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lunedì 5 marzo 2012

Per una religione aperta

 Per una volta parliamo di Dio. Non di religione, chiesa, regime concordatario. Ma proprio di Dio. Del Dio cristiano. Nella società globalizzata Dio sembra interessare poco, una presenza superflua, ingombrante. Fastidiosa come ripeteva l’esausto bambino de “L’ora di religione” di Bellocchio. Da anni si parla di “scisma sommerso”. E’ la tendenza di un numero sempre maggiore di credenti al fare da sé, ritenendo inconciliabile l’apparato dogmatico proposto dalla Chiesa di Roma e la loro coscienza. Il problema è limitato alle gerarchie e all’insostenibilità di certe posizioni in materia di etica e diritti civili? Per non parlare della vicenda pedofilia o dei periodici scandali legati alle finanze vaticane. Proviamo a fare un piccolo esercizio di storia contro fattuale. Immaginiamo che al posto di Joseph Ratzinger vi sia un altro papa, eletto all’indomani della morte di Wojtyla. Chi? Un papa solare, aperto, dialogante, disposto a promuovere un nuovo concilio. Una via di mezzo tra la profezia di Giovanni XXIII e la profondità esegetica di un Martini. Un nuovo, straordinario campione della cristianità. Ebbene, lo scenario cambierebbe? La fede diventerebbe più attrattiva? Assisteremmo ad un nuovo rinascimento cattolico? Probabilmente, no. E la ragione non risiede nella chiesa, ma nella sua ragione d’essere. Dio, appunto. Ha ragione  Vito Mancuso quando osserva che l’idea del Dio unico, sovrano, onnipotente non parla più ai nostri tempi. Tempi nei quali sta avvenendo una trasformazione antropologica scaturita dalla socializzazione delle tecnologie che non ha pari nella storia dell’umanità. E che ha avuto il suo primo tempo nel processo di liberazione della donna. Il punto è che l’intelletto generale cognitivo, come dicono i filosofi, non vuole più a riconoscersi in quella immagine di Dio. Il Dio che rimane in silenzio di fronte alla Shoah in nome di una logica oscura ed imperscrutabile non vale la pena di essere creduto. Il Dio verticale che non interviene nella storia permettendo lo scatenarsi del male. E perché, pur essendo onnipotente, non interviene? Il punto è che le vittime ormai non accettano più la riposta di un bene più grande. Come Primo Levi. Rifiutano il Dio che istituisce l’inferno storico da cui dovrebbe scaturire un riscatto senza fine. E allora per rispondere alle esigenze di libertà e giustizia dell’uomo contemporaneo forse bisognerà pensare ad un'altra idea di Dio. Come quella del Dio scaturito dalla compresenza di cui parlava Capitini. Che si manifesta nell’essere  compartecipi della sorte degli ultimi, dei sofferenti, di tutti, viventi e  non viventi. In un’armonia nuova e profonda con la natura. Che si manifesta nella religione aperta senza più obbedienti, ma solo persuasi. Il “Dio tutto in tutti”, come lo definiva Capitini. Nella religione aperta Dio non è espunto, cancellato, è semplicemente vissuto in tutti, senza esclusione alcuna. La pratica religiosa verrebbe a coincidere con la pratica di sé, nell'askesis piuttosto che nella codificazione rigida di comportamenti (M. Foucault, L'uso dei piaceri, storia della sessualità,2). Aprendosi alle infinite potenzialità della libertà. 


P.A.