azine Materiali Magazine Materiali Magazine Materiali Magazine Materiali Mag

martedì 21 agosto 2012

Leggendo Infinite jest

Forse David Foster Wallace, prima di morire suicida nel 2008,  aveva trovato la chiave per raccontare il futuro - presente che ci aspetta. Lo ha fatto con Infinite jest, il romanzo uscito nel '96 e considerato ormai una delle opere fondamentali di questa nostra età liquida. La storia ruota intorno al tema della dipendenza, sviluppato dentro due luoghi claustrofobici: l'accademia di tennis Enfield e la Casa di recupero Ennet. Individui inebetiti dalle droghe e dalla perdita di senso, immersi in un mondo in cui neanche il calendario è sottratto allo strapotere delle corporations, si aggirano in un nord america sommerso dai rifiuti (ribattezzato ONAN) e per questo assorbito dal Canada. DFW lavora per accumulazione di materiali narrativi segnati dal costante ricorso alla digressione, secondo una modalità che ricorda Joyce. Anche questa volta, come nel primo '900, il romanzo ha colto potentemente la realtà nelle sue pieghe più profonde ed è riuscito a mostrarcela? Come Proust, Svevo, Kafka, Musil, i grandi che ci  svelarono la perdita del baricentro, il nuovo orizzonte obliquo e relativo nel quale avremmo dovuto imparare a muoverci. E l'importanza della malattia, si pensi alla sua centralità nella Recherche, per capire il rapporto tra il soggetto e il mondo. Se è così, se il tema della dipendenza e quello conseguente della etero direzione sono la cifra dell'oggi, allora il romanzo di DFW ci può aiutatre a demistificare il reale. Come sa fare la grande letteratura. Cominciando dalla messa in discussione, tema caro a DFW, dello strapotere dei saperi specialistici che ingabbiano il reale. E da lì partire, rimettere in campo una qualche ipotesi di liberazione che non può coincidere certo con gli scenari descritti dai vari revival filosofici anti capitalistici sostenuti dalle periodiche ondate dei  movimenti. Piuttosto riposizionarsi e ripartire da una scala ridotta, fondata sulla foucoultiana cura di sé e su una costante, inesausta pratica libertaria. Sulle nostre menti e sui nostri corpi. Perché se il futuro è quello immaginato da Infinite jest, allora è proprio della libertà che occorre occuparci.