Pubblichiamo una nuova puntata della riflessione di Franco Paolinelli.
In ogni comunità si esprimono pulsioni di interesse individuale e pulsioni di responsabilità che creano il necessario controllo degli interessi di ognuno. Per l’esistenza di una comunità di persone ed il suo sviluppo è necessario che l’equilibrio dinamico tra queste due pulsioni persista, senza superare determinati livelli di ognuna.
Quanto detto vale ad ogni scala, dalla famiglia, al globo. La città è una comunità di persone coesistenti, deve quindi avere un proprio equilibrio che trasforma in codice d’identità. Ogni città ha il proprio.
Le forze sociali che si fanno, o dovrebbero farsi carico della pulsione di responsabilità per la convivenza dovrebbero esprimere anche un codice d’identità che la motivi e la sostenga, dando dignità ed identità in cambio di controllo delle pulsioni d’interesse individuale.
Roma ha le sue modalità di esprimere egoismo e responsabilità, disordine ed ordine. E’, quindi, compito delle sue forze del polo della responsabilità offrire i servizi di aggregazione ed identità necessari a compensare le rinunce all’egoismo, ad ogni livello del vivere civile.
In altre parole, queste forze devono proporre il romano compatibile. Questi può, quindi, sposare un’identità ed un modus vivendi adeguato se chi ha la possibilità di crearlo e promuoverlo lo fa.
In alcune stagioni del passato recente è stato fatto. Le forze sociali e culturali hanno creato e dato spazio ad un modello di cittadino romano scanzonato, ma aperto al mondo, sveglio nella misura necessaria per permettersi la solidarietà, educato, ma con fantasia……..
Diversi elementi, da rintracciare sia nell’offerta che nella domanda d’identità, hanno compromesso l’alimentazione ed il consumo di questo modello, spingendo i cittadini romani verso la grettezza e la chiusura. Questa trasformazione è percepibile nei comportamenti dei privati cittadini come delle istituzioni, della burocrazia come delle imprese, con conseguente riduzione della qualità di vita di tutti noi.
Anzi, il vuoto delle istituzioni culturali e politiche è tale che c’è da stupirsi per la tenuta sociale del popolo romano.
Nel rilanciare il proprio ruolo le forze locali della responsabilità debbono, quindi, definire un modello di sviluppo romano ed proporre come la città, se ben governata, possa raggiungere un buon punto di equilibrio tra ordine e disordine, tale da garantire un ottima qualità di vita. Ma devono anche offrire un codice d’identità, ovvero devono dare dignità al cittadino romano che si fa carico del modello proposto, interpretando eventualmente a suo modo, le esigenze di rispetto ambientale, sociale, economico e culturale.
Si può, peraltro, definire il punto d’equilibrio del possibile modello “romano” in tutti gli elementi della realtà.
Ad esempio, lo si può elaborare in ambito urbanistico, nell’equilibrio, ancora difendibile, tra città e compagna, verde ed edificato.
Lo si può trovare e migliorare nella stessa burocrazia, premiando le nicchie di buona volontà, responsabilità e fantasia, anche quando devono interpretare od aggirare normative insulse e deprimenti.
Lo si può trovare e migliorare in ambito economico valorizzando la piccola e media impresa e dando maggiore libertà alle forze produttive che ci sono, ma sono schiacciate dalle difficoltà burocratiche e logistiche. Premiando, quindi, in termini economici e di dignità, chi fa, ovvero chi produce ricchezza per se e per la collettività.
Lo si può anche vedere e valorizzare nel possibile equilibrio tecnologico e sociologico tra modernità e conservazione, vivendo come privilegio della città la presenza in se di massime istituzioni laiche e religiose.
Lo si può, infine, esplicitare nell’equilibrio d’identità etnica, ancora esistente, ma a rischio, valorizzando la “romanità” stessa, come codice d’esistenza solido e per questo aperto, capace di accogliere e valorizzare, oggi come ieri, i contributi che le vengono dal mondo intero.
F.P.