Sul referendum che vuole abrogare parti del decreto Ronchi, scardinandolo di fatto, qualche riflessione partendo dalle proposte dei promotori.
1)I promotori pensano ad una gestione dei servizi pubblici completamente pubblica e, soprattutto, sottratta alla concorrenza. Il che vuol dire niente gare. Si tratta della cosiddetta gestione in house.
Le municipalizzate come le abbiamo conosciute nel '900 non esistono più, essendo state sostituite da società per azioni di cui i comuni detengono solo delle quote. Inoltre, l'idea di rinunciare ad un ritorno dell'investimento del capitale investito non si capisce come possa essere fatta propria da soggetti, quali le municipalizzate, che agiscono in regime di diritto privato.
2) I promotori denunciano la cosiddetta privatizzazione dell'acqua, un bene pubblico che cadrebbe così nelle mani dell'affarismo dei privati.
In realtà la proprietà della rete rimarrebbe pubblica, ad essere sottoposto a regime di concorrenza sarebbe il solo servizio. Sul quale, come avviene in altri settori, vigilerebbe un' authority. E' vero che al momento non ve n'è traccia e la responsabilità è tutta del governo. Ma perché rinunciare a priori all'idea di un'agenzia che vigili in modo efficace ?
3) I referendari propongono un sistema di finanziamento del servizio in base ad una tassa e non una tariffa. Pagando sulla scorta del reddito e non del consumo.
E' una proposta in contrasto con l'esigenza di risparmio idrico che potrebbe essere, invece, raggiunta con una tariffazione apposita che lo incoraggi.