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martedì 21 dicembre 2010

Sinistra e identità n. 3. Quale progresso ?

Pubblichiamo una riflessione di Franco Paolinelli su un tema a tutti noi caro.


Le comunità, finché non interviene una catastrofe, vivono un processo dinamico di ampliamento che implica crescita numerica delle loco componenti, sviluppo tecnologico, adattamento umano, incremento di organizzazione, inclusione, migliore distribuzione del benessere. Questa dinamica è stata chiamata progresso.

Il cuore dell’essere sociologicamente di sinistra è nel saper vedere le esigenze della comunità oltre le proprie, quindi nel sostenerne il progresso e nel partecipare all’edificazione di un assetto sociale che valorizzi le opportunità disponibili.

Oggi quanto detto implica, tra gli altri aspetti, il sostegno agli strumenti tecnologici che non comportano rischi per le comunità, alla creazione delle stesse alle scale coerenti con i mezzi tecnologici disponibili, quindi all’inclusione delle realtà ambientali, dei popoli, delle culture e delle nazioni che i mezzi tecnologici mettono in relazione e coinvolgono nello sviluppo……

La sinistra, fin’ora si è identificata con un’ottica progressista, ma oggi questa posizione non è facile,
Infatti, in primo luogo, la scala e l’idea stessa di assetto sociale possibile non è evidente, la società utopica è difficile da immaginare ed identificare. Non è affatto chiara la sua fisionomia tecnologica, culturale, sociale e politica. Questa società non si vede ancora, ne quindi va di moda, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica. Non c’è ancora.
Inoltre, la scala della lotta politica è ancora nazionale, mentre l’assetto possibile e necessario è globale. L’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è però, ancora frammentato nelle molteplici realtà locali.

Peraltro, alle scale nazionali, molte delle realtà sociali la cui inclusione era il fine dei progressisti di ieri, oggi difendono interessi costituiti e questo chiedono di fare ai loro rappresentanti.
Le loro organizzazioni tradizionali si trovano, quindi, nella condizione contraddittoria di richiamarsi a valori progressisti e difendere al contempo interessi consolidati, spesso corporativi.
La confusione d’identità e la difficoltà a proporre alle categorie rappresentate un progetto d’inclusione aperto alla scala necessaria rende oggi le “azioni” di queste forze poco appetibili.

Gli interessi d’inclusione dovrebbero essere espressi da immigrati che ancora non hanno capacità di dialogo con le forze politiche, ne questa sanno ancora dialogare con le loro comunità.
Tanto meno possono esprimere consenso le realtà ambientali che l’espansione incontrollata coinvolge nello sviluppo delle comunità umane.

La lungimiranza necessaria a vedere l’evolvere fisiologico del processo di costruzione dell’assetto possibile, quindi, la tenacia e la pazienza necessarie a sopportarne i tempi, conservando l’impegno della sua edificazione, non sono, quindi, facili da mettere in atto. Coerentemente l’immagine del progressista non va di moda quanto è andata in decenni addietro, non paga in termini d’immagine, quindi, non interessa a chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono un profitto di opportunità e d’identità.

Di conseguenza, oggi, fare una politica progressista oggi non è affatto facile, indipendentemente dall’abilità di rappresentanza messa in atto dai conduttori delle forze politiche che si richiamano ai quei valori.
I risultati elettorali recenti evidenziano, però, che inseguire la Lega e le Destre sul terreno populista e delle cordate d’interesse non produce un terreno sociale solido.

Ma, sono dell’opinione che la crescita di consapevolezza di questa difficoltà possa essere d’aiuto nel coinvolgere chi può vedere i processi e può contribuire all’edificazione del progresso possibile. Evidenziare le condizioni attuali, accettarne il carico e diffondere la consapevolezza delle oggettive difficoltà esistenti nel costruire la convivenza potrà forse nobilitare l’immagine di chi si presta al compito e delle relative organizzazioni.

Ma sarà la sicurezza pacata e lungimirante delle tesi di pochi pensanti ad attrarre i molti di più che cercano un modello da imitare, certamente non sarà la rissa isterica a riportare attenzione alla sinistra ed ai suoi valori.
Sarà, quindi, la superiorità intellettuale e morale a catalizzare consenso ed a contribuire a costruire la società possibile, poiché il Governo, quando c’è e dove c’è, è sempre espressione dei migliori, degli aristos, sicuri, tenaci, non interessati al profitto meschino, con visioni di lungo respiro.

Avviare il processo di acquisizione di consapevolezza darà le basi perché chi ha questa forza e queste caratteristiche accolga e sposi il progetto, che deve essere mitico, di costruire la società possibile. L’uomo, o la donna, giusti, arriveranno, quindi, solo quando questo processo sarà avviato, e non è denunciando le schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti politici che si avvia la consapevolezza, che ci si pone in alto. Anzi, denunciando l’orrore dell’altro si esprime il bisogno di marcare la differenza. Ma tanto è urlata, tanto più risulta dubbia. Agli occhi del cittadino si finisce per confermare che la politica è tutta uno schifo.
Peraltro, alla scala del cosmo, se pur l’uomo avrà ucciso la vita sul pianeta terra, non sarà assolutamente accaduto niente di rilevante. E’ molto probabile che ci siano tanti altri pianeti in cui la vita sta germogliando.

F.P.