudo angelo venne a infilzarli
con la spada,
che perdevano i ragazzi per le tre vecchie maledizioni del destino
la maledizione con un occhio solo del dollaro eterosessuale
la maledizione con un occhio solo che ammicca dall'utero
e la maledizione con un occhio solo che non fa nient'altro che
star seduta tutto il giorno a tagliare i fili d'oro
intellettuali del telaio dell'artigiano,
che copulavano estatici e insaziabili con una bottiglia di
birra un fidanzatino un pacchetto di sigarette una
candela e cadevano giù dal letto, e continuavano sul
pavimento e nel soggiorno e finivano collassati
sul muro con una visione di troiaggine perfetta e orgasmo
che eludeva l'ultimo sprazzo di coscienza,
che addolcivano le fiche di un milione di ragazze tremanti
al tramonto, e avevano gli occhi rossi la mattina
ma erano preparati ad addolcire la fica del sole
nascente, chiappe balenanti nei fienili e nude
al lago,
che andavano a puttane per il Colorado in una miriade
di auto civette rubate, N.C., eroe segreto di questi
versi, amatore e Adone di gioia-di-Denver
alla memoria delle sue innumerevoli trombate di ragazze
in parcheggi vuoti e retri di tavole calde, sedili traballanti
di cinema, su cime di montagne in grotte o con
cameriere ossute in sollevamenti di sottane solitarie
ai bordi di strade familiari & specialmente solipsismi segreti
di gabinetti di stazioni di servizio & pure parchi di paese natio,
che sfumavano via in vasti film sordidi, erano sostituiti
nei sogni, si svegliavano a un inatteso manhattan, e
si tiravano fuori da sottoscala intossicati
di tocai senza cuore e orrori di sogni di ferro
da Terza Strada & vagavano verso uffici di
disoccupazione,
che camminavano tutta la notte con le scarpe piene di sangue sulle
banchine di neve aspettando che una porta dell'East
River si aprisse su una stanza piena di vapore
e oppio,
che creavano grandi drammi suicidi sui cornicioni
d'appartamento dell'Hudson sotto il riflettore blu
da coprifuoco della luna & le loro teste saranno
incoronate con l'alloro nell'oblio,
che mangiavano lo stufato d'agnello dell'immaginazione o digerivano
il granchio sul fondo fangoso dei fiumi di
Bowery,
che piangevano per la dolcezza delle strade spingendo carrelli
pieni di cipolle e cattiva musica,
che sedevano in scatole respirando nell'oscurità sotto il
ponte, e si alzavano per costruire clavicembali nelle
loro stanze,
che tossivano al sesto piano di Harlem coronata di fiamme
sotto il cielo tubercoloso circondati
da casse arancioni di teologia,
che scribacchiavano tutta la notte completamente esaltati per sublimi
incantesimi che nel giallo mattino erano
strofe di spazzatura,
che cucinavano animali fradici polmoni cuore zampe coda borsht
& tortillas sognando il puro regno
vegetale,
che si infilavano sotto camion della carne in cerca di
un uovo,
che lanciavano gli orologi giù dal tetto per esprimere il proprio voto
per un Eternità al di fuori del Tempo, & delle sveglie
gli caddero sulla testa ogni giorno per il decennio successivo,
che si tagliarono i polsi per tre volte in successione senza
successo, ci rinunciarono e furono costretti ad aprire negozi
di antichità dove credettero di stare
invecchiando e piangevano,
che furono bruciati vivi nei loro innocenti completi di flanella
su Madison Avenue fra esplosioni di versi plumbei
& il clangore corazzato dei reggimenti
della moda & gli squittii alla nitroglicerina delle
fatine della pubblicità & il gas tossico di sinistri
editori intelligenti, o furono investiti dai
tassisti ubriachi della Realtà Assoluta,
che saltarono giù dal Ponte di Brooklin questo è successo
veramente e se ne andarono via ignoti e dimenticati
nel labirinto spettrale della zuppa di vicoli di
Chinatown & camion dei pompieri, nemmeno una birra gratis,
che cantavano dalle finestre disperati, cadevano dal
finestrino della metropolitana, saltavano sul lurido Passaic,
scavalcavano negri, gridavano per tutta la strada,
danzavano su bicchieri di vino rotti a piedi scalzi frantumavano
dischi fonografici di jazz tedesco dei nostalgici
anni '30 europei finivano il whisky e
vomitavano rumorosamente nella maledetta tazza del cesso, gemiti
nelle orecchie e l'esplosione di colossali fischi di
vapore,
che sfrecciavano sulle autostrade del passato viaggiando
verso la fuoriserie-Golgota dell'altro veglia in solitudine di
prigione o incarnazione jazz di Birmingham,
che guidavano per i campi settantadue ore per scoprire
se io ho avuto una visione o tu hai avuto una visione o lui ha
avuto una visione per scoprire l'Eternità,
che visitarono Denver, che morirono a Denver, che
tornarono da Denver & aspettarono invano, che
si occuparono di Denver & incubarono & furono soli a
Denver e infine se ne andarono per scoprire il
Tempo, & ora a Denver mancano molto i suoi eroi,
che caddero in ginocchio in cattedrali irrecuperabili pregando
per la salvezza dell'altro e luce e tette,
finché l'anima si illuminava il pelo per un secondo,
che si spaccavano la testa in prigione aspettando
criminali impossibili con teste d'oro e il
fascino della realtà nei cuori che cantassero
dolci blues di Alcatraz,
che si ritirarono in Messico per coltivare un vizio, o sulle Montagne
Rocciose per intenerire Budda o a Tangeri per i ragazzi
o nel Sud del Pacifico per la locomotiva nera o
a Harvard per Narciso a Woodlawn alla
collana di margherite o alla tomba,
che esigevano test sanitari accusando la radio di
ipnotismo & restavano con la loro demenza & le loro
mani & la corte divisa,
che lanciavano insalata di patate ai relatori del CCNY sul Dadaismo
e succesivamente si presentavano sui
gradini di granito del manicomio con teste rasate
e discorsi carnevaleschi di suicidio, richiedendo
lobotomia immediata,
e che ricevevano invece il vuoto solido dell'insulina
Metrazolo elettricità idroterapia psico-
terapia terapia occupazionale pingpong &
amnesia,
che per seria protesta capovolsero simbolicamente un unico
tavolo da pingpong, riposando brevemente in catatonia,
ritornando anni dopo veramente calvi a parte una parrucca di
sangue, e lacrime e dita, al destino visibile di pazzo delle guardie
delle città manicomio dell'Est,
le fetide sale del Pilgrim State, di Rockland e di Greystone,
bisticciandosi con gli echi dell'anima,
scatenandosi nella solitudine-panca-dolmen-impero
dell'amore a mezzanotte, sogno di vita un incubo,
corpi mutati in pietra pesanti come la
luna,
con mamma finalmente *******, e l'ultimo fantastico libro
lanciato fuori dalla finestra del locale, e l'ultima
porta chiusa alle 4 AM e l'ultimo telefono
sbattuto contro il muro per risposta e l'ultima stanza
arredata svuotata fino all'ultimo
mobile mentale, una rosa gialla di carta arrotolata
su una gruccia di fil di ferro nell'armadio, e persino
quella immaginaria, niente altro che uno speranzoso pezzettino
di allucinazione
ah, Carl, finché non sei al sicuro neanch'io sono al sicuro, e
ora sei proprio nel completo brodo animale del
tempo
e chi dunque corse per le strade ghiacciate ossessionato
da un improvviso balenio dell'alchimia dell'uso
dell'ellissi il catalogo il metro & il piano
vibrante,
che sogno' e realizzo' brecce umanizzate in Tempo & Spazio
grazie a immagini giustapposte, e intrappolo'
l'arcangelo dell'anima tra due immagini visive
e unifico' i verbi elementari e concilio' il nome
e l'insorgere della coscienza saltando
con la sensazione di Pater Omnipotens Aeterna
Deus
per ricreare la sintassi e la misura della povera prosa
umana e apparire davanti a te muto e intelligente e
tremante di vergogna, respinto eppure
confessandosi l'anima per conformarla ai ritmi
del pensiero nella sua nuda testa infinita,
il barbone matto e battito d'angelo nel Tempo, sconosciuto,
eppure mettendo giù qui quanto potrebbe rimanere da dire
nel tempo dopo la morte,
e sorse reincarnato nei panni spettrali del jazz nell'ombra
di corno dorato della banda e soffio' le
sofferenze d'amore della nuda mente dell'America in
un eli eli lamma lamma sabachtani grido di sassofono che
fece rabbrividire le città fino all'ultima radio
con il cuore assoluto del poema della vita macellato
dai loro stessi corpi buono da mangiare per mille
anni.



II

Quale sfinge di cemento e alluminio gli ha spaccato il cranio e ha mangiato
i loro cervelli e la loro immaginazione?
Moloch! Solitudine! Sporco! Bruttezza! Ashcan e dollari irraggiungibili!
Bambini urlanti sotto trombe delle scale! Ragazzi che gemono negli eserciti!
Vecchi che piangono nei parchi!
Moloch! Moloch! Incubo di Moloch! Moloch il senza amore! Moloch
Mentale! Moloch il grande giudicatore di uomini!
Moloch il carcere incomprensibile! Moloch prigione senz'anima ossa in croce
e Congresso di dolori! Moloch i cui edifici sono sentenze!
Moloch la vasta pietra della guerra! Moloch i governi
stupefatti!
Moloch la cui mente è puro meccanismo! Moloch il cui sangue è denaro
che corre! Moloch le cui dita sono dieci eserciti! Moloch il cui petto
è una dinamo cannibale! Moloch il cui orecchio è una tomba fumante!
Moloch i cui occhi sono mille finestre schermate! Moloch i cui grattacieli
si ergono nelle lunghe strade come innumerevoli Geova! Moloch le cui
fabbriche sognano e stridono nella nebbia! Moloch i cui fumaioli e
antenne coronano le città!
Moloch il cui amore è infinito olio e pietra! Moloch la cui anima è elettricità
e banche! Moloch la cui povertà è lo spettro del genio! Moloch
il cui destino è una nuvola di idrogeno asessuato! Moloch il cui nome è la
Mente!
Moloch nel quale siedo solitario! Moloch nel quale sogno Angeli! Pazzia nel
Moloch! Bocchinaro nel Moloch! Senzamore e senzauomo nel Moloch!
Moloch che è penetrato presto nella mia anima! Moloch nel quale sono coscienza
senza corpo! Moloch che mi ha terrorizzato via dalla mia estasi
naturale! Moloch che io abbandono! Svegliati Moloch! Luce che urla dal
cielo!
Moloch! Moloch! Appartamenti robot! sobborghi invisibili! tesori di sheletri!
capitali cieche! manifatture diaboliche! nazioni spettrali! manicomi
invincibili! cazzi di granito! bombe mostruose!
Si sono rotti la schiena per sollevare Moloch al Cielo! Pavimenti, alberi, radio,
tonnellate! sollevando la città al Cielo che esiste ed è dappertutto attorno
a noi!
Visioni! presagi! allucinazioni! miracoli! estasi! portati via dal fiume
americano!
Sogni! adorazioni! illuminazioni! religioni! l'intero bastimento di stronzate
emotive!
Cambiamenti radicali! al fiume! capriole e crocifissioni! via con la corrente!
Esaltazioni! Epifanie! Disperazioni! Suicidi e grida di animali di dieci
anni! Menti! Nuovi amori! Generazione ribelle! giù sugli scogli del
Tempo!
La benedetta risata autentica nel fiume! L'hanno vista tutti! gli occhi selvatici! le benedette grida!
Hanno dato l'addio! Sono saltati dal tetto! nella solitudine! facendo ciao!
portando fiori! Giù nel fiume! nella strada!


III

Carl Solomon! Sono con te a Rockland
dove sei più pazzo di me
Sono con te a Rockland
dove dovrai sentirti ben strano
Sono con te a Rockland
dove imiti l'ombra di mia madre
Sono con te a Rockland
dove hai assassinato le tue dodici segretarie
Sono con te a Rockland
dove ridi per questo umorismo invisibile
Sono con te a Rockland
dove siamo grandi scrittori sulla stessa orribile macchina da scrivere
Sono con te a Rockland
dove la tua condizione è diventata seria e lo riporta la radio
Sono con te a Rockland
dove le facoltà del cranio non tollerano più i vermi dei
sensi
Sono con te a Rockland
dove bevi il tè dal seno delle zitelle di Utica
Sono con te a Rockland
dove fai battute sul fisico delle tue infermiere le arpie del Bronx
Sono con te a Rockland
dove gridi in camicia di forza che stai perdendo la partita
dell'autentico pingpong degli abissi
Sono con te a Rockland
dove pesti sul pianoforte catatonico l'anima è innocente e
immortale non dovrebbe morire mai empiamente in un manicomio armato
Sono con te a Rockland
dove cinquanta altri shock non restituiranno mai più la tua anima al corpo
dal suo pellegrinaggio verso una croce nel nulla
Sono con te a Rockland
dove accusi i dottori di demenza e trami la rivoluzione
ebrea socialista contro il Golgota nazionale fascista
Sono con te a Rockland
dove separerai i cieli di Long Island e farai risorgere il tuo
vivente Gesù umano dalla tomba sovrumana
Sono con te a Rockland
dove ci sono venticinquemila compagni rabbiosi che cantano tutti assieme
le strofe finali dell'Internazionale
Sono con te a Rockland
dove abbracciamo e baciamo gli Stati Uniti sotto le lenzuola gli
Stati Uniti che tossisce tutta la notte e non ci lascia dormire
Sono con te a Rockland
dove ci svegliamo elettrificati dal coma per gli aeroplani delle
nostre anime che rombano sul tetto sono venuti a sganciare bombe angeliche
l'ospedale si illumina mura immaginarie franano O smunte legioni
correte fuori O scossa di grazia a stelle e strisce la guerra
eterna è giunta O vittoria lascia perdere le mutande siamo liberi
Sono con te a Rockland
nei miei sogni cammini gocciolando da un viaggio di mare sull'autostrada
attraverso l'America in lacrime verso la porta della mia villetta nella notte
dell'Occidente

 http://d.gr-assets.com/authors/1206649831p5/4261.jpg

domenica 2 novembre 2014

Pasolini. Il canto popolare


PPP, 5/3/1922 - 2/11/1975

Improvviso il mille novecento
cinquanta due passa sull'Italia:
solo il popolo ne ha un sentimento
vero: mai tolto al tempo, non l'abbaglia
la modernità, benché sempre il più
moderno sia esso, il popolo, spanto
in borghi, in rioni, con gioventù
sempre nuove - nuove al vecchio canto -
a ripetere ingenuo quello che fu.

Scotta il primo sole dolce dell'anno
sopra i portici delle cittadine
di provincia, sui paesi che sanno
ancora di nevi, sulle appenniniche
greggi: nelle vetrine dei capoluoghi
i nuovi colori delle tele, i nuovi
vestiti come in limpidi roghi
dicono quanto oggi si rinnovi
il mondo, che diverse gioie sfoghi...

Ah, noi che viviamo in una sola
generazione ogni generazione
vissuta qui, in queste terre ora
umiliate, non abbiamo nozione
vera di chi è partecipe alla storia
solo per orale, magica esperienza;
e vive puro, non oltre la memoria
della generazione in cui presenza
della vita è la sua vita perentoria.

Nella vita che è vita perché assunta
nella nostra ragione e costruita
per il nostro passaggio - e ora giunta
a essere altra, oltre il nostro accanito
difenderla - aspetta - cantando supino,
accampato nei nostri quartieri
a lui sconosciuti, e pronto fino
dalle più fresche e inanimate ère -
il popolo: muta in lui l'uomo il destino.

E se ci rivolgiamo a quel passato
ch'è nostro privilegio, altre fiumane
di popolo ecco cantare: recuperato
è il nostro moto fin dalle cristiane
origini, ma resta indietro, immobile,
quel canto. Si ripete uguale.
Nelle sere non più torce ma globi
di luce, e la periferia non pare
altra, non altri i ragazzi nuovi...

Tra gli orti cupi, al pigro solicello
Adalbertos komis kurtis!, i ragazzini
d'Ivrea gridano, e pei valloncelli
di Toscana, con strilli di rondinini:
Hor atorno fratt Helya! La santa
violenza sui rozzi cuori il clero
calca, rozzo, e li asserva a un'infanzia
feroce nel feudo provinciale l'Impero
da Iddio imposto: e il popolo canta.

Un grande concerto di scalpelli
sul Campidoglio, sul nuovo Appennino,
sui Comuni sbiancati dalle Alpi,
suona, giganteggiando il travertino
nel nuovo spazio in cui s'affranca
l'Uomo: e il manovale Dov'andastà
jersera... ripete con l'anima spanta
nel suo gotico mondo. Il mondo schiavitù
resta nel popolo. E il popolo canta.

Apprende il borghese nascente lo Ça ira,
e trepidi nel vento napoleonico,
all'Inno dell'Albero della Libertà,
tremano i nuovi colori delle nazioni.
Ma, cane affamato, difende il bracciante
i suoi padroni, ne canta la ferocia,
Guagliune 'e mala vita! in branchi
feroci. La libertà non ha voce
per il popolo cane. E il popolo canta.

Ragazzo del popolo che canti,
qui a Rebibbia sulla misera riva
dell'Aniene la nuova canzonetta, vanti
è vero, cantando, l'antica, la festiva
leggerezza dei semplici. Ma quale
dura certezza tu sollevi insieme
d'imminente riscossa, in mezzo a ignari
tuguri e grattacieli, allegro seme
in cuore al triste mondo popolare.

Nella tua incoscienza è la coscienza
che in te la storia vuole, questa storia
il cui Uomo non ha più che la violenza
delle memorie, non la libera memoria...
E ormai, forse, altra scelta non ha
che dare alla sua ansia di giustizia
la forza della tua felicità,
e alla luce di un tempo che inizia
la luce di chi è ciò che non sa.

sabato 1 novembre 2014

Spazio liscio, spazio striato

Quel che ci interessa nelle operazioni di striatura, di lisciatura sono i passaggi e le combinazioni. Come lo spazio continui ad essere striato sotto la pressione di forze che si esercitano in esso, ma anche come sviluppi altre forze e secerna nuovi spazi lisci attraverso la striatura. Anche la città più striata secerne spazi lisci. Abitare la città da nomade o da troglodita. A volte bastano dei movimenti, di velocità o di lentezza per rifare uno spazio liscio. Certo, gli spazi lisci non sono in sé liberatori. Ma in essi la lotta cambia, si sposta, e la vita ricostituisce le sue poste in gioco, affronta nuovi ostacoli, investe nuove andature, modifica gli avversari. Non credere mai che uno spazio liscio sia sufficiente per salvarci. (G. Deleuze - F. Guattari, Millepiani, brano finale).

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