giovedì 3 gennaio 2013
Umberto Serafini pioniere degli Stati Uniti d'Europa
La celebre definizione del fascismo come autobiografia della nazione, coniata da Piero Gobetti, non ci è mai piaciuta. Perché semplicistica, riduttiva, incurante del fatto che il movimento fascista non fu la continuazione di una storia già iniziata. Ma fu un fenomeno politico per niente fragile, dotato di una sua cultura politica e idea dello stato, complesso e non riducibile allo stesso mussolinismo, come hanno dimostrato gli studi Emilio Gentile. Ma si può affermare che esistono degli uomini che rappresentano un'ideale biografia della nazione ? Einaudi, Olivetti, Rossi, Spinelli, Capitini, Zevi, Dolci, Milani, Sciascia, Impastato e tanti altri che incarnano un modo ideale di essere cittadini di questa nazione ? I nomi che abbiamo citato sono molto noti, a loro modo parte di un ideale pantheon della nazione. Di molti altri si conosce poco o nulla. È il caso di Umberto Serafini (1916-2005), uno dei padri del movimento federalista del secondo dopoguerra e inesausto costruttore della prospettiva degli Stati Uniti d'Europa. Un recente volume di Carocci ne raccoglie gli scritti e il lavoro tra il 1954 e il 1996. In apertura al libro un denso saggio dello stesso Serafini sul progetto politico e istituzionale di Adriano Olivetti, di cui fu a lungo collaboratore. Uno degli scritti migliori per comprendere la macchina amministrativa teorizzata da Olivetti. Come nell'idea delle comunità olivettiane, il federalismo di Serafini nasce dal basso, ha la sua ragione nei comuni. La somma dei comuni e degli enti territoriali europei avrebbe fondato gli Stati Uniti d'Europa che sarebbero nati, come immaginava anche Spinelli, da un processo costituente. Oggi, a parte i radicali, nessuno parla di Stati uniti d'Europa. Eppure sarebbe, in primis per la sinistra, un modo per rilegittimare la presenza italiana in Europa. La battaglia federalista di Spinelli e Serafini, una delle pagine di cui andare fieri.