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domenica 19 giugno 2011

Il Pd sta con Draghi o con i socialisti europei ?

Forse ha ragione Reichlin quando, in un articolo sull'unità del 19 giugno, sostiene che le amministrative, e in parte i referendum, ci hanno consegnato un nuovo partito democratico. Non più percepito come un incidente della storia (vi ricordate il "birignao" della fusione a freddo?), ma soggetto politico su cui finalmente investire. La leadership di Bersani trae la sua piena legittimazione sul campo, laddove non l'avevano conquistata in tanti prima di lui. E poi chi oserà mettere in discussione che il segretario di un partito del 29% non debba essere il prossimo candidato alla P.d.C.? Di fronte a questa evoluzione degli eventi stride ancora di più la frammentazione presente nel campo riformista: il Psi che non riesce a superare percentuali minime, così pure i Radicali. Entrambi non si potrebbero mai presentare ad elezioni politiche nutrendo la minima speranza di superare il quorum. Ciò vale soprattutto per i socialisti i quali, come ricorda spesso Macaluso, non possono pensare di esistere come forza residuale. E' venuto il momento di fare un salto di qualità unitario, per tutta la sinistra riformista. Se non ora quando ?
Rimane solo un "piccolo" problema all'orizzonte del Pd che prima o poi andrà sciolto. Attestarsi nella difesa del Draghi's consensus, con tutto il corollario che ne consegue, oppure impegnarsi in una strategia anti Bce in nome degli investimenti pubblici e, aggiungiamo noi, di vecchio, caro tassa e spendi ? In questa direzione va il recente appello dei socialisti europei firmato, tra gli altri, da Bersani e D'Alema, ma certo non condiviso da chi, come Enrico Letta, dichiara di concordare senza riserve con l'analisi dell'ormai ex n. 1 di Banca d'Italia.

l'articolo di reichlin

l'appello dei socialisti europei