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giovedì 27 settembre 2012

Roma non ha bisogno di icone

Deludente intervista oggi al Corriere di Andrea Riccardi, attuale ministro per la cooperazione e fondatore di Sant'Egidio. Alla domanda su chi sceglierebbe tra Alemanno e Zingaretti non ha trovato di meglio che dichiarare di non credere ai salvatori della patria e aggiungere lo stantio elogio della società civile contrapposta alla politica ("la Roma delle professioni è molto ricca"). Perché mai un candidato di destra o di sinistra debba essere considerato un salvatore della patria e non un semplice candidato da valutare sulla scorta dei programmi, è un mistero. Così come lascia il tempo che trova il richiamo al mondo delle professioni privo del conforto dei nomi. Unica eccezione indicata da Riccardi il procuratore generale Giuseppe Pignatone, magistrato illustre, ma estraneo alle vicende romane. Ma la considerazione che lascia più stupiti è un'altra. Dovendo citare un modello di Sindaco, Riccardi fa il nome di Gulio Carlo Argan, primo cittadino romano tra il 1976 e il 1979. Figura autorevole, certo. Ma non un campione per l'efficacia dell'azione amministrativa (in specie in campo urbanistico). È allora perché non ricordare Petroselli che la sua autorevolezza se la conquistò sul campo ? Basti ricordare Tor Bella Monaca, una delle poche operazioni edilizie non speculative mai compiute a Roma. Oggi ciò che serve non è un'icona intellettuale, ma un Sindaco, e una classe di governo, coraggiosi. In grado di dire no ai mille appetiti concentrati sull'agro e rendere almeno decenti i servizi pubblici individuando nuovi modelli di gestione alternativi al pubblico uber alles  caro a certa sinistra. E se proprio vogliamo giocare alle icone, nonne troviamo nessuna migliore del sindaco che per primo, e con successo, combatté la rendita fondiaria. Ernesto Nathan.


 





giovedì 20 settembre 2012

Regione Lazio: Marziani a Roma

Renata Polverini sembra arrivata da Marte: “Non sapevo quanti soldi erano a disposizione del consiglio e dei gruppi”. La partitocrazia sembra sbarcata da Marte. Ma i marziani necessitano degli uomini e della loro energia per poter sopravvivere e rigenerarsi. In più, certe volte, sembra di vivere nel mondo di Matrix. Un mondo all’apparenza reale, ma che è – invece – solo un paravento per nascondere le verità. Siamo sprofondati nel campo del verosimile. Sulla prima pagina del quotidiano l’Opinione di ieri, come titolo di apertura, si leggeva: “Pdl Lazio: e adesso tutti a casa!”. Una esclamazione forte che dovrebbe scuotere le coscienze dei dirigenti politici del centrodestra e gli eletti del Pdl. Quello che è accaduto alla Regione Lazio meriterebbe da una parte molti passi indietro, dall’altra moltissimi passi in avanti. Servirebbero soluzioni drastiche, senza infingimenti, senza ipocrisie ma, soprattutto, servirebbe che qualcuno del Pdl dimostrasse di avere un po’ di coscienza. Intanto, il danno più grave, provocato dall’intera vicenda della Pisana, è l’ormai totale sfiducia dei cittadini nei confronti di questa politica politicante, autoreferenziale, bugiarda, omissiva, bolsa, parassitaria. La questione che è emersa dentro e fuori il Pdl non appartiene alla sfera della politica, semmai dell’antipolitica! Si tratta del sistema marcio della partitocrazia. Un sistema denunciato, spesso in solitudine, dai Radicali e dal Gruppo consiliare della Lista Bonino-Pannella “Federalisti europei”. A tal proposito, il capogruppo dei Radicali in Regione Lazio, Giuseppe Rossodivita, intervenendo in Aula nella seduta straordinaria del Consiglio regionale del Lazio, lunedì scorso, si è rivolto alla Presidente Renata Polverini, esclamando: “Da due anni e mezzo cerchiamo di portare a casa risultati per i cittadini del Lazio. Questa situazione non consente più di andare avanti: si facciano i tagli e poi si vada alle elezioni! Il suo assessore Cetica ha sempre espresso parere negativo alle proposte di tagli!”. Intanto, i programmi televisivi e di approfondimento se ne guardano bene dall’ospitare in trasmissione il Radicale Giuseppe Rossodivita o il consigliere regionale Rocco Berardo della Lista Bonino-Pannella. Gli autori e i conduttori dei talk show preferiscono ingannare i cittadini raccontando la storia rivista e corretta dal regime partitocratico piuttosto che restituire agli elettori quell’oncia di informazione necessaria per capire come stanno davvero le cose. In questa situazione, la fantasia è divenuta una necessità. Allora ho pensato che, forse, gli extraterrestri sono davvero sbarcati a Roma, alla Pisana. Ed hanno un obiettivo: l’azione di annientamento del genere umano attraverso l’annientamento della politica, dello stato di diritto, della democrazia, delle libertà e della legalità. I marziani hanno preso il sopravvento dentro il Palazzo e siedono anche nell’aula del Consiglio regionale della Pisana. E così, le parole di Rossodivita sono state rilanciate dalle agenzie di stampa intergalattica, ma non si sono perse nell’etere. Parole chiare che hanno sferzato l’aula della Pisana: “Sia chiaro una volta per tutte, la Presidente Polverini, la sua Giunta, i Gruppi Consiliari di maggioranza, in alcune occasioni con il concorso dei gruppi consiliari di opposizione, Radicali esclusi - come per la vergognosa vicenda delle Commissioni Speciali che hanno fatto lievitare il numero complessivo fino a 20, per spartirsi poltrone, posti, denari ed auto blu - hanno fino ad oggi operato nel senso opposto a quanto ora vanno dichiarando nel disperato tentativo di salvare la loro immagine”.

Pier Paolo Segneri 



lunedì 17 settembre 2012

Matteo Renzi: il volto e la maschera

Tra gli attori entrati a pieno titolo nella scena politica nazionale vi è sicuramente Matteo Renzi. Un giovane. Con tanti meriti, diverse qualità politiche e un bel po’ di furbizia a dargli man forte. Una furbizia, però, che appartiene più ai vecchi metodi del sistema partitocratico che a quel nuovo Umanesimo liberale di cui avremmo bisogno. La furbizia non è una virtù, anche se in nel mondo guasto di oggi, soprattutto negli ultimi anni, pare si sia imposta come una qualità di riferimento per un gran numero di persone e dirigenti politici soppiantando l’intelligenza e l’umano sentire. La cifra principale di Renzi è la furbizia. Almeno questo appare dalla tv. Comunque, il sindaco di Firenze è sicuramente una presenza scomoda per la nomenclatura del Partito Democratico e per l’establishment che cerca di contrastarlo, non solo a sinistra. Ha avuto coraggio a sfidare i vecchi dirigenti, ma chi si occupa della città di Firenze mentre lui è impegnato con la testa e con il camper ad affrontare la campagna elettorale per le primarie del centrosinistra? Non è una scelta che infonde fiducia. E’ come se avesse sempre bisogno di stare in campagna elettorale, invece che affrontare a tempo pieno il difficile compito di governare un capoluogo di regione così importante. Sono troppi anni che vediamo, davanti ai nostri occhi, sfilare una classe dirigente di furbi, che accumulano incarichi di enorme responsabilità e sommano ad essi ulteriori impegni, coccarde e strapuntini. Questo “distrarsi”, infatti, rispetto alla fiducia ricevuta dagli elettori fiorentini non gioca a suo favore. Con una tale premessa, come possiamo fidarci? Insomma, Renzi è davvero una novità? Ad uno sguardo superficiale, sembrerebbe proprio di sì, eppure c’è qualcosa che traspare dalle sue presenze televisive che ci lascia alquanto perplessi. C’è una distonia tra quanto Matteo dice e quel che arriva allo spettatore tramite il suo sguardo. Come interpretasse un ruolo che non corrisponde al suo vero modo di essere. Eppure, è bravo: si esprime bene, sa fare le battute al momento giusto, avanza proposte interessanti. Anche se fa spesso leva sulla demagogia, come quando chiede il dimezzamento dei parlamentari senza rendersi conto che, così facendo, dimezza quel poco di democrazia rappresentativa che ancora ci rimane. E poi, soprattutto, ha scelto di stare nel campo unico e trasversale della partitocrazia. Ma si tratta, ormai, di un campo secco, desertificato, incoltivabile, non più edificabile perché colpito dal virus di quella “Peste italiana” di cui hanno scritto e parlato i Radicali e Marco Pannella. A mio parere, il cambiamento dell’attuale sistema, che tanto vorremmo mutare, potrebbe concretizzarsi soltanto attraverso una “rivoluzione copernicana”, cioè con un cambiamento dei metodi, che dovrebbero essere necessariamente liberali, e dei meccanismi, che dovrebbero essere democratici oltre che basati sulle attitudini e le qualità delle persone. Insomma, la strada liberal-democratica potrebbe essere quella che riuscisse a passare ad un campo “altro”: dall’attuale campo unico della partitocrazia al campo della Politica. Soltanto allora, forse, potremmo trovare un’alternativa al pantano trasversale del Potere fine a se stesso. Il candidato alle primarie del centrosinistra, lo sfidante di Pier Luigi Bersani, ha scelto di stare tutto dentro al campo partitocratico, quindi non può rappresentare una novità. Al massimo, si candida ad essere l’erede di questo vecchio sistema di Potere. Con la variante anagrafica di essere un giovane. Anche se, ad uno sguardo attento, appare già come un giovane-vecchio. Quando Matteo Renzi passa in tv, infatti, la telecamera ci trasferisce l’immagine di una personalità empatica, ma non simpatica. Mi riferisco a quanto si percepisce dalla tv. Appare come un furbo. Infatti, sul teleschermo, c’è una differenza tra simpatia ed empatia: i protagonisti sono simpatici perché, seppur tra mille peripezie ed eventuali travagli, anche quando sono detestati, ricercano l’affermarsi di qualcosa di positivo, mentre gli antagonisti possono essere empatici, cioè riescono a catturare l’attenzione del pubblico e si fanno seguire lungo la storia, con una intensa partecipazione, anche se perseguono un fine negativo e, speso, il loro obiettivo non è chiaro o non è dichiarato. In altre parole, quanto dice ed esprime Renzi in tv è spesso condivisibile, ma i sottotesti delle sue parole lasciano intendere che lui non sostiene quelle cose perché le vuole realizzare davvero, non crede in quello che dice. E’ come se fosse l’attore sbagliato per ricoprire quel ruolo o quella funzione narrativa o quel personaggio che si è cucito addosso. Matteo Renzi sarebbe più credibile se fosse se stesso, se dicesse davvero quello che lui sente e pensa, al di là della maschera che mette in scena. Insomma, se Renzi ha come dote personale la furbizia, come appare in tv, allora dovrebbe cambiare copione e difendere quel regime partitocratico che, ora, a parole, afferma di voler sconfiggere. In altri termini, la sceneggiatura che hanno scritto per Matteo Renzi è buona, ma l’attore è sbagliato per quel ruolo. Si capisce che è un giovane-vecchio. Il futuro di cui abbiamo bisogno è “altro”.

Pier Paolo Segneri

 



domenica 16 settembre 2012

Roma e l'euromediterraneo

Alberto Negri, su il Sole 24 ore di domenica 16 settembre, cita alcuni dati noti ma poco citati riguardanti l'area euro mediterraneo. Il Pil dei paesi che affacciano sul mediterraneo, esclusi quelli europei, equivale a 1444 miliardi di dollari, il 2,5% di quello mondiale. Dal 2005 è aumentato del 23%, il doppio della media mondiale. I 285 milioni che vi abitano possiedono una ricchezza superiore all'India (1,1 miliardi di abitanti) e alla Russia (140 milioni). Un ragionamento che un recente Documento prodotto dal Partito Radicale non violento, transnazionale, transpartito ha sviluppato al World Urban Forum svoltosi dal 1° al 7 settembre a Napoli. 
Dati che andrebbero ricordati  quando si ragiona del futuro delle nostre città affacciate sul mediterraneo: Roma fra tutte. Le sue possibilità di crescita e di creazione di ricchezza sono legate proprio a quanto avviene sull'altra sponda del mediterraneo. A patto che riesca ad essere polo di attrazione per i capitali e le giovani élites euromediterranee, dal Libano al Marocco. Essere città accogliente, il che vuol dire lavorare sul fronte dei servizi, della sostenibilità, dell'offerta culturale, delle opportunità abitative per gli studenti. Pensare, piuttosto che a nuove, disastrose espansioni edilizie come quella prospettata nel quadrante nord ovest (Fiumicino) a programmi di recupero dentro la città. E volare alto, magari attingendo al passato migliore di questa città: dal progetto di Cederna ai Fori, ad un'idea di produzione culturale dal basso sulle orme di Nicolini, ad interventi sulle periferie sull'esempio di Petroselli. Forse allora Roma diventerà città appetibile non solo per i tradizionali tre giorni venduti dai tour operator. E intercettare lo sviluppo dell'euromediterraneo. 

mercoledì 12 settembre 2012

Seminario della Fondazione socialismo.

Segnaliamo un ciclo di incontri di studio sulla questioni delle questioni al vaglio della politica nei regimi democratici: è possibile domare la bestia della speculazione ?
Venerdì 14 settembre, alle ore 17, presso l'Università di Roma Tre (ingresso di via Ostiense 139, Aula 4) Vito Gamberale introdurrà un seminario sul tema "Il governo della finanza privata". Il seminario fa parte di un ciclo organizzato dalla Fondazione Socialismo e dalla Fondazione europea di studi progressisti (Feps) sul tema "Sovranità, governabilità e crisi del debito" che si svolgerà nella stessa sede ogni venerdì con gli interventi di Luigi Capogrossi (21 settembre), Cesare Pinelli (28 settembre), Antonio Pedone (5 ottobre), Giuseppe Vitaletti (12 ottobre). Il 19 ottobre si terrà la tavola rotonda conclusiva con l'intervento di Gennaro Acquaviva, Piero Craveri, Giuseppe De Rita, Giuliano Ferrara ed Ernesto Galli della Loggia.


 

giovedì 6 settembre 2012

Carcere: quanti morti ancora ?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Alcune brevi notizie dal pianeta-giustizia: il 30 agosto si è tenuta la grande “battitura della speranza”, segno della ripresa della “campagna nonviolenta, in nome della legge e del popolo sovrano”. Sono parole di Marco Pannella, leader dei Radicali, che da anni porta avanti questa lotta politica e che, nei giorni scorsi, al Tg 5, ha dichiarato: “Venticinque milioni di cittadini sono oggi coinvolti da cinque milioni di processi penali e cinque milioni di cause e procedimenti civili, siamo condannati perché lo Stato si comporta in modo criminale”. Intanto, una notizia del luglio scorso riporta l’attenzione sulla difficile realtà del carcere di Reggio Calabria dove molti processi non si possono celebrare per mancanza di agenti penitenziari che possano essere impiegati al trasferimento dei detenuti dal carcere alle aule dei tribunali. Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e il segretario regionale dello stesso sindacato Damiano Bellucci, sulla situazione reggina dichiarano: “Nei penitenziari calabresi la situazione è dunque sempre difficile non solo per il sovraffollamento dei detenuti, che sono 3mila di cui 67 donne a fronte dei 1890 posti disponibili...” Sulla mancanza di personale delle carceri calabresi riferiscono numeri sconcertanti: “Agenti di Polizia Penitenziaria a Reggio, invece delle 199 unità previste sono presenti circa 175 agenti, a Locri l’organico prevede 94 unità ma i presenti sono solo 65...”.
In questi giorni, inoltre, si discute della presunta chiusura della Casa Circondariale di Marsala. A tal proposito, alla riapertura dei lavori della Camera l’on. Rita Bernardini ha depositato una mozione riguardante l’equiparazione degli appartenenti alla Polizia Penitenziaria con quelli di altre forze di Polizia, mentre l’associazione “Detenuto Ignoto”, per iniziativa di Irene Testa, insiste nella petizione per chiedere al Governo l’introduzione del reato di tortura che in Italia ancora non c’è.
Pochi gli agenti e troppi i detenuti: 45mila posti per 67mila detenuti; 9 milioni di processi arretrati, 10 anni per una sentenza definitiva, 170mila processi che cadranno in prescrizione, il 40% dei detenuti è in attesa di giudizio da mesi o anni e quel che è peggio è che di questi il 50% risulterà innocente. La Ministra Severino ha recentemente risposto con il numero di 11.573 nuovi posti in nuove carceri, il Presidente Giorgio Napolitano, invece, ha dichiarato: “E’ una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile, è una realtà non giustificabile in nome della sicurezza che ne viene più insidiata che garantita”, ma era il 28 Luglio 2011, più di un anno fa, durante un convegno dei Radicali.
Poco spazio a queste notizie, che ci arrivano quotidianamente dal pianeta-giustizia, e silenzio assoluto su tante altre come quella di uno sciopero della fame che, in questa calda estate, ha coinvolto oltre 30mila tra detenuti e personale carcerario per quattro giorni quattro. E’ soltanto un caso che, nelle carceri italiane, in quei quattro giorni, non ci sia stato alcun suicidio?
Sheyla Bobba


                      
                                                          
                                




martedì 4 settembre 2012

Perché puntare sull'agricoltura urbana (2)

La seconda parte della relazione di Franco Paolinelli, sull'agricoltura sociale.


La creazione e gestione di iniziative di agricoltura urbana, ovvero di aree nella quali, con formule varie si pratichi dell’agricoltura, implica la partecipazione di varie tipologie di professionisti ed imprenditori, nelle seguenti fasi operative:
  • Promozione;
  • Organizzazione, progettazione e costruzione giuridico – economica delle iniziative;
  • Progettazione fisica;
  • Costruzione fisica del “giardino ad orti”;
  • Manutenzione fisica;
  • Conduzione, gestione giuridico - economica;
  • Animazione;
  • Gestione di servizi commerciali collaterali.

Dato in numero di ruoli necessari l’indotto d’impresa e di occupazione può essere rilevante e può coinvolgere figure imprenditoriali diverse e complementari.

Ho ipotizzato lo strumento dell’Associazione / Club, come impresa per l’offerta e la gestione dell’orticoltura urbana perché ritengo che possa:
  • Rendere semplici la procedure per la creazione giuridico - economica delle iniziative;
  • Garantire le proprietà dalla creazione di vincoli di difficile estinzione;
  • Fruire di una consolidata normativa di settore;
  • Remunerare in modo equo tutti i fattori produttivi necessari;
  • Permettere le forme di redistribuzione e solidarietà eventualmente desiderate in forme varie;
  • Garantire una qualche forma di controllo democratico sulla gestione delle iniziative.

Ho ipotizzato che gli Agro-club possano aderire ed essere promossi da una Federazione degli Agro-Clubs. Infatti, una loro rete potrebbe:
  • Codificare e standardizzare le forme di contratto e le modalità di gestione;
  • Garantire meglio le parti e regolare meglio i rapporti reciproci;
  • Sostenere un approccio di qualità ambientale e paesaggistica delle iniziative;
  • Garantire i servizi collaterali a prezzi convenienti;
  • Stimolare lo sviluppo dell’agricoltura urbana;
Stato attuale a Roma:
Negli ultimissimi anni il tema orti urbani ha vissuto un vero exploit di interesse. A questo si và affiancando la nascita di iniziative di ogni tipo, dalle occupazioni abusive, alle sperimentazioni nel privato e nel privato sociale, alla creazione di consorzi privati di villette con area condominiale ad orti, ai concorsi per gli orti sui tetti….…...
Comunque, diverse iniziative si stanno orientando verso il modello di gestione Agro-Club, date le garanzie che offre a tutti i soggetti della relazione giuridico - economica necessaria. La SAP, insieme alla ONLUS Il Fiore del Deserto, si sta attrezzando per rispondere al meglio alle esigenze di chi volesse intraprendere la creazione di un agro-club ovvero ne cerchi uno nel quale praticare l’attività stessa.

NECESSITA’:
Per rispondere ai problemi sopra esposti, sia alla scala della politica globale che di quella locale, il lavoro di organizzazione da fare è moltissimo. NON È FACILE e dovrà, necessariamente essere paziente.
I possibili operatori del “Polo della Responsabilità”, a qualsiasi partito appartengano, debbono, quindi, rendersi conto che il compito che sentono di dover fare è di lunga portata ed il suo svolgimento non darà soddisfazioni e prebende a breve. La loro remunerazione sarà soprattutto data dalla soddisfazione della propria coerenza.
In questo quadro, alla scala dell’agricoltura urbana romana, è necessario costruire una “cabina di regia” per:
  • Censire le energie e le risorse disponibili;
  • Integrare e possibilmente coordinare le iniziative esistenti ed in corso di sviluppo;
  • Definire ruoli e procedure perché le opportunità che l’agricoltura urbana e gli Agro-Clubs in particolare, potranno determinare siano distribuite nel modo più equo possibile.
  • Costruire modelli di qualità ambientale, paesaggistica e socio-culturale alta, cui le esperienze reali possano puntare.
CONCLUSIONI
Portare avanti le linee guida sopra elencate non è facile. Proporre, partendo dalla “TERRA”, una possibile via Romana per contribuire a costruire l’organizzazione necessaria alla nuova scala di villaggio a cui si dovrà, necessariamente, arrivare non è facile. In altre parole, proporre un’idea di Roma come miglior punto di equilibrio possibile tra ordine e disordine non è facile.
Creare l’Agro-Club come luogo pilota di produzione di organizzazione e di integrazione, quindi di bellezza e non di “accrocco”, non è facile
Promuovere l’agricoltura urbane evitando che diventi l’ennesimo spazio per l’abuso di piccoli e grandi potenti, quale che sia la bandiera che sventolano, no è facile.
L’alternativa, però, è accettare il degrado in tutte le sue forme.
Accettarlo senza reagire, ovvero rinunciare, equivale ad associarsi al vuoto che, chi sa guardare, vede negli occhi di ogni conduttore di SUV romano.

                      

lunedì 3 settembre 2012

Perché puntare sull'agricoltura urbana (1)


Il testo che proponiamo è una sintesi della prima parte di una comunicazione che Franco Paolinelli ha presentato in luglio ad un congresso sull'agricoltura urbana tenutosi in Inghilterra. L'a.s. è una delle forme di quel comune non coincidente con il pubblico che denota le nuove forme di autorganizzazione sociale ed economica di cui abbiamo più volte parlato (vedi il pezzo su Hardt). E' anche una delle proposte avanzate, secondo la formula dell'agro club, in Per Roma, il libro collettivo sulla capitale, di cui è in preparazione la seconda edizione con nuovi contributi.

                         

I processi evolutivi in atto con l’ampliamento di scala del “villaggio” verso il globale sono di grande portata. La disorganizzazione che ne deriva a livello socio-economico, politico ed ambientale è altrettanto imponente. Quindi, la creazione dei nuovi livelli e delle nuove modalità di organizzazione necessari, a livello macro-politico, politico, economico, culturale, sociale…..NON E’ FACILE. Implica impegno, capacità e visione che vanno molto oltre il piccolo cabotaggio.
Una nuova agricoltura, un nuovo rapporto con la TERRA, possono contribuire ad alleviare gli stress, di scala globale e locale, che necessariamente derivano dai processi evolutivi in atto.
Cercherò di applicare questo criterio al tema trattato: l’agricoltura urbana.

Per capirne la rilevanza e fare le scelte conseguenti va tenuto conto di alcuni dei processi di macro scala in atto:
  1. Integrazione delle economie a scala globale, quindi crisi dell’agricoltura italiana: non competitività, dipendenza assistenziale;
  2. Espansione delle aree urbane e peri-urbane, creazione di città diffuse, sviluppo di sistemi urbani di scala provinciale, cementificazione diffusa;
  3. Crisi ambientale, effetto serra, inquinamenti, squilibri nella disponibilità dell’acqua;
  4. Dis-integrazione delle comunità in termini sia sociali che economici, crisi delle culture tradizionali delle comunità, fuga dei giovani dal territorio, resa dei conti dell’assistenzialismo pubblico;
  5. Perdita di abilità individuali nella sfera fisica, manuale, pratica data dall’incremento esponenziale di dipendenza da società complesse. Fattore di rischio in quanto i sistemi complessi non sono ancora efficienti ed affidabili.
  6. Nuove funzioni del territorio extra-urbano:
    • Ambiente: Protezione della natura, sviluppo della copertura forestale per creare magazzini di Carbonio, per la difesa dal dissesto idro-geologico, consumo di suolo per la produzione agro-energetica…..;
    • Terziario Rurale: trasformazione dell’economia del territorio dal primario al terziario: persistenza e sviluppo di una diffusa “domanda di ruralità”: agricoltura sociale, agriturismi, seconde case in campagna, piccole aziende agricole, hobby farming, orti urbani…..: forme di agricoltura da leggere come terziario avanzato;
  7. Avvio dell’agricoltura urbana, sviluppo di una nuova idea di città come organismo autotrofo: verso l’auto-produzione di energia e di alimenti integrata vicino, in mezzo, sopra, e dentro alle aree metropolitane.
In questo quadro, l’agricoltura distribuita nel tessuto urbano e peri-urbano può essere un fattore positivo nel contrastare la disorganizzazione che i processi evolutivi in atto determinano. Può, in altre parole, essere un possibile fattore di tamponamento degli stress ed allo stesso tempo di reintegrazione del dissesto, presente a livello sia bio-ecologico che sociale, quindi di edificazione di complessità consolidata e sostenibile.

A) L’agricoltura urbana come elemento di benessere, sostegno ed integrazione sociale:
  • Servizi per anziani e per soggetti con difficoltà;
  • Hobby farming urbano come possibile fattore antistress e d’identità per adulti e giovani;
  • Benessere fisico dato dall’eseguire attività fisica all’aperto;
  • Possibile evoluzione delle fattorie multifunzionali in ambiti di fiducia e consuetudine, frequentati con regolarità dalle 3 generazioni, al punto da diventare estensioni della “casa”, la “Family Farm”.
  • Servizi per bambini: negli ambiti di A.U. i bambini potranno vivere la sperimentazione costante del reale, trovandovi tutte le sollecitazioni della ruralità e della natura, la cui importanza formativa ed evolutiva è ben nota. I contesti potranno, però, essere più sicuri della campagna dei nostri nonni e bis-nonni.
  • Occupazione protetta: integrazione di produzione e sistemi di welfare.
  • Ambito di socializzazione ed integrazione, la cultura ed i cicli della ruralità implicano cerimonie che hanno il compito di creare comunità e consolidarne i legami.
  • Formazione professionale.

B) L’agricoltura urbana come possibile servizio ambientale e paesaggistico:
  • Riqualificazione aree urbane degradate, anche di piccole e piccolissime dimensioni, integrate nella maglia urbana;
  • Gestione di aree di verde fruibile a costi molto bassi, eventualmente con utili, per gli Enti responsabili;
  • Fito-depurazione a carico di polveri, inquinanti gassosi, inquinanti liquidi, reflui organici, con restituzione alla TERRA;
  • Compostaggio locale di rifiuti urbani organici e riuso / smaltimento / riciclaggio, con restituzione alla TERRA;
  • Valorizzazione delle risorse idriche di recupero, a fronte dalla crescente carenze delle risorse idriche primarie;
  • Valorizzazione paesaggistica, progettata e guidata, di materiali naturali prodotti dalla foresta urbana (legno, frascame, fogliame….), con restituzione alla TERRA;
  • Possibile valorizzazione paesaggistica, progettata e guidata, di rifiuti solidi urbani metallici, plastici, legnosi…., da edilizia….., con restituzione alla TERRA;
  • Incremento delle superfici a verde foto-sintetizzante se confrontato con le aree destinate a produzione agricola.

C) L’agricoltura urbana come elemento di sviluppo economico:
  • Valorizzazione delle potenzialità di realizzazione di beni da parte di fasce deboli della società;
  • Integrazione del reddito familiare;
  • Produzione di servizi di assistenza socio-sanitaria a costi competitivi rispetto ai servizi correnti;
  • Recupero alle filiere economiche locali di parte delle risorse economiche dello Stato spese per le pensioni.
  • Possibile indotto su tutta la filiera del verde, nascita di molte piccole imprese diffuse sul territorio;
  • Creazione di posti di lavoro;
  • Possibile formazione d’identità e d’abilità spendibili nell’agricoltura urbana e nella filiera del verde;
  • Produzione di cibo già pagata dagli altri servizi, quindi a costo competitivo;
  • Sinergia e stimolo dell’agricoltura primaria locale;
  • Filiera cortissima.
CONTINUA