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martedì 19 ottobre 2010

Ariosto in Garfagnana: la difficoltà italiana di essere nazione

Pubblichiamo una recensione di Franco Scarnati ad un volume, a cura di Vittorio Gatto (Diabasis), contenente le lettere scritte da Ludovico Ariosto nel corso del soggiorno in Garfagnana (1522 - 1525). Ci sono molti spunti per una riflessione sulle radici storiche del particolarismo italico. Segue un breve filmato che ripropone una riflessione di Italo Calvino sul valore "civile" del lavoro letterario del grande ferrarese.

Con questa sua esemplare fatica letteraria il professor Gatto ricostruisce con la sua “Introduzione” alle “Lettere ” la vita trascorsa da Ludovico Ariosto nella Garfagnana dal 1522 al 1525. Questo lavoro ha il merito di riproporre e di riconsegnare alla nostra attenzione una produzione epistolare che è documento prezioso per conoscere l’Ariosto nella sua vita e nel suo agire quotidiano ma anche quello di fornirci un materiale, un documento che ricostruisce il piccolo mondo in cui deve agire il poeta, lontano in tutti i sensi dai palazzi del potere ma testimone e protagonista delle vicende di un piccolo territorio italiano nella prima metà del XVI sec. .
Il riesame che Gatto ci ripropone infatti è un’analisi accurata e fedele anche nella loro cronologia delle lettere che l’Ariosto scrive durante la sua permanenza e il suo incarico di governatore in Garfagnana al duca d’Este Alfonso I e ai vari organi di governo e di giustizia dei territori limitrofi( in particolare a quello di Lucca e spesso anche a quello di Firenze). E proprio questo sguardo dall’interno permette a Gatto di attraversare e riguardare da vicino la vita e gli affanni quotidiani dell’autore del Furioso e di vedere concretamente momenti e qualità e difficoltà del suo agire che arricchiscono il quadro biografico del poeta e narratore ferrarese.
Questa ricca e preziosa disamina quindi consente di fare innanzi tutto alcune considerazioni sulla personalità dell’Ariosto e sul modo in cui egli svolge la sua attività di governatore: attenzione ai diritti dei più deboli, vigile contro i soprusi dei violenti, pronto alla denuncia e a perseguire i delitti e gli assassini, fortemente preoccupato per il pericolo di diffusione della peste, o per il rischio di carestia. Scrive Gatto: “... l’alta coscienza del compito affidatogli, la rigorosa osservanza della legge in ogni suo provvedimento, il senso di umanità che costantemente lo colloca a fianco degli umili e degli offesi- “i poveromini”- ai quali mai viene resa giustizia…” (pag. 83)
Purtroppo però il governatore è in difficoltà per le scarse forze di cui dispone e da qui le richieste di aiuto al duca Alfonso che non sembra dargli molto ascolto, e solo alla fine del suo mandato si decide ad inviare rinforzi al suo governatore; e da qui la ripetuta richiesta di azioni concertate con le autorità dei territori confinanti, Lucca e Firenze in particolare, nell’intento e nella speranza di perseguire con maggiore efficacia i malfattori, tentativi che però per molto tempo non sembrano sortire grandi risultati.
Emerge quindi da queste lettere e dalla disamina attenta che fa Gatto un aspetto che va oltre la vicenda personale e di governo dello stesso Ariosto e che lui stesso ci racconta , e cioè che questa situazione di delinquenza diffusa, accanto alla frammentazione politica e giuridica del territorio, permette ai banditi di spostarsi ed emigrare tra un confine ed un altro trovando rifugio, mentre le varie autorità di governo –divise tra Ferrara, Lucca, Firenze e anche la Roma papalina/medicea- sono indecise se non incapaci di un vero intervento per risanare quel territorio, quando non addirittura complici con i delinquenti anche per oscure convenienze politiche.
E questa situazione porta conseguenze pesanti per il commercio, a partire da quello del sale che già aggravato dal pagamento dei dazi tra le varie dogane è ora messo in pericolo a causa delle rapine dei banditi, o da quello delle castagne e delle merci in generale, e diffonde, rende possibili ruberie a danno della proprietà privata, furti della legna negli appezzamenti privati o degli importantissimi animali da soma e da trasporto, ruberie dei beni personali quando non l’assassinio dei proprietari, e varie attività di natura delinquenziale che rimangono spesso impunite, rendendo quanto mai difficile la distribuzione e la diffusione delle merci in generale, e vieppiù insicura la vita i commerci il lavoro della gente perbene .
Insomma questo esemplare lavoro di Gatto ha il merito di riproporre alla nostra attenzione questo libro di testimonianze del grande Ludovico e di cogliere quindi di più e meglio la sua personalità, il suo modo di agire, il suo sguardo sul mondo tanto disincantato nel Furioso quanto attento, tenace, imparziale e severo quando si fa giudice e governatore. Ma oltre a ciò ha un secondo merito “indiretto” potremmo dire: ci testimonia e ci permette di capire una volta di più come nel Bel paese le divisioni territoriali, esistenti sin da quando il poeta scrive queste lettere, e persistenti per secoli a venire, con tanto di dazi per il commercio e con tante rivalità di natura politica tra i vari governanti della penisola divisi anche nelle alleanze interne e con le potenze straniere( tra il partito italiano e quello filo francese), e la mancanza quindi di un governo unitario e di un mercato nazionale unico abbiano ritardato la formazione di una classe dirigente e di una nascente borghesia capace di promuovere un vero sviluppo capitalistico, così come avveniva nelle nazioni vicine a cominciare dalla Francia.
Per questo, ancora, per quella frammentazione territoriale e per quelle divisioni politiche tra gli “Stati italiani” di cui “Le lettere” sono esemplare testimonianza e anche denuncia, i destini di una patria nazionale(o qualcosa del genere) vengono rinviati e ritardati alla seconda metà dell’ottocento lasciando per secoli le genti d’Italia sotto il dominio straniero o sotto odiosi nazionali governi tirannici.
F.S.