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lunedì 8 febbraio 2010

ESSERE DI SINISTRA

Riceviamo da Franco Paolinelli e volentieri pubblichiamo:

LA DOMANDA DI SINISTRA E’ BASSA: ESSERE DI SINISTRA NON E’ FACILE
C’erano due motivi per essere di sinistra. Il primo era sindacale, di chi si organizzava per migliorare le condizioni del proprio contratto sociale. Il secondo era culturale, di chi cercava il benessere collettivo oltre gli interessi personali immediati. Intuivano le dinamiche evolutive e capivano la necessità, per non soccombere, di costruire equilibri sociali ed ambientali più avanzati rispetto a quelli immediati del mercato. Tanto più ampia era la visione, tanto più vasta l’inclusione.
Collateralmente si diceva di sinistra anche chi non sindacava e non capiva, ma percepiva che si portava, quindi si aggregava, spesso si mascherava e ci marciava. Il benessere era in crescita, il bilancio d’immagine dell’investimento nella solidarietà, nella rivoluzione o nella responsabilità di specie era positivo. Le nazioni dei poveri non facevano ancora paura. Oggi è più difficile.

E’ per lo più difficile per i nuovi cittadini venuti da altrove. Pregni di rabbia per le identità e gli status lasciati a casa, drammaticamente alla rincorsa dei modelli di consumo, ancora non sanno essere classe. Per sentirsi esistere e compensare il vuoto debbono lottare soli, con strategie di breve e spesso brevissimo respiro. Ancor più difficile è per quelli di loro che hanno raggiunto il successo, spesso con l’energia e la ferocia che solo il complesso d’inferiorità può dare.
E’ difficile per i tanti giovani che non sanno prendersi in carica, avere identità propria. Miti e modelli li inchiodano a prospettive fuori scala. Famiglia, sussidi, lavoretti permettono loro di continuare a giocare. Di promessa in promessa, di concorso in concorso, aspettano un padrone padre cui vendersi per una divisa attillata. Certo non hanno coscienza di classe.

E’ difficile per i molti occupati sicuri, nello Stato, negli Enti, nelle grandi imprese. Il loro interesse immediato è conservare le posizioni acquisite da padri e nonni, con le lotte e la solidarietà di ieri. Il piccolo benessere acquisito li allontana dalla coscienza di classe. Temono le insidie del nuovo, del diverso, ieri compagno, oggi nemico.
E’ difficile per i tanti anziani e pensionati dello squilibrio demografico, anche per quelli che ancora oggi si cingono di fazzoletti rossi. Hanno tutti paura, di non farcela, di dover rinunciare al piccolo status acquisito, di rimanere soli, di non capire più dove sono. La speranza del mondo migliore l’hanno lasciata nelle marce di ieri.
E’ difficile per quadri, imprenditori, commercianti, docenti, intellettuali, artisti, specialisti, professionisti….. La fase regressiva in atto ne spinge molti a difendere il proprio orticello, ad affidarsi al potere forte. Le risorse da investire nel buono e nel bello sono sempre meno, il risultato di status è dubbio, la confusione dei valori è tanta. I loro dipendenti rischiano, quindi tacciono.
E’ difficile per i politici. Sia per quelli veri, frenati in tutto dall’inerzia di colonnelli, tenenti e caporali, impegnati costantemente a conservare potere e privilegi, ad ottenere il massimo facendo il minimo. Sia per quelli finti, autoreferenziali, ormai schiavi delle clientele, costretti per sopravvivere, ad inseguire anche le più meschine.

Date le difficoltà elencate è comprensibile che quelli che ci riescono, che hanno comunque investito nel futuro, nella capacità dell’umanità di organizzarsi e governarsi, che la paura non ha accecato, che la meschinità non ha scoraggiato, non siano maggioranza. Anzi, considerando anche gli errori e la cecità dei leaders, il loro numero è sorprendente. Potranno finalmente riconoscersi, liberi dall’ambiguità delle cordate, dei salotti, delle anticamere.
Per costruire la sostenibilità dovranno lavorare anche per gli altri, è comunque nel loro ethos. L’alternativa al farlo ed in tempi brevi, come molti hanno già capito, non c’è.
4-2008 Franco Paolinelli