Le società occidentali appaiono attualmente dominate da un senso di rabbia e paura.
Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio-economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che cresca l’età media della popolazione, aumentino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di sicurezza e di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione.
Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue le illusioni di status.
Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello antipatico, alla riunione condominiale……
Questo stato d’animo, privo di fiducia, speranza o fede in un futuro migliore porta a scegliere politicamente chi propone il no, la chiusura, il rifiuto di un progetto sociale che vada oltre il proprio microcosmo.
Costoro, nella difficoltà di percepire la portata delle trasformazioni in atto, vedono le Istituzioni, le componenti della società civile che, bene o male, cercano di gestire i difficili processi in atto come nemiche.
Non ne colgono, dove c’è, il senso di responsabilità, quasi che fosse il loro impegno a determinare l’immigrazione, i limiti ambientali, il deficit cui fare fronte con tasse o tagli…..
Quindi, politicamente, oltre al no scelgono chi irride i portatori di responsabilità, chi si fa un baffo del rigore e delle norme civili.
Esaltano, infatti, il modello dell’io prima degli altri, dell’interesse personale come unica risposta alle difficoltà della comunità.
Il codice del Polo della Responsabilità dovrebbe essere alternativo a tutto ciò. Il suo cuore dovrebbe, infatti, essere nell’intuire le dinamiche di scala superiore e nel partecipare all’edificazione dell’assetto sociale possibile, quindi, nel saper vedere le esigenze della comunità oltre quelle individuali.
Quanto detto dovrebbe spingere i portatori di responsabilità, quale che sia il loro partito politico di riferimento, a porsi in un’ottica di guida dei processi alternativa alla paura, al rancore, al prelievo od al danno ambientale come forma di compensazione o vendetta dello spaesamento.
Ma, vivere questa consapevolezza e non lasciarsi trascinare dalla paura non è facile. Persistere in un atteggiamento di fiducia e responsabilità, quale che sia la propria posizione, nelle Istituzioni, nelle Imprese o nelle Professioni, quindi, tenere le maglie della comunità, assorbendo gli stress dati dai problemi esistenti e dalle reazioni alla paura dei problemi stessi non è da tutti.
Infatti, la scala e l’idea stessa di assetto sociale possibile non sono ancora evidenti. La società utopica è difficile da immaginare, non è affatto chiara la sua fisionomia tecnologica, culturale, sociale e politica.
Inoltre, mentre l’assetto possibile e necessario è globale, l’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è ancora frammentato nelle molteplici realtà locali, la scala della lotta politica è ancora nazionale.
Peraltro, a questa scala molte delle realtà sociali la cui inclusione era il fine dei progressisti di ieri, oggi difendono interessi costituiti e questo chiedono di fare ai loro rappresentanti.
Le loro organizzazioni tradizionali ed i loro leaders si trovano, quindi, nella condizione contraddittoria di richiamarsi a valori progressisti e difendere al contempo interessi consolidati e spesso corporativi.
Gli interessi d’inclusione dovrebbero essere espressi da immigrati, ma le capacità di dialogo tra questi e le forze politiche è ancora molto scarsa.
Quindi, non è facile avere la lungimiranza necessaria a vedere l’evolvere fisiologico del processo di costruzione dell’assetto possibile. Non è facile mettere in atto la tenacia necessaria a sopportarne i tempi, conservando l’impegno della sua edificazione.
Coerentemente, l’immagine del progressista responsabile non va di moda quanto è andata in decenni addietro, non interessa chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono perlomeno un profitto d’identità, quindi, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica.
In altre parole, oggi, la responsabilità non è da tutti.
Andrebbe, quindi, esplicitato come abbia ben ALTRO STATUS, chi riesce, comunque a metterla in atto ed accettarne consapevolmente il carico, nelle Istituzioni, nelle Imprese, nella Società Civile, rispetto a chi si lascia dominare dalla paura ed a chi persegue, opportunisticamente e spesso vigliaccamente, il solo, brevi mirante, interesse personale.
I primi, infatti, sono chiamati a farsi carico dei problemi vissuti e determinati dai secondi e dentro o fuori dalla politica, meglio o peggio, lo fanno perché è nel loro codice bio-culturale farlo.
Sarebbe, quindi, giusto e necessario promuovere la consapevolezza della qualità del loro impegno e delle difficoltà che vivono, perché solo da questo dato può partire un aumento dell’efficienza della loro azione.
Evidenziare le condizioni attuali e diffondere la consapevolezza delle oggettive difficoltà esistenti potrà, inoltre, contribuire a costruire l’immagine di chi si presta al compito e delle relative organizzazioni. Potrà appagarne l’ego, comunque bisognoso di conferme.
Peraltro, sarà solo la sicurezza pacata e lungimirante dei pochi pensanti ad attrarre i molti che cercano un modello da imitare. Sarà la loro superiorità intellettuale e morale a catalizzare il consenso necessario a costruire la società possibile. Poiché il Governo, quando c’è e dove c’è, è sempre espressione dei “migliori”, non interessati al profitto meschino, ma capaci di visioni di lungo respiro.
Certamente, non sarà la rissa isterica, ne la sola denuncia delle schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti politici che potrà riportare attenzione alla Responsabilità ed ai suoi valori.
Detto ciò è evidente come denunciare la grettezza del contro, le malefatte dei profittatori o le sconcerie del Re, sempre più nudo, non porta chi vive nella paura a scegliere la costruzione della comunità.
Anzi, produce altro stress, altra ostilità e conferma le scelte del no, alimenta i modelli della chiusura e dell’interesse individuale.
Avviare, invece, il processo di acquisizione di consapevolezza, evidenziare lo STATUS dei portatori di responsabilità, darà le basi perché chi ha questa forza e queste caratteristiche accolga e sposi il progetto necessario per costruire la società possibile.
L’uomo, o la donna, giusti, arriveranno solo quando questa consapevolezza si sarà diffusa.
F.P.