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mercoledì 16 marzo 2011

Test Invalsi: critiche alla Gelmini, ma niente demagogia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un'analisi, a nostro parere lucida, sul tema della valutazione del sistema scolastico. Condividiamo, in particolare, l'apprezzamento finale per Martha Nussbaum, una delle più originali pensatrici liberali contemporanee.


A fronte della marea montante anti Invalsi vorrei articolare meglio il mio pensiero dopo l’exploit che ieri ho affidato al web. Ma andiamo con ordine.

1. Il quadro normativo – Con la legge delega 53/03 e successivo decreto legislativo 286/04 è stata attribuita all’Invalsi il compito di effettuare, tra l’altro, “verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti”. Si tratta di verifiche finalizzate al “progressivo miglioramento e armonizzazione della qualità del sistema d’istruzione”. Si tratta, comunque, di operazioni valutative nettamente distinte dalle verifiche finalizzate alla “valutazione periodica e annuale degli apprendimenti e del comportamento degli studenti”, attribuite alla competenza dei docenti. Con tale norma si è ritenuto opportuno avviare anche nel nostro Paese quella valutazione del sistema nazionale di istruzione che è già in atto, e da anni, in quasi tutti i Paesi dell’Unione europea e in quelli ad alto sviluppo. Se alle istituzioni scolastiche, in virtù della loro autonomia, è affidata la competenza di progettare e realizzare interventi di educazione, istruzione e formazione finalizzati a realizzare gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione (dpr 275/99, art. 1), ne consegue che spetta al potere centrale verificare se tali obiettivi sono di anno in anno raggiunti e quali correttivi, eventualmente, occorra apportare. Si è trattato di una svolta non indifferente, avviata in seguito al conferimento di poteri e attribuzioni dal potere centrale agli organi periferici (alle Regioni, agli Enti locali e alle scuole), di cui alla legge delega 59/97 e al novellato Titolo V della Costituzione (legge Cost. 3/01). Se non si avverte questo profondo cambiamento di prospettiva, risulterà anche difficile comprendere le ragioni dell’intervento dell’Invalsi sulle istituzioni scolastiche autonome: autonome, sì, autoreferenziali non più!

2. Il test – Il test è uno strumento di indagine finalizzato a rilevare dati oggettivi, quindi, in effetti sono strumenti “poveri” rispetto ad altri strumenti di rilevazione degli apprendimenti: i reattivi, ad esempio, o certe tipologie di questionari, o conversazione mirate o elaborati scritti, i cui esiti sono tutti diversi gli uni dagli altri e richiedono criteri valutativi assolutamente diversi rispetto a quelli dei test: chiedere quanto fa due più due è un quesito test (la risposta è solo una); chiedere di riferire sull’etica nicomachea o sull’ultimo film di Almodòvar o sul 150° anniversario dell’Unità nazionale, con tutti gli argomenti pro e contro che sono oggi sotto gli occhi di tutti, non sono quesiti test . Ed è ovvio che, se la valutazione esercitata da un insegnante consistesse solo nella somministrazione di test, avrei qualche dubbio sulla sua competenza valutativa. I test Invalsi hanno una finalità limitata e precisa: verificare se finalità, obiettivi, competenze, se si vuole, di cui alle Indicazioni nazionali e alla Linee guida che il Miur ha pubblicato per i diversi ordini di scuola, in quanto deputato dalla stessa Costituzione ad emanare le “norme generali sull’istruzione”, sono di volta in volta raggiunti o meno e in quale misura. E’ questa un’invasione di campo? Assolutamente no! Ripeto: alle singole istituzioni scolastiche spetta di valutare gli apprendimenti, giorno dopo giorno, periodicamente, annualmente; all’Invalsi – o comunque a qualsiasi ente terzo valutativo – spetta di valutare la tenuta e l’andamento del sistema. Si tratta di ambiti di indagine diversi e complementari.

3. L’attendibilità delle prove – I test Invalsi sono stati prodotti, e sono costantemente prodotti, nel corso degli anni sulla base di prove che in effetti provengono dalle stesse scuole. Non c’è nulla di inventato negli uffici di Villa Falconieri! Per quanto riguarda i test che verranno proposti alle seconde classi dell’istruzione secondaria di secondo grado, sono stati effettuati i relativi tryout, per cui la garanzia della loro adeguatezza, affidabilità e attendibilità è molto elevata. La corrispondenza del test con gli insegnamenti effettuati nelle singole scuole e classi non va ricercata sui singoli contenuti, ma sulla corretta utilizzazione, da parte degli alunni, di “quei” contenuti appresi in classe, per risolvere i “quesiti” e i “casi” che i test – o meglio, le prove – proporranno. Non ci sarà nessuna sovrapposizione né alcuna prevaricazione da parte dell’Invalsi nei confronti delle singole scuole e dei singoli insegnanti. Ripeto: si tratta di piani diversi di indagine e di rilevazione.

4. La valutazione degli insegnanti – L'esito dei test Invalsi non ha nulla a che vedere con la valutazione degli insegnanti ed è provocatorio accreditare una tesi del genere. Gli esiti delle prove saranno consegnati alle singole scuole e il liceo “Mamiani” non saprà nulla di quanto è avvenuto all’istituto tecnico “Einstein”. La valutazione degli insegnanti è altra cosa né le prove Invalsi possono costituirne un precedente, in quanto è la natura stessa della rilevazione che nulla ha a che vedere con la valutazione degli insegnanti, discorso tutto da impiantare e sul quale abbiamo, a tutt’oggi, ancora scarsi elementi, anche a livello di ricerca.

5. L’obbligatorietà – Le prove Invalsi sono obbligatorie per legge. Il fatto che la nota ministeriale la richiami è puramente indicativo: è la norma che fa testo: si vedano, oltre alle norme citate al punto 1, la direttiva triennale n. 74 del 15 settembre 2008 e la direttiva n. 67 del 30 luglio 2010. Quegli insegnanti che non ottempereranno a tale adempimento si assumeranno una responsabilità, di fronte ai loro alunni e alle famiglie, prima che di fronte all’amministrazione.

6. E ora vengo al nonostante!!! – Sottolineo con forza il fatto che il Miur avrebbe dovuto adoperarsi in modo più mirato per preparare scuole ed insegnanti alle prove Invalsi. Da un lato c’è indubbiamente il fatto che molti insegnanti – ed anche molti dirigenti, purtroppo – non sono solleciti ad aggiornarsi costantemente sulla normativa e su ciò che Miur e Invalsi pubblicano sui rispettivi siti. L’autonomia non significa il faidate! Significa responsabilizzarsi in prima persona per accedere a quelle “norme generali sull’istruzione” di cui il Miur ha competenza e responsabilità. Se sui test c’è l’ignoranza di cui sono testimoni le veline che molte scuole stanno producendo, c’è anche una responsabilità dell’amministrazione che sulla valutazione da oltre dieci anni a questa parte non ha attivato nulla! Anzi, il ritorno ai voti e l’enfasi sul cinque in condotta – pardon, comportamento – non ha fatto altro che sferrare un duro colpo a quella “cultura della valutazione” che fin dagli anni Ottanta, con altre amministrazioni, abbiamo avviato, anche se con tanta fatica! E ancora: quale carico di lavoro spetterà alle segreterie e ai docenti per la somministrazione delle prove? Al limite potremmo anche dire: se della valutazione degli insegnamenti sono responsabili gli insegnanti nelle loro classi, perché della valutazione di sistema non si fa carico direttamente l’Invalsi, con la sua organizzazione e con il suo budget? Ovviamente è un discorso che lascia il tempo che trova! E che, comunque, si sarebbe dovuto avviare da quando l’Invalsi è stato istituito! Siamo alle solite: l’amministrazione assegna compiti, anche impegnativi, ma non assegna risorse! E innesta la guerra tra poveri! Avremo Dsga contro Ds, insegnanti contro ricercatori Invalsi e a pagare sono sempre i nostri ragazzi!

7. Conclusione – La cosa che più mi addolora di tutta questa vicenda è la grande approssimazione culturale e docimologica che leggo nelle veline che di scuola in scuola i nostri docenti si stanno passando! Mi chiedo: dove sono quegli insegnanti che una volta si battevano perché la scuola migliorasse i suoi strumenti? Che esigevano un’amministrazione più sollecita? Che studiavano per conto loro come e perché migliorare le loro attività! Che senso ha oggi rifiutarsi di fronte ad un adempimento il cui fine è solo quello di verificare insieme che cosa stiamo facendo nelle aule, dov’è che facciamo bene, dov’è che sbagliamo… Un intervento Invalsi, con tutta la sua limitatezza – possiamo anche ammetterlo: è la prima volta che l’Invalsi entra nella secondaria superiore – ci sollecita, però, a riflettere, a confrontarci, al limite anche a dire che tutti gli item sono sbagliati… Ebbene, non è una occasione per discutere, per crescere? E’ forse meglio che ciascuno nel chiuso della propria aula faccia muro contro muro, mentre i ragazzi sempre meno credono alla scuola e il mondo intorno a noi sta impazzendo? Oggi è il 10 marzo: abbiamo due mesi per riflettere e per decidere al meglio! E lo dice uno che per la Gelmini e per la Mastrocola non ha alcuna simpatia!!! Ma per la Nussbaum tantissima! E non dite: chi è questa donna?


Roma, 10 marzo 2011

Maurizio Tiriticco