sabato 30 aprile 2011
Su Wojtyla servono voci dissonanti
Le parole di Hans Kung in questo video, sono da questo punto di vista motivo di sprone e speranza.
martedì 26 aprile 2011
Binni politico
mercoledì 20 aprile 2011
Voto e paura. Per la sinistra
Un intervento di Franco Paolinelli sulla necessità per la sinistra di rappresentare un nuovo status. Che i riformisti non possano ignorare l'antropologia, appare sempre più evidente.
Le società occidentali appaiono attualmente dominate da un senso di rabbia e paura.
Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio- economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che cresca l’età media della popolazione, aumentino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere e pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione.
Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli di potere, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue le illusioni di status.
Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello antipatico, alla riunione condominiale……
Questo stato d’animo, privo di fiducia, speranza o fede in un futuro migliore porta a scegliere politicamente chi propone il no, la chiusura, il rifiuto di un progetto sociale che vada oltre il proprio microcosmo.
Costoro, nella difficoltà di percepire la portata delle trasformazioni in atto, vedono le Istituzioni, le componenti della società civile che, bene o male, cercano di gestire i difficili processi in atto come nemiche.
Non ne colgono, dove c’è, il senso di responsabilità, quasi che fosse il loro impegno a determinare l’immigrazione, i limiti ambientali, il deficit cui fare fronte con tasse o tagli…..
Quindi, politicamente, oltre al no scelgono chi irride i portatori di responsabilità, chi si fa un baffo del rigore e delle norme civili.
Esaltano, infatti, il modello dell’io prima degli altri, dell’interesse personale come unica risposta alle difficoltà della comunità.
Il codice comportamentale della Sinistra dovrebbe essere alternativo a tutto ciò. Il suo cuore dovrebbe, infatti, essere nell’intuire le dinamiche di scala superiore e nel partecipare all’edificazione dell’assetto sociale possibile, quindi, nel saper vedere le esigenze della comunità oltre quelle individuali.
Quanto detto dovrebbe portare la sinistra a porsi in un’ottica di guida dei processi alternativa alla paura, al rancore, al prelievo od al danno ambientale come forma di compensazione o vendetta dello spaesamento.
Ma, vivere questa consapevolezza e non lasciarsi trascinare dalla paura non è facile. Persistere in un atteggiamento di fiducia e responsabilità, quale che sia la propria posizione, nelle Istituzioni, nelle Imprese o nelle Professioni, quindi, tenere le maglie della comunità, assorbendo gli stress dati dai problemi esistenti e dalle reazioni alla paura dei problemi stessi non è da tutti.
Infatti, la scala e l’idea stessa di assetto sociale possibile non sono evidenti. La società utopica è difficile da immaginare, non è affatto chiara la sua fisionomia tecnologica, culturale, sociale e politica.
Inoltre, mentre l’assetto possibile e necessario è globale, l’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è ancora frammentato nelle molteplici realtà locali, la scala della lotta politica è ancora nazionale.
Peraltro, a questa scala molte delle realtà sociali la cui inclusione era il fine dei progressisti di ieri, oggi difendono interessi costituiti e questo chiedono di fare ai loro rappresentanti.
Le loro organizzazioni tradizionali ed i loro leaders si trovano, quindi, nella condizione contraddittoria di richiamarsi a valori progressisti e difendere al contempo interessi consolidati e spesso corporativi.
Gli interessi d’inclusione dovrebbero essere espressi da immigrati, ma le capacità di dialogo tra questi e le forze politiche è ancora molto scarsa.
Quindi, non è facile avere la lungimiranza necessaria a vedere l’evolvere fisiologico del processo di costruzione dell’assetto possibile. Non è facile mettere in atto la tenacia necessaria a sopportarne i tempi, conservando l’impegno della sua edificazione.
Coerentemente, l’immagine del progressista non va di moda quanto è andata in decenni addietro, non interessa chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono perlomeno un profitto d’identità, quindi, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica.
In altre parole, oggi, la responsabilità non è da tutti.
Andrebbe, quindi, esplicitato come abbia ben ALTRO STATUS, chi riesce, comunque a metterla in atto, rispetto a chi si lascia dominare dalla paura ed a chi persegue, opportunisticamente e vigliaccamente, il solo interesse personale.
Sarebbe, quindi, giusto e necessario promuovere la consapevolezza di questa difficoltà, per coinvolgere chi può vedere i processi e può contribuire all’edificazione del progresso possibile.
Evidenziare le condizioni attuali, accettarne il carico e diffondere la consapevolezza delle oggettive difficoltà esistenti potrà contribuire a costruire l’immagine di chi si presta al compito e delle relative organizzazioni.
Potrà appagarne l’ego, comunque bisognoso di conferme.
Sarà, peraltro, la sicurezza pacata e lungimirante dei pochi pensanti ad attrarre i molti che cercano un modello da imitare. Sarà la loro superiorità intellettuale e morale a catalizzare il consenso necessario a costruire la società possibile. Poiché il Governo, quando c’è e dove c’è, è sempre espressione dei “migliori”, non interessati al profitto meschino, ma capaci di visioni di lungo respiro.
Certamente, non sarà la rissa isterica, ne la sola denuncia delle schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti politici che potrà riportare attenzione alla sinistra ed ai suoi valori.
Denunciare la grettezza del contro, le malefatte dei profittatori o le sconcerie del Re, sempre più nudo, non porta chi vive nella paura a scegliere la costruzione della comunità. Anzi, produce altro stress, altra ostilità e conferma le scelte del no, alimenta i modelli della chiusura e dell’interesse individuale.
Avviare, invece, il processo di acquisizione di consapevolezza, evidenziare lo STATUS dei portatori di responsabilità darà le basi perché chi ha questa forza e queste caratteristiche accolga e sposi il progetto necessario per costruire la società possibile.
L’uomo, o la donna, giusti, arriveranno solo quando questa consapevolezza si sarà diffusa.
F.P.
martedì 19 aprile 2011
Bianchi o Capitini ?
Oggi alla chiesa manca il respiro
di Enzo Bianchi
Lettera di religione n°10 (dalle Lettere di religione)
di Aldo Capitini
venerdì 15 aprile 2011
Sulla difesa della scuola pubblica. Un discorso di Calamandrei
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori, si dice di quelle di stato. E magari si danno premi, come ora vi dirò. O si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A quelle scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.
Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.
martedì 12 aprile 2011
La Scuola italiana e quei maestri dimenticati
venerdì 8 aprile 2011
Dai Verdi tedeschi segnali anche per noi
mercoledì 6 aprile 2011
Le 95 tesi di Fox. Il video
lunedì 4 aprile 2011
I riformisti e la scuola
E' ora che la sinistra riformista italiana definisca una politica per la scuola al di là delle estemporaneità. Da dove è iniziato la confusione che ha portato in questi anni a non distinguere le politiche della destra da quelle della sinistra sulla scuola ? Secondo noi, il vulnus non è scaturito né dalla legge sull'autonomia, né dall'introduzione di criteri di valutazione delle scuole e degli insegnanti. Qui entra in ballo l'invalsi, l'istituto di valutazione del ministero sottoposto in questi giorni a feroci critiche da parte di tanti docenti che rifiutano la somministrazione dei test. Invece, la valutazione è l'unico aspetto dell'esperienza della scuola anglosassone, per il resto scadente, che vale la pena prendere in considerazione. La valutazione, se svolta correttamente, è indispensabile in ogni sistema che non voglia consumarsi nell'autoreferenzialità e quindi nel corporativismo. Nessuno pensa di licenziare chi non raggiunga determinati parametri di apprendimento, ma è necessario che ogni scuola sia consapevole della qualità del suo lavoro ed eventualmente si impegni a migliorarla. E per farlo non vi è altro mezzo che la valutazione. Gli errori compiuti durante la breve stagione riformatrice del primo governo Prodi furono altri:si chiamano legge sulla parità e "concorsone" per la valutazione del merito dei docenti. Nel primo caso si è trattato di un vulnus gravissimo introdotto nel carattere pubblico dell'istruzione che ha spalancato le porte ad un fiume di denaro concesso a scuole private senza alcuna verifica sulla qualità dell'offerta; su questa scia si pone anche lo scandalo mai emerso delle scuole paritarie italiane all'estero. Nel secondo caso si è trattato di un progetto improvvisato, inadatto ad affrontare un tema tanto delicato. Il risultato, come sempre avviene quando i riformisti sbagliano il tiro, è stato un lungo vento demagogico che ha colpito anche le cose buone presenti nella stagione di Berlinguer (l'autonomia), peraltro largamente ispirata dalla Cgil. Ora, è tempo di fare chiarezza e riaffermare il carattere pubblico dell'istruzione e avere il coraggio di rimettere mano alla legge sulla parità, a condizione anche di un prevedibile, duro scontro con le gerachie vaticane. Superare la logica dei tagli e del killeraggio nei confronti degli insegnantii, insieme ad un impegno sulla valutazione, l'aggiornamento, l'organizzazione oraria della scuola italiana. E coinvolgere tutta la società italiana in una discussione sul valore pubblico della scuola. Quale tema migliore per la prossima campagna elettorale ? Senza difensivismi, senza chiusure particolaristiche. Ricordando i grandi del passato, a cominciare da Don Milani, Gianni Rodari, Danilo Dolci, Mario Lodi che lavoravano per una scuola a misura di studente più che di docente.
paolo allegrezza