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mercoledì 29 febbraio 2012

Eta Beta è già l’altro campo

Servono partiti come quelli che oltre vent’anni fa vennero prospettati da Giuliano Amato con l’immagine di Eta Beta, cioè partiti capaci di essere un cervello collettivo, una intelligenza connettiva, un corpo pluricentrico, una visione d’insieme ben più che un apparato burocratico. E siccome Eta Beta era un personaggio della Disney proveniente dal futuro, precisamente dall’anno 2447, chissà che nel XXI secolo tale progetto non riesca a diventare realtà. Comunque, anche se è un partito Eta Beta ancora non c’è, mi candido fin da ora a coordinare politicamente la nascita di questo nuovo soggetto politico. Infatti, proprio in queste ultime settimane, si è fortemente ridotta la stima degli elettori nei confronti degli attuali partiti, stima che è scesa a tal punto da raggiungere la percentuale più bassa da molto tempo a questa parte: appena l’8% degli elettori. Tanto che, alla richiesta dei sondaggisti di indicare il partito che si intenderà votare, ben il 45% degli intervistati si rifiuta oggi di rispondere perché - dicono - non si riconoscono nell’offerta politica di questi partiti qui. Quindi, si è formato già un altro campo rispetto a quello del blocco unico del Potere partitocratico e trasversale di destra-centro-sinistra. Quello della fine della funzione nobile dei partiti è il male più pericoloso del nostro tempo. Occorre riscrivere l’abbecedario della politica. Ridare fiducia ai trentenni, ai quarantenni, alle nuove generazioni. C’è da responsabilizzare una nuova classe dirigente e politica offrendo ai giovani l’opportunità di farsi valere. Bisogna ripartire dal significato delle parole, dal linguaggio, dal senso delle cose che si fanno e si pensano e si dicono. Insomma, è arrivato il momento di riformare la politica, i partiti, le istituzioni. Ma non possono farlo coloro che sono i responsabili partitocratici di un tale fallimento. A destra come a sinistra, al centro come altrove. Ci vuole un altro campo. Il primo aspetto del nuovo partito Eta Beta (il cui nome si troverà in un secondo momento) è quello della incompatibilità tra incarichi di partito e qualsivoglia altro incarico istituzionale o elettivo. Non è più accettabile che si possa ricoprire, nello stesso tempo, un incarico dirigente o di responsabilità all’interno del partito e poi essere anche parlamentari, ministri, sottosegretari, europarlamentari o consiglieri regionali. I partiti non devono entrare nelle istituzioni dello Stato con le loro burocrazie e apparati. Una regola va scritta: quando si assumono responsabilità di partito, a cominciare dal segretario e dal presidente, non si può essere anche eletti o nominati nelle assemblee istituzionali di ogni ordine e grado né candidarsi come premier o, peggio, per il Quirinale.
Pier Paolo Segneri