Servono
partiti come quelli che oltre vent’anni fa vennero prospettati da Giuliano
Amato con l’immagine di Eta Beta, cioè partiti capaci di essere un cervello collettivo, una intelligenza
connettiva, un corpo pluricentrico, una visione d’insieme ben più che un apparato
burocratico. E siccome Eta Beta era un personaggio della Disney proveniente dal
futuro, precisamente dall’anno 2447, chissà
che nel XXI secolo tale progetto non riesca a diventare realtà. Comunque,
anche se è un partito Eta Beta ancora non c’è, mi candido fin da ora a
coordinare politicamente la nascita di questo nuovo soggetto politico. Infatti,
proprio in queste ultime settimane, si è fortemente ridotta la stima
degli elettori nei confronti degli attuali partiti, stima che è scesa a tal
punto da raggiungere la percentuale più bassa da molto tempo a questa parte:
appena l’8% degli elettori. Tanto che, alla richiesta dei sondaggisti di
indicare il partito che si intenderà votare, ben il 45% degli intervistati si
rifiuta oggi di rispondere perché - dicono - non si riconoscono nell’offerta
politica di questi partiti qui. Quindi, si è formato già un altro campo
rispetto a quello del blocco unico del Potere partitocratico e trasversale di
destra-centro-sinistra. Quello
della fine della funzione nobile dei partiti è il male più pericoloso del
nostro tempo. Occorre riscrivere l’abbecedario della politica.
Ridare fiducia ai trentenni, ai quarantenni, alle nuove generazioni. C’è da
responsabilizzare una nuova classe dirigente e politica offrendo ai giovani
l’opportunità di farsi valere. Bisogna ripartire dal significato delle parole,
dal linguaggio, dal senso delle cose che si fanno e si pensano e si dicono.
Insomma, è arrivato il momento di riformare la politica, i partiti, le
istituzioni. Ma non possono farlo coloro che sono i responsabili partitocratici
di un tale fallimento. A destra come a sinistra, al centro come altrove. Ci
vuole un altro campo. Il primo aspetto del nuovo
partito Eta Beta (il cui nome si troverà in un secondo momento) è quello della
incompatibilità tra incarichi di partito e qualsivoglia altro incarico
istituzionale o elettivo. Non è più accettabile che si possa ricoprire, nello
stesso tempo, un incarico dirigente o di responsabilità all’interno del partito
e poi essere anche parlamentari, ministri, sottosegretari, europarlamentari o
consiglieri regionali. I partiti non devono entrare nelle istituzioni dello
Stato con le loro burocrazie e apparati. Una regola va scritta: quando si
assumono responsabilità di partito, a cominciare dal segretario e dal
presidente, non si può essere anche eletti o nominati nelle assemblee
istituzionali di ogni ordine e grado né candidarsi come premier o, peggio, per
il Quirinale.
Pier
Paolo Segneri