Le ultime vicende riguardanti l'Acquedotto pugliese dimostrano quanto lo stato di fatto prodotto dal referendum sull'acqua del giugno scorso abbia prodotto una situazione a dir poco confusa.
Una recente relazione della Corte dei Conti aiuta a vederci più chiaro. La Regione Puglia, con l.r. 20 giugno 2011, n. 11 ha stabilito che «il servizio idrico integrato della Puglia è affidato a un’azienda pubblica regionale che realizza la parte prevalente della propria attività con l’ente pubblico che la controlla, anche per beneficiare delle economie di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento del servizio e con l’obbligo del reinvestimento nel servizio di almeno l’80 per cento degli avanzi netti di gestione». In sintesi, acqua pubblica gestita da una società interamente pubblica. Non solo, i dipendenti della ex s.p.a. Acquedotto pugliese transiterebbero ipso facto nell'organico della neo costituita azienda regionale. Ma si può fare ? Sembrerebbe di no, almeno a parere della corte costituzionale che, con sentenza 21 marzo 2012, dietro ricorso della presidenza del Consiglio, ha affarmato l'incostituzionalità tanto del primo che del secondo punto.
1) «La disciplina dell’affidamento della gestione del SII attiene, come più volte affermato da questa Corte, alle materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. 2) «La normativa impugnata dispone un generale ed automatico transito del personale di una persona giuridica di diritto privato, la S.p.A. Acquedotto pugliese, nell’organico di un soggetto pubblico regionale, l’Azienda pubblica regionale denominata AQP, senza il previo espletamento di alcuna procedura selettiva». Insomma, la tutela della concorrenza non è materia regionale e non si può transitare nella p.a. senza concorso. Elementari principi liberali che mal si attagliano al vento statalista che sembra unire l'intera compagnia di Vasto. Della vicenda, a quanto ci risulta, nessun giornale ha parlato.