Avevamo sperato che il nuovo corso de l'Unità potesse affrancare il giornale fondato da Antonio Gramsci dal logoro conservatorismo dell'era Concita. Che nulla aveva fruttato in termini di copie vendute, considerando che certi temi li tratta molto meglio Il Fatto. Purtroppo non è così. Il paginone anti privatizzazioni di oggi, ispirato al solito scenario fosco pieno di capitalisti rapaci pronti a mettere le mani sui servizi pubblici locali, ne è la prova. L'importante è salvarele municipalizzate mantenendole in mano pubblica. Peccato che il referendum di giugno sull'acqua si è limitato ad abrogare solo l'obbligo della gara, mentre nulla ha deciso nè poteva decidere sulla possibilità di inserire meccanismi di concorrrenza nella gestione dei pubblici servizi locali. Insomma, meglio tenere alta la bandierina ideologica del pubblico a tutti i costi che fare un ragionamento serio sull'efficienza dei servizi e sui costi indiretti sui cittadini.
sabato 27 agosto 2011
giovedì 25 agosto 2011
DSK: maschio alfa colpevole
lunedì 22 agosto 2011
Quale GMG ?
Tenuto conto delle polemiche che tale raduno ha scatenato fra gli “indignados” di Madrid, (i quali hanno criticato tanto gli elevati costi organizzativi sostenuti per l’occasione, quanto il presunto eccesso di deferenza riservato da Zapatero al pontefice), c’è da chiedersi se non vada cambiato qualcosa nell’impostazione e nello spirito dell’evento.
Forse sarebbe utile per il futuro aggiungere all’acronimo GMG una “C” finale, per render chiaro che – pur nella sua apprezzabilità – una simile iniziativa non può arrogarsi il diritto di definirsi tout court “Giornata Mondiale della Gioventù” se non limitatamente alla porzione sedicente “cattolica”, la sola che in essa possa riconoscersi. E anche così, a ben guardare, essa non rispecchierebbe la totalità dei giovani cattolici: non tutti infatti avrebbero considerato imperdibile l’esperienza del sorteggio per “vincere” il privilegio di confessarsi col Papa in un inquietante cubicolo bianco. Almeno qualcuno avrà pensato che se il confessore e il penitente si fossero seduti l’uno accanto all’altro su due semplici sedie, sarebbe stato un segno ben più efficace e umanizzante.
Se mai si volesse imprimere una svolta a questo tipo di raduno, sarebbe auspicabile renderlo un’autentica “Giornata mondiale della gioventù”, creando spazi di incontro e confronto su temi di comune interesse fra i giovani del mondo (a prescindere dalle rispettive diversità culturali, religiose, sociali e ideologiche), in cui la proposta cristiana potrà ancora validamente interpellare le persone a patto che rinunci a qualsiasi tentazione auto-celebrativa e auto-referenziale.
DaS
La globalizzazione non fa sconti
mercoledì 17 agosto 2011
Il sogno del riformista
lunedì 8 agosto 2011
Paola Concia, la sua compagna e l'Avvenire
mercoledì 3 agosto 2011
Scene di quotidiano populismo
martedì 2 agosto 2011
Abravanel: parti uguali tra disuguali ?
sabato 30 luglio 2011
La verginità di Bindi e Vendola
giovedì 28 luglio 2011
Grandi alleanze contro i populismi
lunedì 25 luglio 2011
Per gli Usa il problema non è il debito
mercoledì 20 luglio 2011
Dalla ricerca alla politica. Come fare ?
domenica 17 luglio 2011
Non c'è nessuno spettro in giro per l'Europa
I conti tornano sempre ?
martedì 12 luglio 2011
L'alternativa non è tra Blair e Jospin
giovedì 7 luglio 2011
A volte tornano: referendum elettorali
lunedì 4 luglio 2011
Strauss - Khan e i modelli giudiziari
venerdì 1 luglio 2011
Il PD tra sogni possibili e non
martedì 28 giugno 2011
Come restituire il futuro
Il quadro che emerge dal sondaggio dell'associazione "Comunicazione perbene" sulle aspettative dei ventenni è a dir poco preoccupante.
(Leggi , su "Repubblica" , i risultati del sondaggio).
Mentre in tavoli notturni ci si affanna a turare le falle del consenso tra adulti e anziani con manovre per ora molto sulla carta, molti giovani fuggono anche dalla politica; e resta il problema di formare classi dirigenti, cittadini, operai, intellettuali, ricercatori, artigiani, per il futuro.
La confusione non può essere l'unica prospettiva; un ritorno di fiamma di autoritarismo non può essere una cura efficace.
domenica 26 giugno 2011
Siamo fuori dal tunnel populista ?
mercoledì 22 giugno 2011
Gli amici di Bagnasco
domenica 19 giugno 2011
Il Pd sta con Draghi o con i socialisti europei ?
Rimane solo un "piccolo" problema all'orizzonte del Pd che prima o poi andrà sciolto. Attestarsi nella difesa del Draghi's consensus, con tutto il corollario che ne consegue, oppure impegnarsi in una strategia anti Bce in nome degli investimenti pubblici e, aggiungiamo noi, di vecchio, caro tassa e spendi ? In questa direzione va il recente appello dei socialisti europei firmato, tra gli altri, da Bersani e D'Alema, ma certo non condiviso da chi, come Enrico Letta, dichiara di concordare senza riserve con l'analisi dell'ormai ex n. 1 di Banca d'Italia.
l'articolo di reichlin
l'appello dei socialisti europei
giovedì 16 giugno 2011
Il Polo della Responsabilità
Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio-economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che cresca l’età media della popolazione, aumentino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di sicurezza e di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione.
Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue le illusioni di status.
Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello antipatico, alla riunione condominiale.
Franco Paolinelli
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martedì 14 giugno 2011
RITARDO CULTURALE ITALIANO, PAURA E CONSAPEVOLEZZA. LA DINAMICA IDEALE
In un momento magico qualcuno vede qualcosa con una nuova angolazione, coglie un nuovo aspetto della realtà, associa qualche elemento in un modo nuovo e pensa che le cose in un qualche settore potrebbero andare, essere fatte, in un altro modo, possibilmente più utile per se e per il percorso di sviluppo dell’umanità.
A quel punto è nato il seme -idea e se è buona quando viene comunicata germina. Se trova un terreno fertile, ovvero una comunità sufficientemente positiva, inizia a svilupparsi e poi cresce per diventare un grande albero di scienza, tecnica, cultura, organizzazione, economia.
Il terreno delle idee è, infatti, la società umana ed il suo humus sono la serenità e l’entusiasmo che permettono a quella data società di accogliere con coraggio le nuove idee, investire in esse e distribuirne equamente le ricadute positive.
Quindi, perché il seme - idea germini ed il suo albero si sviluppi deve poter mettere radici in una comunità accogliente.
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Offendi la Camusso? Allora fuori dalla Cgil
La cronaca di repubblica.
sabato 11 giugno 2011
Mezzo pollo a testa
Una prima morale è che davvero è necessario mettersi a studiare un po' di statistica per imparare a leggere bene i dati. Altrimenti si rischia di essere superficialmente irretiti dalla macchietta, come nella vecchia storiella del mezzo pollo a testa: vogliono convincerti che va bene così, peccato che tu digiuni mentre l'altro si sbafa un pollo tutto intero...
Alcune considerazioni:
1) Tra i dipendenti pubblici rientrano manager, consiglieri e consulenti strapagati, spesso imposti dai politici di turno.
2) Nel settore - paradigmatico - dell'istruzione le retribuzioni crescono meno della metà che in quello dei servizi domestici!
3) Dati fuorvianti vengono diffusi spesso per precedere vessazioni (o peggio) di minoranze o categorie su cui attirare lo sdegno popolare. Quali purghe governative sono al varco per il settore pubblico ?
venerdì 10 giugno 2011
La politica degli annunci
L'ultima di una serie di proclami: scosse all'economia divulgate attraverso i media, opere pubbliche mai rese operative salvo quelle che rientrano nelle varie emergenze (e finiscono per costare molto di più), riduzione delle tasse.
Intanto il nostro PIL continua ad agonizzare, mentre Germania e Francia tirano la ripresa europea e i paesi asiatici ci superano lasciandoci al palo.
(Leggi i dati dal Sole24ore)
Per ricordare la serie degli effetti annuncio passati e presenti proponiamo ancora due link, entrambi da "La Repubblica":
- commento di M.Giannini del 9 aprile
- reportage sul CdM di ieri .
Continua così la divaricazione destabilizzante tra riformismo mediatico di facciata e riforme realizzate da un governo in una democrazia rappresentativa.
martedì 7 giugno 2011
Sinistra e lucida follia ?
Trappeto,
Caro Aldo sarebbe cosa bellissima che ai primi di settembre tu potessi tenere qui un seminario su Gandhi. Non solo ci saranno molti nostri amici ma alcune centinaia di pescatori e vaccari, braccianti. Si potrebbero far stampare pagine di Gandhi, ecc. Oppure potresti parlare di San Francesco e di Gandhi. Inutile dirti che preziosissimo "pubblico" c'è (...) Io da domenica prossima andrò a pescare per due mesi: fin che non potrà esserci altra fonte immediata di vita, per questi pescatori, per quanto mi ripugni voglio essere......loro complice.
Tuo in Dio
Danilo
sabato 4 giugno 2011
La repressione al tempo di Wojtyla
giovedì 2 giugno 2011
Innamorati dell'Islam. Un'esperienza monastica nel deserto
A corredo del post sul sacerdozio femminile, la vicenda di una comunità religiosa ispirata alla condivisione raccontata dal suo fondatore in una recente puntata di "Uomini e profeti" (Radio 3).
ascolta la puntata di Uomini e profeti.
mercoledì 1 giugno 2011
Infallibilità maschile e assolutismo
Intanto si compie un'altra condanna senza processo: il vescovo della diocesi australiana di Toowoomba, mons. William Morris, che nel 2006 aveva espresso opinioni favorevoli al sacerdozio femminile, è stato allontanato dal suo incarico dopo un'ispezione vaticana durata ben 5 anni. (Per la notizia dettagliata vedere su noisiamochiesa.it ).
Ci si potrebbe chiedere: basteranno le epurazioni passate presenti e future per inibire definitivamente il dialogo ed eventualmente il dissenso?
lunedì 30 maggio 2011
Nucleare no grazie, e poi?
Sempre se in troppi non saranno ancora costretti a cercare lavoro e riconoscimento all'estero... Per approfondire ad esempio pro e contro del nucleare di quarta generazione segnalo, da un sito volutamente non super partes (ecologiae.com):
Approfondimento sul nucleare di quarta generazione
sabato 28 maggio 2011
L'assenza di una "vera" sinistra radicale
Vendola, da parte sua, alterna l'evocazione dell'"altrove" alla pratica stanziale del governo e del rito televisivo. Riteniamo che sia questo corto pensiero, questa mancanza di "nomadismo" nel senso deleuziano, a rendere ininfluente la sinistra che rifiuta la prospettiva riformista. Sinistra di cui vi sarebbe, invece, bisogno.
Seguono due video: Gilles Deleuze e il suo abdecedario, Giorgio Agamben su Guantanamo.
domenica 22 maggio 2011
Pantheon dei riformisti: Danilo Dolci
martedì 17 maggio 2011
Capitini: per un pantheon della sinistra riformista
Pubblichiamo il testo della lettera di religione n. 19 scritta da Aldo Capitini nel 1953, nella quale il filosofo umbro parla della possibilità di una nuova religione che promuova la liberazione integrale dell'essere. Parole che sembrano provenire da altri mondi, tuttavia ci ostiniamo a ritenerle tutt'altro che estranee alla costruzione di un'identità riformista.
Caduta del mondo religioso impostato sulla tradizione. Perché si è visto che l'istituzione ecclesiastica pretende di avere un'autorità assoluta per imporre credenze che molte volte sono leggende (per es. l'ascensione di Gesù) e dogmi (per es. l'assunzione di Maria) e comandi (per es. di votare per i partiti dei conservatori e dei capitalisti) che sono inaccettabili.
Anche Roma antica, anche il paganesimo aveva una tradizione; la verità religiosa può essere diversa dalla tradizione; anzi molte volte la tradizione e il passato sono cose da superare in nome di esigenze più profonde.
Sviluppo moderno della comunanza, dell'attività, dell'apertura. Per sottrarsi all'assolutismo il mondo moderno ha sviluppato i principi della tolleranza religiosa, della comunanza fra tutti gli uomini e del valore della coscienza morale indipendentemente dalle credenze religiose e dai sacramenti, ha favorito l'attività, l'esperienza, la libertà di produzione e di critica, come elementi fondamentali della formazione dell'uomo e della sua vita attuale, che riceve il passato ma non autoritariamente, perché vi sceglie solo ciò che la coscienza può accettare.
Questo senso moderno si diffonde oggi a tutto il mondo, contro i pregiudizi e i privilegi.
Il problema oggi è di portare questo a punti più profondi, religiosi. Il mondo moderno rischia di superficializzare, di esaltare la "vita", di perdere il senso drammatico della liberazione dell'uomo dai limiti del dolore, del peccato, della morte, di fare riforme sociali senza un'interiorità rinnovata veramente.
Tanto è vero che continuano le religioni tradizionali, pur con i difetti detti sopra.
Segno che qualche cosa manca al mondo moderno, se non riesce a liberarsi del tutto dalle vecchie forme religiose.
Il senso profetico della religione aspira alla liberazione. Nella vita religiosa i sacerdoti difendono un'istituzione tradizionale, un ordine e oggetti che dicono sacri; i profeti, gli eretici, i liberatori sono staccati dalle istituzioni, sollecitano alla liberazione dai limiti del dolore, del peccato, della morte nella viva coscienza del bene e del male e non in oggetti miracolosi: sono minoranze, e molte volte testimoniano col martirio.
Per andare oltre il mondo tradizionale e il mondo moderno, bisogna ravvivare la posizione profetica a preferenza di quella sacerdotale (che si appoggia all'istituzione, difende la conservazione e educa al conformismo).
La religione è dissenso con il mondo com'esso è. La vita religiosa perde il suo senso essenziale se accetta l'umanità, la società, la realtà com'esse sono.
La religione è intimo travaglio, malinconia, protesta, dissenso, dramma, e le forme piú serie in cui essa si è espressa, come la rinuncia, l'invocazione, la preghiera, la speranza, sono segni di questo.
La religione non può accettare la realtà che dà tanti colpi agli innocenti, ai giusti; non può accettare le strutture attuali della società, e piú o meno deve stare sempre all'opposizione, e non ha a che fare nulla con incoronazioni regali e concordati statali, non può accettare il nostro essere stesso con tutti i nostri umani difetti e limiti e ridicolaggini e miserie, né può santificare il nostro passato cosí insufficiente, né eternare i fatti, gli eventi, le azioni.
Anche le rinunce hanno un significato in religione, quello di non far la pace coi mondo com'è, di voler mantenere il dislivello tra il mondo com'è' e il mondo come deve essere, liberato dal male, dalle chiusure: questo dislivello significa che uno soffre perché l'uomo è colpito dal mondo, perché i vivi usurpano il posto che tenevano i morti, molte volte migliori, perché la realtà finora è fatta in modo che tanti esseri viventi vivono per la morte di altri.
Ma, insieme con questo, c'è nella religione la certezza della liberazione, la profonda persuasione che il mondo, il tempo, lo spazio, la realtà com'è con le sue leggi e il dolore sono limitati, cioè hanno una fine davanti ad una realtà liberata, a Dio; e chi sente questo, conforta la tristezza del mondo, con la Presenza superiore, già coglie la Festa e ne ha scoperto il rasserenamento, pagato con il travaglio del dissenso col mondo al punto di partenza.
In questo senso la vita religiosa (sentendo profondamente questo travaglio, e perciò scorgendo il limite del mondo e la sua liberazione) vive in sé stessa la suprema protezione, difesa, fonte di intrepidezza, di forza di tirare avanti, piú che da ogni altra cosa nel mondo.
La religione vuol portare tutti alla liberazione. Cosí il termine "apertura" acquista un valore piú profondo di quello moderno e laico di tolleranza e di dialogo.
Significa: nel dissenso col mondo e nell'intravedere la liberazione, portare tutti alla realtà liberata.
Tutti è la grande realtà da tener presente.
E' piú che la riunione di coloro che credono in un determinato Dio o in una determinata salvazione, di coloro che fruiscono di certi sacramenti, o agiscono in un certo modo, e perciò sono salvati e separati da altri.
Tutti comprende veramente tutti gli esseri, nessuno escluso e per nessuna ragione; e tutti arriveranno alla liberazione, senza nessuno che vada all'Inferno, dove i beati guardino godendo a quelle sofferenze perché sono la prova della giustizia di Dio (come dice San Tommaso, piú conformista all'ordine dell'impero che lui dice divino, che sensibile alla presenza dei singoli esseri e alla loro finale liberazione).
Nella religione tradizionale uno credeva di salvarsi per suo conto, nello stesso modo che si faceva una proprietà privata per suo conto.
Tutti, invece, arriveranno alla liberazione, e noi sentendo per amore nel tu che ognuno è piú delle sue azioni, dei suoi fatti (che finiscono mentre lui è destinato all'eterno), già poniamo le premesse per il superamento della credenza in un Giudizio che condanni alcuni a un dolore senza che questo dia liberazione. (Cosa da non attribuire a Dio, perché sarebbe crudeltà somma in un uomo).
Apertura a tutti da un alto livello. Ecco, dunque, il metodo attuale religioso: dal punto della vita piú tesa del valore, dell'interiorità, di tutto ciò che si reputa alto, apertura a comprenderci tutti, e non restare lí chiusi, in un rapporto privato tra l'individuo e Dio.
Se c'è questa chiusura, allora anche la preghiera non è veramente religiosa, e diventa personalismo e gusto di sequestrare Dio per le proprie faccende.
Allora può anche esser meglio non pregare, se non c'è nello stesso tempo l'apertura a chiamare tutti in quella Presenza.
Il valore aperto alla compresenza di tutti. Con questo metodo religioso, noi sentiamo che tutto ciò che che facciamo o conosciamo di valore (atto di bellezza, di bontà, di verità, di onestà ecc.) si realizza con l'aiuto intimo di tutti, vivi e morti, vicini e lontani, e anche infermi, esauriti, distrutti.
Non è cosa individuale, ma corale.
Abituarsi a sentire cosí, è mettersi nella vera vita religiosa.
Tutti possono essere Gesù Cristo. Riconosciuto che i due elementi essenziali di Gesú Cristo sono, tralasciando ciò che è contingente, storico, della tradizione o mentalità di allora:
1. passione-crocifissione nel mondo; 2. fare aperto, amando ognuno, perdonando infinitamente;
tutti possono seriamente viverli e moltiplicarli; mettendo fine alla chiusura idolatrica, autoritaria, regale di Gesú Cristo, che va contro lo stesso Gesú Cristo, che diceva. ciò che farete agli affamati, ai sofferenti, ai miseri, ai bambini, è come lo faceste a me; cioè già egli voleva che si realizzasse la moltiplicazione cogliendola noi in tutti.
Tutto, diventare di tutti. Anche per ciò che riguarda i beni del mondo, oltre che i valori, può applicarsi lo stesso principio religioso.
Il punto di arrivo è che la proprietà di tutto sia di tutti, cosí come tutti abbiano la libertà.
Il nostro lavoro fin da ora è di non sentirei proprietari, e riconoscere che ciò che noi abbiamo o ci procuriamo è semplice mezzo per incamminarci meglio in una vita religiosa.
Avremo cura di evitare sempre l'oppressione e lo sfruttamento, e di promuovere senza interruzione la libertà e l'uso dei beni della vita per tutti.
Siccome non potremo dare questi anche ai morti (che pur meriterebbero per l'aiuto che ci dànno), li daremo, con maggiore entusiasmo che agli altri, a coloro che assomigliano ai morti, e cioè agli sfiniti, diminuiti, pallidi, silenziosi.
Nel tu si coglie l'inizio della liberazione.Se questa è la religione, se queste idee si trova che soddisfano profonde esigenze nelle difficoltà di oggi di un'apertura religiosa mondiale, se uno le considera seriamente (come pregando, come confessandosi, come umiliandosi e sperando), nell'incontro che facciamo, nel tu che diciamo, nel primo saluto a un essere che nasce alla vita, noi vediamo un inizio della realtà liberata.
Aldo Capitini
Perugia, 20 giugno 1953
sabato 14 maggio 2011
Dalla paura al Polo della Responsabilità
Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio-economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che cresca l’età media della popolazione, aumentino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di sicurezza e di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione.
Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue le illusioni di status.
Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello antipatico, alla riunione condominiale……
Questo stato d’animo, privo di fiducia, speranza o fede in un futuro migliore porta a scegliere politicamente chi propone il no, la chiusura, il rifiuto di un progetto sociale che vada oltre il proprio microcosmo.
Costoro, nella difficoltà di percepire la portata delle trasformazioni in atto, vedono le Istituzioni, le componenti della società civile che, bene o male, cercano di gestire i difficili processi in atto come nemiche.
Non ne colgono, dove c’è, il senso di responsabilità, quasi che fosse il loro impegno a determinare l’immigrazione, i limiti ambientali, il deficit cui fare fronte con tasse o tagli…..
Quindi, politicamente, oltre al no scelgono chi irride i portatori di responsabilità, chi si fa un baffo del rigore e delle norme civili.
Esaltano, infatti, il modello dell’io prima degli altri, dell’interesse personale come unica risposta alle difficoltà della comunità.
Il codice del Polo della Responsabilità dovrebbe essere alternativo a tutto ciò. Il suo cuore dovrebbe, infatti, essere nell’intuire le dinamiche di scala superiore e nel partecipare all’edificazione dell’assetto sociale possibile, quindi, nel saper vedere le esigenze della comunità oltre quelle individuali.
Quanto detto dovrebbe spingere i portatori di responsabilità, quale che sia il loro partito politico di riferimento, a porsi in un’ottica di guida dei processi alternativa alla paura, al rancore, al prelievo od al danno ambientale come forma di compensazione o vendetta dello spaesamento.
Ma, vivere questa consapevolezza e non lasciarsi trascinare dalla paura non è facile. Persistere in un atteggiamento di fiducia e responsabilità, quale che sia la propria posizione, nelle Istituzioni, nelle Imprese o nelle Professioni, quindi, tenere le maglie della comunità, assorbendo gli stress dati dai problemi esistenti e dalle reazioni alla paura dei problemi stessi non è da tutti.
Infatti, la scala e l’idea stessa di assetto sociale possibile non sono ancora evidenti. La società utopica è difficile da immaginare, non è affatto chiara la sua fisionomia tecnologica, culturale, sociale e politica.
Inoltre, mentre l’assetto possibile e necessario è globale, l’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è ancora frammentato nelle molteplici realtà locali, la scala della lotta politica è ancora nazionale.
Peraltro, a questa scala molte delle realtà sociali la cui inclusione era il fine dei progressisti di ieri, oggi difendono interessi costituiti e questo chiedono di fare ai loro rappresentanti.
Le loro organizzazioni tradizionali ed i loro leaders si trovano, quindi, nella condizione contraddittoria di richiamarsi a valori progressisti e difendere al contempo interessi consolidati e spesso corporativi.
Gli interessi d’inclusione dovrebbero essere espressi da immigrati, ma le capacità di dialogo tra questi e le forze politiche è ancora molto scarsa.
Quindi, non è facile avere la lungimiranza necessaria a vedere l’evolvere fisiologico del processo di costruzione dell’assetto possibile. Non è facile mettere in atto la tenacia necessaria a sopportarne i tempi, conservando l’impegno della sua edificazione.
Coerentemente, l’immagine del progressista responsabile non va di moda quanto è andata in decenni addietro, non interessa chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono perlomeno un profitto d’identità, quindi, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica.
In altre parole, oggi, la responsabilità non è da tutti.
Andrebbe, quindi, esplicitato come abbia ben ALTRO STATUS, chi riesce, comunque a metterla in atto ed accettarne consapevolmente il carico, nelle Istituzioni, nelle Imprese, nella Società Civile, rispetto a chi si lascia dominare dalla paura ed a chi persegue, opportunisticamente e spesso vigliaccamente, il solo, brevi mirante, interesse personale.
I primi, infatti, sono chiamati a farsi carico dei problemi vissuti e determinati dai secondi e dentro o fuori dalla politica, meglio o peggio, lo fanno perché è nel loro codice bio-culturale farlo.
Sarebbe, quindi, giusto e necessario promuovere la consapevolezza della qualità del loro impegno e delle difficoltà che vivono, perché solo da questo dato può partire un aumento dell’efficienza della loro azione.
Evidenziare le condizioni attuali e diffondere la consapevolezza delle oggettive difficoltà esistenti potrà, inoltre, contribuire a costruire l’immagine di chi si presta al compito e delle relative organizzazioni. Potrà appagarne l’ego, comunque bisognoso di conferme.
Peraltro, sarà solo la sicurezza pacata e lungimirante dei pochi pensanti ad attrarre i molti che cercano un modello da imitare. Sarà la loro superiorità intellettuale e morale a catalizzare il consenso necessario a costruire la società possibile. Poiché il Governo, quando c’è e dove c’è, è sempre espressione dei “migliori”, non interessati al profitto meschino, ma capaci di visioni di lungo respiro.
Certamente, non sarà la rissa isterica, ne la sola denuncia delle schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti politici che potrà riportare attenzione alla Responsabilità ed ai suoi valori.
Detto ciò è evidente come denunciare la grettezza del contro, le malefatte dei profittatori o le sconcerie del Re, sempre più nudo, non porta chi vive nella paura a scegliere la costruzione della comunità.
Anzi, produce altro stress, altra ostilità e conferma le scelte del no, alimenta i modelli della chiusura e dell’interesse individuale.
Avviare, invece, il processo di acquisizione di consapevolezza, evidenziare lo STATUS dei portatori di responsabilità, darà le basi perché chi ha questa forza e queste caratteristiche accolga e sposi il progetto necessario per costruire la società possibile.
L’uomo, o la donna, giusti, arriveranno solo quando questa consapevolezza si sarà diffusa.
F.P.
martedì 10 maggio 2011
Il paese tribale
In un momento magico qualcuno vede qualcosa con una nuova angolazione, coglie un nuovo aspetto della realtà, associa qualche elemento in un modo nuovo e pensa che le cose in un qualche settore potrebbero andare, essere fatte, in un altro modo, possibilmente più utile per se e per lo sviluppo dell’umanità.
A quel punto è nata l’idea e se è buona quando viene comunicata, come un seme, germina. Se trova un terreno fertile inizia a svilupparsi e poi cresce per diventare, eventualmente, un grande albero di scienza, tecnica, cultura, organizzazione, economia.
Il terreno delle idee è, infatti, la società umana ed il suo humus sono la serenità e l’entusiasmo che permettono a quella data società di accogliere con coraggio le nuove idee, investire in esse e distribuirne equamente le ricadute positive.
Franco Paolinelli
(continua.)
sabato 7 maggio 2011
Acqua pubblica o privata: un falso problema
1)I promotori pensano ad una gestione dei servizi pubblici completamente pubblica e, soprattutto, sottratta alla concorrenza. Il che vuol dire niente gare. Si tratta della cosiddetta gestione in house.
Le municipalizzate come le abbiamo conosciute nel '900 non esistono più, essendo state sostituite da società per azioni di cui i comuni detengono solo delle quote. Inoltre, l'idea di rinunciare ad un ritorno dell'investimento del capitale investito non si capisce come possa essere fatta propria da soggetti, quali le municipalizzate, che agiscono in regime di diritto privato.
2) I promotori denunciano la cosiddetta privatizzazione dell'acqua, un bene pubblico che cadrebbe così nelle mani dell'affarismo dei privati.
In realtà la proprietà della rete rimarrebbe pubblica, ad essere sottoposto a regime di concorrenza sarebbe il solo servizio. Sul quale, come avviene in altri settori, vigilerebbe un' authority. E' vero che al momento non ve n'è traccia e la responsabilità è tutta del governo. Ma perché rinunciare a priori all'idea di un'agenzia che vigili in modo efficace ?
3) I referendari propongono un sistema di finanziamento del servizio in base ad una tassa e non una tariffa. Pagando sulla scorta del reddito e non del consumo.
E' una proposta in contrasto con l'esigenza di risparmio idrico che potrebbe essere, invece, raggiunta con una tariffazione apposita che lo incoraggi.
mercoledì 4 maggio 2011
Wojtila: materiali (contro) informativi
Storia di una repressione
lunedì 2 maggio 2011
La svolta necessaria
Per un approfondimento si consiglia la lettura integrale del documento pubblicato su www.sueddeutsche.de e tradotto da finesettimana.org
Intanto le comunità di base fiorentine dopo il convegno del maggio 2009 "Il vangelo che abbiamo ricevuto" hanno continuato a riunirsi ancora a febbraio 2010 e con il recente appello Per interrompere il silenzio propongono un nuovo incontro pubblico per il prossimo 30 maggio.
Due dubbi:
- la discussione sembra appena iniziata, riuscirà a "finire"?
- la grande maggioranza dei cristiani è interessata al dialogo?
Il dibattito è aperto.
sabato 30 aprile 2011
Su Wojtyla servono voci dissonanti
Le parole di Hans Kung in questo video, sono da questo punto di vista motivo di sprone e speranza.
martedì 26 aprile 2011
Binni politico
mercoledì 20 aprile 2011
Voto e paura. Per la sinistra
Un intervento di Franco Paolinelli sulla necessità per la sinistra di rappresentare un nuovo status. Che i riformisti non possano ignorare l'antropologia, appare sempre più evidente.
Le società occidentali appaiono attualmente dominate da un senso di rabbia e paura.
Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio- economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che cresca l’età media della popolazione, aumentino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere e pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione.
Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli di potere, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue le illusioni di status.
Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello antipatico, alla riunione condominiale……
Questo stato d’animo, privo di fiducia, speranza o fede in un futuro migliore porta a scegliere politicamente chi propone il no, la chiusura, il rifiuto di un progetto sociale che vada oltre il proprio microcosmo.
Costoro, nella difficoltà di percepire la portata delle trasformazioni in atto, vedono le Istituzioni, le componenti della società civile che, bene o male, cercano di gestire i difficili processi in atto come nemiche.
Non ne colgono, dove c’è, il senso di responsabilità, quasi che fosse il loro impegno a determinare l’immigrazione, i limiti ambientali, il deficit cui fare fronte con tasse o tagli…..
Quindi, politicamente, oltre al no scelgono chi irride i portatori di responsabilità, chi si fa un baffo del rigore e delle norme civili.
Esaltano, infatti, il modello dell’io prima degli altri, dell’interesse personale come unica risposta alle difficoltà della comunità.
Il codice comportamentale della Sinistra dovrebbe essere alternativo a tutto ciò. Il suo cuore dovrebbe, infatti, essere nell’intuire le dinamiche di scala superiore e nel partecipare all’edificazione dell’assetto sociale possibile, quindi, nel saper vedere le esigenze della comunità oltre quelle individuali.
Quanto detto dovrebbe portare la sinistra a porsi in un’ottica di guida dei processi alternativa alla paura, al rancore, al prelievo od al danno ambientale come forma di compensazione o vendetta dello spaesamento.
Ma, vivere questa consapevolezza e non lasciarsi trascinare dalla paura non è facile. Persistere in un atteggiamento di fiducia e responsabilità, quale che sia la propria posizione, nelle Istituzioni, nelle Imprese o nelle Professioni, quindi, tenere le maglie della comunità, assorbendo gli stress dati dai problemi esistenti e dalle reazioni alla paura dei problemi stessi non è da tutti.
Infatti, la scala e l’idea stessa di assetto sociale possibile non sono evidenti. La società utopica è difficile da immaginare, non è affatto chiara la sua fisionomia tecnologica, culturale, sociale e politica.
Inoltre, mentre l’assetto possibile e necessario è globale, l’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è ancora frammentato nelle molteplici realtà locali, la scala della lotta politica è ancora nazionale.
Peraltro, a questa scala molte delle realtà sociali la cui inclusione era il fine dei progressisti di ieri, oggi difendono interessi costituiti e questo chiedono di fare ai loro rappresentanti.
Le loro organizzazioni tradizionali ed i loro leaders si trovano, quindi, nella condizione contraddittoria di richiamarsi a valori progressisti e difendere al contempo interessi consolidati e spesso corporativi.
Gli interessi d’inclusione dovrebbero essere espressi da immigrati, ma le capacità di dialogo tra questi e le forze politiche è ancora molto scarsa.
Quindi, non è facile avere la lungimiranza necessaria a vedere l’evolvere fisiologico del processo di costruzione dell’assetto possibile. Non è facile mettere in atto la tenacia necessaria a sopportarne i tempi, conservando l’impegno della sua edificazione.
Coerentemente, l’immagine del progressista non va di moda quanto è andata in decenni addietro, non interessa chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono perlomeno un profitto d’identità, quindi, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica.
In altre parole, oggi, la responsabilità non è da tutti.
Andrebbe, quindi, esplicitato come abbia ben ALTRO STATUS, chi riesce, comunque a metterla in atto, rispetto a chi si lascia dominare dalla paura ed a chi persegue, opportunisticamente e vigliaccamente, il solo interesse personale.
Sarebbe, quindi, giusto e necessario promuovere la consapevolezza di questa difficoltà, per coinvolgere chi può vedere i processi e può contribuire all’edificazione del progresso possibile.
Evidenziare le condizioni attuali, accettarne il carico e diffondere la consapevolezza delle oggettive difficoltà esistenti potrà contribuire a costruire l’immagine di chi si presta al compito e delle relative organizzazioni.
Potrà appagarne l’ego, comunque bisognoso di conferme.
Sarà, peraltro, la sicurezza pacata e lungimirante dei pochi pensanti ad attrarre i molti che cercano un modello da imitare. Sarà la loro superiorità intellettuale e morale a catalizzare il consenso necessario a costruire la società possibile. Poiché il Governo, quando c’è e dove c’è, è sempre espressione dei “migliori”, non interessati al profitto meschino, ma capaci di visioni di lungo respiro.
Certamente, non sarà la rissa isterica, ne la sola denuncia delle schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti politici che potrà riportare attenzione alla sinistra ed ai suoi valori.
Denunciare la grettezza del contro, le malefatte dei profittatori o le sconcerie del Re, sempre più nudo, non porta chi vive nella paura a scegliere la costruzione della comunità. Anzi, produce altro stress, altra ostilità e conferma le scelte del no, alimenta i modelli della chiusura e dell’interesse individuale.
Avviare, invece, il processo di acquisizione di consapevolezza, evidenziare lo STATUS dei portatori di responsabilità darà le basi perché chi ha questa forza e queste caratteristiche accolga e sposi il progetto necessario per costruire la società possibile.
L’uomo, o la donna, giusti, arriveranno solo quando questa consapevolezza si sarà diffusa.
F.P.
martedì 19 aprile 2011
Bianchi o Capitini ?
Oggi alla chiesa manca il respiro
di Enzo Bianchi
Lettera di religione n°10 (dalle Lettere di religione)
di Aldo Capitini
venerdì 15 aprile 2011
Sulla difesa della scuola pubblica. Un discorso di Calamandrei
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori, si dice di quelle di stato. E magari si danno premi, come ora vi dirò. O si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A quelle scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.
Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.
martedì 12 aprile 2011
La Scuola italiana e quei maestri dimenticati
venerdì 8 aprile 2011
Dai Verdi tedeschi segnali anche per noi
mercoledì 6 aprile 2011
Le 95 tesi di Fox. Il video
lunedì 4 aprile 2011
I riformisti e la scuola
E' ora che la sinistra riformista italiana definisca una politica per la scuola al di là delle estemporaneità. Da dove è iniziato la confusione che ha portato in questi anni a non distinguere le politiche della destra da quelle della sinistra sulla scuola ? Secondo noi, il vulnus non è scaturito né dalla legge sull'autonomia, né dall'introduzione di criteri di valutazione delle scuole e degli insegnanti. Qui entra in ballo l'invalsi, l'istituto di valutazione del ministero sottoposto in questi giorni a feroci critiche da parte di tanti docenti che rifiutano la somministrazione dei test. Invece, la valutazione è l'unico aspetto dell'esperienza della scuola anglosassone, per il resto scadente, che vale la pena prendere in considerazione. La valutazione, se svolta correttamente, è indispensabile in ogni sistema che non voglia consumarsi nell'autoreferenzialità e quindi nel corporativismo. Nessuno pensa di licenziare chi non raggiunga determinati parametri di apprendimento, ma è necessario che ogni scuola sia consapevole della qualità del suo lavoro ed eventualmente si impegni a migliorarla. E per farlo non vi è altro mezzo che la valutazione. Gli errori compiuti durante la breve stagione riformatrice del primo governo Prodi furono altri:si chiamano legge sulla parità e "concorsone" per la valutazione del merito dei docenti. Nel primo caso si è trattato di un vulnus gravissimo introdotto nel carattere pubblico dell'istruzione che ha spalancato le porte ad un fiume di denaro concesso a scuole private senza alcuna verifica sulla qualità dell'offerta; su questa scia si pone anche lo scandalo mai emerso delle scuole paritarie italiane all'estero. Nel secondo caso si è trattato di un progetto improvvisato, inadatto ad affrontare un tema tanto delicato. Il risultato, come sempre avviene quando i riformisti sbagliano il tiro, è stato un lungo vento demagogico che ha colpito anche le cose buone presenti nella stagione di Berlinguer (l'autonomia), peraltro largamente ispirata dalla Cgil. Ora, è tempo di fare chiarezza e riaffermare il carattere pubblico dell'istruzione e avere il coraggio di rimettere mano alla legge sulla parità, a condizione anche di un prevedibile, duro scontro con le gerachie vaticane. Superare la logica dei tagli e del killeraggio nei confronti degli insegnantii, insieme ad un impegno sulla valutazione, l'aggiornamento, l'organizzazione oraria della scuola italiana. E coinvolgere tutta la società italiana in una discussione sul valore pubblico della scuola. Quale tema migliore per la prossima campagna elettorale ? Senza difensivismi, senza chiusure particolaristiche. Ricordando i grandi del passato, a cominciare da Don Milani, Gianni Rodari, Danilo Dolci, Mario Lodi che lavoravano per una scuola a misura di studente più che di docente.
paolo allegrezza
venerdì 1 aprile 2011
Matthew Fox. Un cristianesimo senza peccato
lunedì 28 marzo 2011
Libertà: una definizione
venerdì 25 marzo 2011
giovedì 24 marzo 2011
Riflessione sulla lettera a Meneceo di Epicuro. Lezione di laicità ?
In quanto la filosofia si interroga su ciò che è il Bene per l'uomo e sulle condizioni della sua Felicità, essa ha riflettuto anche sulla Paura, passione che ha animato, anima l'uomo, condizionandone l'azione, il pensiero, le scelte.
Nel corso del tempo le paure dell'uomo mutano. In ragione delle sue conoscenze, del cambiamento del mondo in cui vive, egli si sente minacciato da pericoli diversi.
La Lettera a Meneceo di Epicuro, che visse tra il 341 a.C. e il 270 a.C., dunque in età ellenistica, vuole essere una sorta di formula per liberare l'uomo dalle paure più comuni: la paura degli dei, la paura della morte, la paura del futuro.
Liberato da queste paure l'uomo raggiunge la tranquillità dell'animo, la Felicità.
Epicuro fa riferimento ad un'idea di Felicità alla quale è estraneo ogni riferimento alla dimensione politica e sociale dell'uomo, la sua Etica è “a-politica”, in quanto svolta con lo sguardo fermo alla vita interiore dell'uomo. Epicuro persegue un fine individualistico della tranquillità dell'animo e di Felicità.
Senz'altro questa impostazione è legata al momento storico- politico in cui la filosofia di Epicuro nasce.
Epicuro opera in età ellenistica (III a.C.- I d.C.), apre la sua scuola “Il Giardino” ad Atene nel 306 a.C.:
- Conquista della Grecia da parte di Alessandro Magno: si spalanca un mondo vastissimo e multiforme, che porta con sé la fine delle forme istituzionali dell'Ellade.
- Morte di Alessandro e frantumarsi del suo impero.
- Creazione dei regni ellenistici.
- Alla democrazia assembleare ellenica si sostituiscono monarchie assolute di stampo orientale.
- L'uomo greco non è più cittadino ma suddito, non è più l'artefice della vita pubblica.
- Decadenza della polis.
- La vita politica non ha più il suo centro entro i confini delle città-stato ma si svolge nei grandi centri cosmopoliti.
- Trasformazioni economiche-sociali: indebolimento del ceto medio: la ricchezza si concentra nelle mani dei pochi asserviti al nuovo potere.
- Avvenimenti di portata mondiale si intrecciano a beghe di corte e locali.
Si genera un clima di incertezza, il destino politico dell'uomo, il vivere sociale sembra in balia del caso o comunque di forze su cui l'azione del singolo o del gruppo cittadino non può avere alcuna influenza. Non si ha più fiducia nella possibilità di razionalizzare, di dare ordine alla vita sociale.
Lo stato offre ancora al cittadino un luogo in cui vivere ma non più il contenuto della sua vita.
Lo sguardo dell'uomo si sposta sulla vita interiore.
La filosofia dell'epoca rispecchia questo mutamento, e rintraccia un suo compito nell'andare incontro alle inquietudini dell'individuo, nel dare un messaggio di saggezza e serenità capace di guidare il vivere quotidiano dell'individuo che non ha più questa guida nella sua partecipazione alla vita della polis. L' uomo chiede alla filosofia una visione del mondo funzionale alla sua vita, utile alla sua condotta.
L'etica di Epicuro risponde a questo nuovo bisogno, propone la formula per liberare l'uomo dall'inquietudine in cui la storia lo ha trascinato, assecondando questa tendenza a cercare dentro di sé, lontano dal tumultuoso disordine esterno, la soluzione per liberarsi dalle sue paure.
Le vicende politiche servono ad Epicuro solo per riconoscere i mali da cui il saggio deve preservare il suo animo per conquistare un'imperturbabile serenità.
1) La Lettera a Meneceo si apre con un'esortazione sia al giovane che al vecchio a filosofare, in quanto la filosofia è riconosciuta come lo strumento che conduce alla salute dell'anima e, dunque, alla felicità.
La vita del vecchio si volge più al passato e quella del giovane di più al futuro. E' la filosofia a far sì che il primo non si perda nel rimpianto, suggerendogli di godere dei beni trascorsi. I piaceri, i beni trascorsi sono una certezza della quale bisogna essere grati alla vita.
Allo stesso modo è la filosofia a placare l'ansia del giovane, liberandolo dalle paure e da quei turbamenti e desideri che possono renderlo infelice, consentendogli così di non temere l'avvenire.
2) La paura degli dei: Epicuro non nega la loro esistenza, anzi la considera evidente, tant'è che considera ognuno in grado di considerarne l'essenza in base alla nozione innata che ne abbiamo. Il divino è eterno e beato, è perfetto, pertanto del tutto estraneo alle nostre vicende. Concepire gli dei animati nei nostri confronti, mossi da sollecitudini e ansie significherebbe considerarli non beati, il che sarebbe contrario alla loro perfezione.
3) La morte, altro oggetto di paura, non è nulla per noi. Quando noi siamo non c'è la morte. Quando c'è la morte non siamo più noi. Il non vivere non può essere per noi né un bene né un male, perché bene e male, identificandosi con il piacere e il dolore presuppongono la sensazione, laddove il non vivere, la morte è invece assenza di sensazione. Anche come evento futuro la morte non può essere considerata un male perché non si può considerare male nell'attesa ciò che non è un male quando si dà, quando è presente. Superata la paura della morte, il saggio può godere serenamente la vita, vivere saggiamente, cioè senza avere paura della sua mortalità.
4) L'etica di Epicuro si basa sulle passioni, è la passione che ci consente di distinguere il bene e il male. Il bene coincide con il piacere e il male con il dolore, l'uno è da ricercare l'altro da fuggire. I piaceri però hanno valore diverso, e spetta al saggio, al filosofo metterne in evidenza una discriminazione qualitativa. Vi sono desideri naturali e desideri vani, ovvero desideri ai quali non corrisponde alcun oggetto di soddisfazione nella realtà, in natura, “mulini a vento” : gli onori, il desiderio di potenza, di ricchezze.
I desideri naturali, a loro volta, si distinguono in necessari e non necessari. Occorre limitare la soddisfazione ai soli desideri naturali e necessari, in quanto gli altri sono insaziabili, privi di limite e dunque incapaci di condurre al piacere.
I desideri che dobbiamo soddisfare sono quelli che, soddisfatti, corrispondono a quel piacere che è la salute del corpo e la tranquillità dell'animo.
I desideri naturali e necessari hanno un limite nell'assenza di dolore; il piacere di cui parla Epicuro non è il piacere dei gaudenti e dei dissoluti, non corrisponde al processo di soddisfazione del bisogno, ma al bisogno soddisfatto, non ad un piacere in movimento, che è destinato ad essere infinito, ma alla stasi. Il massimo del piacere è posto non là dove il desiderio è più intenso, ma dove esso si è placato. Si raggiunge il massimo del piacere, la felicità quando non c'è più desiderio, bisogno, mancanza, dolore.
5) Chi è consapevole di tutto questo, si è liberato dalle false paure, sa quale è il piacere da perseguire, ha raggiunto la saggezza. Tale saggezza ha una funzione strumentale, è una sorta di ars vivendi, la regola per condurre una vita piacevole che comporta limitare i nostri desideri a quelli elementari, naturali, al necessario per non avere più bisogni, dolore. In questo modo, siamo anche liberi da esigenze per il soddisfacimento delle quali ci esponiamo all'azione della fortuna, alla volontà altrui, a falsi condizionamenti. In questo restringere la propria esistenza ai bisogni primari, trarre il proprio piacere dall'essenziale, in questa semplificazione della propria esistenza che non aggiunge niente al semplice esistere, l'uomo si mostra saggio, può accettare la sua mortalità senza tormento, e vivere senza dolore, trovando in se stesso la ragione della sua felicità.
Paola Cimino