E' ora che la sinistra riformista italiana definisca una politica per la scuola al di là delle estemporaneità. Da dove è iniziato la confusione che ha portato in questi anni a non distinguere le politiche della destra da quelle della sinistra sulla scuola ? Secondo noi, il vulnus non è scaturito né dalla legge sull'autonomia, né dall'introduzione di criteri di valutazione delle scuole e degli insegnanti. Qui entra in ballo l'invalsi, l'istituto di valutazione del ministero sottoposto in questi giorni a feroci critiche da parte di tanti docenti che rifiutano la somministrazione dei test. Invece, la valutazione è l'unico aspetto dell'esperienza della scuola anglosassone, per il resto scadente, che vale la pena prendere in considerazione. La valutazione, se svolta correttamente, è indispensabile in ogni sistema che non voglia consumarsi nell'autoreferenzialità e quindi nel corporativismo. Nessuno pensa di licenziare chi non raggiunga determinati parametri di apprendimento, ma è necessario che ogni scuola sia consapevole della qualità del suo lavoro ed eventualmente si impegni a migliorarla. E per farlo non vi è altro mezzo che la valutazione. Gli errori compiuti durante la breve stagione riformatrice del primo governo Prodi furono altri:si chiamano legge sulla parità e "concorsone" per la valutazione del merito dei docenti. Nel primo caso si è trattato di un vulnus gravissimo introdotto nel carattere pubblico dell'istruzione che ha spalancato le porte ad un fiume di denaro concesso a scuole private senza alcuna verifica sulla qualità dell'offerta; su questa scia si pone anche lo scandalo mai emerso delle scuole paritarie italiane all'estero. Nel secondo caso si è trattato di un progetto improvvisato, inadatto ad affrontare un tema tanto delicato. Il risultato, come sempre avviene quando i riformisti sbagliano il tiro, è stato un lungo vento demagogico che ha colpito anche le cose buone presenti nella stagione di Berlinguer (l'autonomia), peraltro largamente ispirata dalla Cgil. Ora, è tempo di fare chiarezza e riaffermare il carattere pubblico dell'istruzione e avere il coraggio di rimettere mano alla legge sulla parità, a condizione anche di un prevedibile, duro scontro con le gerachie vaticane. Superare la logica dei tagli e del killeraggio nei confronti degli insegnantii, insieme ad un impegno sulla valutazione, l'aggiornamento, l'organizzazione oraria della scuola italiana. E coinvolgere tutta la società italiana in una discussione sul valore pubblico della scuola. Quale tema migliore per la prossima campagna elettorale ? Senza difensivismi, senza chiusure particolaristiche. Ricordando i grandi del passato, a cominciare da Don Milani, Gianni Rodari, Danilo Dolci, Mario Lodi che lavoravano per una scuola a misura di studente più che di docente.
paolo allegrezza