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martedì 28 maggio 2013

L'utopia religiosa di Tartaglia e Capitini



 Pubblichiamo un estratto dell'articolo di Paolo Allegrezza, uscito nel numero maggio/13 di Mondoperaio.

Uno dei capitoli meno indagati della biografia di Aldo Capitini, riguarda il rapporto con Ferdinando Tartaglia. Alla loro amicizia si deve, nel '46, la nascita del Movimento di religione, l'esperienza più radicale e ambiziosa scaturita dal fermento rinnovatore dell'immediato dopoguerra. Il movimento scaturiva dal tentativo di promuovere nell'Italia del dopoguerra una riforma religiosa in grado di superare la realtà nella sua dimensione politica, sociale, culturale e, soprattutto, spirituale. Non un ritorno al cristianesimo delle origini, ma il superamento della religione come era stata concepita fino ad allora. Fu una scommessa ardita, al limite dell'impossibile, conclusa con l'uscita dal movimento dello stesso Tartaglia nel '49 e segnata lungo tutto il suo percorso dall'inevitabile isolamento che non poteva non segnare una proposta del genere negli anni della guerra fredda. Da una parte il trionfo delle ideologie, dall'altra Capitini, Tartaglia e un piccolo gruppo di accoliti con il loro sogno di una nuova religione. A dividerli vi erano profonde differenze di formazione ed esperienza. Da una parte Capitini, immerso in quegli anni e sempre più in futuro in un'attività multiforme che non si esauriva nell'impegno religioso, ma si estendeva al pacifismo, alla lotta per l'obiezione di coscienza al servizio militare, alla predicazione non violenta, all'impegno in favore della scuola pubblica. Dall'altra Tartaglia, ex sacerdote colpito da scomunica nel '46, teorico della “realtà nuova”, un'idea di trasmutazione (una delle sue parole-chiave) dell'esistente. Negando l'impegno attivo in politica, in una sorta di temeraria ricerca di un approdo fuori della tradizione. In questa sede non interessa raccontare la storia di Tartaglia o del Mdr, quanto ricostruire il dialogo tra due intellettuali decisamente “irregolari”: estranei entrambi all'inserimento nella schiera, piuttosto affollata nel corso del '900, della dissidenza cristiana o della militanza nel campo della sinistra.
La prima lettera di Tartaglia a Capitini è del dicembre '44. Contiene l'invito ad intervenire ad un incontro tra sacerdoti e laici sui temi del rinnovamento spirituale; Tartaglia,a quella data ancora sacerdote a Roma, proponeva al suo interlocutore di dirigere la discussione (F.C., lettera del 26/12/44). Trai due vi erano 17 anni di differenza. Tartaglia, un sacerdote non ancora trentenne già in odore di eresia, il filosofo perugino noto, oltre che per la sua attività antifascista, per essere l'autore di un libro fortunato che aveva avuto prima della guerra ampia circolazione, soprattutto in ambienti cattolici (“Elementi di un'esperienza religiosa”).
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