azine Materiali Magazine Materiali Magazine Materiali Magazine Materiali Mag

venerdì 26 febbraio 2010

FEDE E POLITICA

Secondo Vito Mancuso, "Repubblica" del 26 febbraio, la teologia deve essere laica, "cioè abitata dall'aria pulita della libertà di pensiero, unica condizione, a mio avviso, perché l'occidente torni a interessarsi della sua religione."
Questa idea della fede come dimensione autonoma da relazioni d'autorità, financo verso il Papa, può dare un contributo alto alla politica. Aiutarla, con la sua testimonianza discreta, a decidere "pensando". Tutto ciò è, però, molto lontano dalle pratiche passate e presenti della curia, il che non è un elemento da poco. Considerando l'importanza che i partiti le attribuiscono e la scarsissima propensione alla critica. Ma c'è anche un altro aspetto: alle donne e agli uomini di questo paese (e dell'occidente) interessa veramente la fede? E, poniamo gli interessi, siamo sicuri che sceglierebbero la fede di cui si fa interprete Mancuso rispetto a quella più rassicurante e meno impegnativa, proposta da altri pulpiti? Viene in mente l'amara considerazione di Sciascia sui siciliani fascisti perché il regime gli avrebbe garantito per la prima volta la più importante delle libertà: la proprietà. Delle altre libertà gliene importava molto meno.
La Redazione.
Leggi l'articolo (finesettimana.org)

martedì 23 febbraio 2010

SCUOLA

C'è uno storia nel mondo della scuola italiana di cui nessuno parla. Riguarda le scuole paritarie all'estero alle quali arrivano finanziamenti a fronte di una qualità della didattica tutta da verificare. Sono sotto il controllo del ministero degli Esteri ma chi le amministra di fatto è la Pubblica Istruzione. Il sistema trova concordi due interessi: dei docenti che vedono nel trasferimento estero l'unica possibilità per incrementare stipendi che non fanno sognare; e dei diplomatici che vedono nella presenza di una scuola italiana un incremento di prestigio per la loro sede. Comprensibile, peccato che i controlli siano materialmente difficili per i presidi in loco, talvolta destinati al controllo di istituti disseminati su aree vastissime e, a maggior ragione, per i lontani uffici romani. Per saperne di più il decreto interministeriale che disciplina l'applicazione della sciagurata legge 10 marzo 2000 n. 62 sulla parità (ministro Luigi Berlinguer) e un documentato, recente articolo de Il Giornale.
Decreto Interministeriale
Articolo de Il Giornale

venerdì 19 febbraio 2010

SCUOLA, ITALIA 3

La bella inchiesta di Riccardo Iacona sulla scuola rischia di creare più di un fraintendimento. Raccontare la crisi della scuola italiana partendo dai precari che non vengono riconfermati, dalla riduzione dei finanziamenti, dal problema edilizio o dalla denuncia dei trasferimenti monstre che in Lombardia giungono alle paritarie, consente di cogliere solo una parte del problema. Se i soldi vi fossero, se i precari fossero tutti assunti, se gli edifici fossero finalmente messi tutti a norma, se la sciagurata legge sulla parità (voluta da Berlinguer) fosse abrogata, le perfomances della scuola pubblica italiana sarebbero migliori degli attuali, sconfortanti risultati dei Pisa tests ? C'è da dubitarne perché nulla si sarebbe fatto nella direzione della qualità della didattica che necessita innanzitutto una verifica del lavoro svolto da ogni singola scuola. L'attenzione alla qualità dell'insegnamento, passa per la misurazione. L'unico modo per valorizzare chi lavora bene e spingere chi lavora male ad adeguarsi.
Vedi l'inchiesta di Iacona

domenica 14 febbraio 2010

Nuova scuola ?

Paolo Cretoni scrive:
Una maggioranza blindatissima ha varato la riforma della secondaria superiore in gran fretta e "sotto ricatto" dei già decisi tagli finanziari...
Un riordino degli indirizzi e dei curricula era indispensabile ed atteso, ma si poteva e doveva dargli un senso rispetto a coerenti (e possibilmente condivisi) obiettivi formativi; per non parlare dei probabili tagli decisi all'ultimo minuto solo per gli istituti tecnici e professionali, già abbastanza "bistrattati" nel nuovo ordinamento.
In allegato un commento di Giovanni Bachelet. ( Leggi )

( Tra i commenti a questo post una ricca analisi di Paolo Allegrezza è supportata da dati statistici illuminanti. Ecco i links:
dati Eurostat , PISA tests , dati Ocse sulle retribuzioni ).

Questo spazio potrebbe aiutarci a condividere ulteriori idee, commenti, proposte sulla politica scolastica; invitiamo studenti, genitori, docenti a partecipare.

venerdì 12 febbraio 2010

SCUOLA, ITALIA 2

Una premessa con statistiche (allarmanti) sulla dispersione. ( LEGGI I DATI )

Se ne parla poco, ma la scuola italiana non ha soltanto un problema di qualità dell'apprendimento. Da anni siamo agli ultimi posti nei Pisa test e da anni abbiamo un elevato livello di dispersione scolastica. E' questa perdita silenziosa di studenti il cancro della scuola italiana. Quasi un terzo degli iscritti alle superiori non riesce a conseguire un diploma. Inutile dire che le percentuali del sud sono doppie o triple rispetto a quelle del nord, in corrispondenza di quasi tutti gli indicatori. Non è con la solita litania dell'attacco alla scuola pubblica che si affrontano questi problemi. Anche perché abbiamo una delle spese scolastiche più alte fra i paesi europei (97% in stipendi) con un numero di ore annue tra i più ridotti. Di questa emergenza nazionale qualcuno prima o poi dovrà parlare e dire anche cose sgradevoli per quella che forse è l'ultima costituency della sinistra in questo paese: gli insegnanti. Si potrebbe partire da due "piccole" proposte: inserimento di meccanismi premiali per chi lavora meglio e di più, avendo preventivamente fissato gli obiettivi; trasferimento di risorse privilegiato verso i territori più critici con monitoraggio costante dell'investimento.

Popolo responsabile

Ancora una riflessione di Franco Paolinelli:

Popolo della Responsabilita’ (PdR)
Le dinamiche descritte poco più di un anno fa si sono manifestate in tutta la loro potenza, in tutta l’Europa. La paura del futuro, quindi del diverso, dell’altro, la rabbia per le aspettative frustrate, si sono espresse pienamente, dal nord al sud.
L’onda dell’egoismo, della chiusura, del rifiuto, ha contaminato infatti quasi tutto il continente, scatenando reazioni fobiche sopite, ma, evidentemente, mai realmente superate.
La declinazione italica di questo trend, più furbetta ed opportunista, come di norma, ha scatenato chi propugna l’appropriazione individuale delle risorse, la cecità sociale, l’irresponsabilità portata a mito d’identità, non diverso dal “me ne frego” di qualche decennio fa.
Grande occasione per chi, alle varie scale, vuole correre ad occupare tutto l’occupabile, abusare l’abusabile, proffittare il profittabile, al di là di qualsiasi intelligenza e lungimiranza, anzi, con il piacere sadico dell’appropriazione, della sottrazione al futuro. Ma, le elezioni europee dicono che, nonostante il trend europeo e la grande corsa opportunista italica, c’è ancora, nella penisola un “POPOLO DELLA RESPONSABILITA’.

Necessariamente non motivato da opportunità di poterucolo e spartizione, già perse, né da carri su cui salire, privi per ora sia di conduttori capaci che di strade chiare da percorrere, il PdR ha dato un voto di pura presenza.
Lo ha dato nel calderone catto - progressista, senza ancora un’identità chiara, nella nostalgia del mito rivoluzionario, nella denuncia ambientalista, giustizialista, laicista, sedi di confusioni infinite, tra piccolo cabottaggio politico, miti di riscatto e poltroncine, ma lo ha dato.
Nonostante l’assenza di programmi chiari e la leadership inconsistente, quindi suicida, il PdR si è mosso ed è andato alle urne. Evidentemente non lo ha fatto per interesse di cordata, ma per dare il suo segnale di presenza.
E’ quindi evidente che esiste una realtà italiana sufficientemente colta per non essere abbindolata e per capire le esigenze del futuro vicino e lontano. Abbastanza orgogliosa ed autosufficiente per non essere assoldata, appartenente quanto basta a reti sociali e culturali per non doversi abbandonare alla rabbia, per non cadere vittima della cieca paura.

C’è quindi un popolo che, nei limiti del proprio agire puntuale potrà, nonostante il resto, esprimere quotidianamente il proprio senso di responsabilità ambientale e sociale, la propria capacità di vedere lungo.
Consapevole dei vincoli che la gestione della complessità impone prenderà per mano, poco alla volta anche gli altri, come d’altronde, ha sempre fatto. Meno male. Speriamo che lo faccia con fantasia.
6-2009 Franco Paolinelli

lunedì 8 febbraio 2010

ESSERE DI SINISTRA

Riceviamo da Franco Paolinelli e volentieri pubblichiamo:

LA DOMANDA DI SINISTRA E’ BASSA: ESSERE DI SINISTRA NON E’ FACILE
C’erano due motivi per essere di sinistra. Il primo era sindacale, di chi si organizzava per migliorare le condizioni del proprio contratto sociale. Il secondo era culturale, di chi cercava il benessere collettivo oltre gli interessi personali immediati. Intuivano le dinamiche evolutive e capivano la necessità, per non soccombere, di costruire equilibri sociali ed ambientali più avanzati rispetto a quelli immediati del mercato. Tanto più ampia era la visione, tanto più vasta l’inclusione.
Collateralmente si diceva di sinistra anche chi non sindacava e non capiva, ma percepiva che si portava, quindi si aggregava, spesso si mascherava e ci marciava. Il benessere era in crescita, il bilancio d’immagine dell’investimento nella solidarietà, nella rivoluzione o nella responsabilità di specie era positivo. Le nazioni dei poveri non facevano ancora paura. Oggi è più difficile.

E’ per lo più difficile per i nuovi cittadini venuti da altrove. Pregni di rabbia per le identità e gli status lasciati a casa, drammaticamente alla rincorsa dei modelli di consumo, ancora non sanno essere classe. Per sentirsi esistere e compensare il vuoto debbono lottare soli, con strategie di breve e spesso brevissimo respiro. Ancor più difficile è per quelli di loro che hanno raggiunto il successo, spesso con l’energia e la ferocia che solo il complesso d’inferiorità può dare.
E’ difficile per i tanti giovani che non sanno prendersi in carica, avere identità propria. Miti e modelli li inchiodano a prospettive fuori scala. Famiglia, sussidi, lavoretti permettono loro di continuare a giocare. Di promessa in promessa, di concorso in concorso, aspettano un padrone padre cui vendersi per una divisa attillata. Certo non hanno coscienza di classe.

E’ difficile per i molti occupati sicuri, nello Stato, negli Enti, nelle grandi imprese. Il loro interesse immediato è conservare le posizioni acquisite da padri e nonni, con le lotte e la solidarietà di ieri. Il piccolo benessere acquisito li allontana dalla coscienza di classe. Temono le insidie del nuovo, del diverso, ieri compagno, oggi nemico.
E’ difficile per i tanti anziani e pensionati dello squilibrio demografico, anche per quelli che ancora oggi si cingono di fazzoletti rossi. Hanno tutti paura, di non farcela, di dover rinunciare al piccolo status acquisito, di rimanere soli, di non capire più dove sono. La speranza del mondo migliore l’hanno lasciata nelle marce di ieri.
E’ difficile per quadri, imprenditori, commercianti, docenti, intellettuali, artisti, specialisti, professionisti….. La fase regressiva in atto ne spinge molti a difendere il proprio orticello, ad affidarsi al potere forte. Le risorse da investire nel buono e nel bello sono sempre meno, il risultato di status è dubbio, la confusione dei valori è tanta. I loro dipendenti rischiano, quindi tacciono.
E’ difficile per i politici. Sia per quelli veri, frenati in tutto dall’inerzia di colonnelli, tenenti e caporali, impegnati costantemente a conservare potere e privilegi, ad ottenere il massimo facendo il minimo. Sia per quelli finti, autoreferenziali, ormai schiavi delle clientele, costretti per sopravvivere, ad inseguire anche le più meschine.

Date le difficoltà elencate è comprensibile che quelli che ci riescono, che hanno comunque investito nel futuro, nella capacità dell’umanità di organizzarsi e governarsi, che la paura non ha accecato, che la meschinità non ha scoraggiato, non siano maggioranza. Anzi, considerando anche gli errori e la cecità dei leaders, il loro numero è sorprendente. Potranno finalmente riconoscersi, liberi dall’ambiguità delle cordate, dei salotti, delle anticamere.
Per costruire la sostenibilità dovranno lavorare anche per gli altri, è comunque nel loro ethos. L’alternativa al farlo ed in tempi brevi, come molti hanno già capito, non c’è.
4-2008 Franco Paolinelli

venerdì 5 febbraio 2010

SCUOLA, ITALIA.

Paolo Allegrezza scrive,
E'ora di iniziare un dibattito sulla scuola che prescinda dai luoghi comuni sindacali e mediatici. Per gli uni da circa trent'anni, con governi di tutti i colori, c'è "un pesante attacco alla scuola pubblica". Per gli altri la scuola è una sorta di territorio di nessuno in mano a torme di studenti maleducati e docenti depressi. Da una rilevazione Istat del 2007 emerge che la scuola italiana non è sull'orlo di una crisi di nervi, come viene spesso rappresentata. Ha le sue luci e le sue ombre, ma ha anche un numero elevato di studenti e docenti che ne dà un giudizio positivo. Forse bisognerebbe partire da situazioni reali e pensare a come intervenire non dappertutto, ma nelle situazioni di maggiore difficoltà (il Mezzogiorno). Magari introducendo la valutazione degli istituti e incentivi per i docenti che accettano di andare a lavorare in contesti particolarmente difficili. E riescono pure ad ottenere dei risultati. Un approccio da riformisti, insomma, più che da chiaccheroni. Leggi i dati ISTAT .

martedì 2 febbraio 2010

ITALIA DI OGGI

Dal rapporto Eurispes emerge un'Italia difficile da decifrare. Gli stipendi più bassi d'Europa che, però, non corrispondono al paese più povero del continente. Grazie all'enorme quantità di sommerso. Al nord come al sud. Cosa può dire a quest'Italia il partito democratico ? Forse che c'è bisogno di politica. Di poche proposte ma chiare. Una scuola pubblica di qualità. Un welfare per i giovani da finanziare con pensioni ed evasione. Un sistema istituzionale fondato sul parlamento. Una no tax area per il mezzogiorno. Cose perfino banali per una forza riformista, maledettamente difficili da dire. Leggi il rapporto Eurispes .