"Un
sogno di libertà", il libro che raccoglie e sviluppa
pluriennale ricerca di Rosario Villari sul regno di Napoli negli anni
della dominazione spagnola, è una lettura indispensabile per capire
la storia del mezzogiorno. Un affresco ampio, di ben 665 pagine, alla
maniera delle sintesi proprie della storiografia anglosassone. In più
con una facilità di scrittura che ne esalta la dimensione
divulgativa. Il pezzo forte è costituito dai dodici capitoli nuovi
che estendono il lavoro originario uscito nel '67 alla trattazione
della rivolta anti spagnola del 1647. Cosa può trovare nel libro il
lettore non specialistico ? Innanzitutto, la traccia di una costante
aspirazione alla libertà che trovò nel popolo e nella borghesia
cittadina i suoi interpreti. Moto riformatore e rivoluzionario, tra i
due vi è continuità, che vide protagonisti uomini di stato e
intellettuali come Tommaso Campanella. Quest'ultimo, ricondotto alla
sua dimensione di studioso avveduto e lucido, prima di farsi
sostenitore della rivoluzione fu un tenace assertore delle riforme in
senso anti feudale, per l'estensione della sfera di intervento e
influenza della monarchia. Anche il banditismo si rivela come un
fenomeno di lungo corso, altro che espressione di rivolte
sottoproletarie come lo si è voluto interpretare in chiave
risorgimentale. Fu espressione degli interessi del baronaggio, da
essi alimentato in chiave anti regia, strumento della difesa del
vecchio ordine. È quindi sfatato il mito dell'inerzia meridionale
rispetto al potere, mente si conferma quello della difficoltà di
dare a questo disagio il volto di un progetto politico. Limite che ha
riguardato anche i due più consistenti movimenti politici che il
mezzogiorno ha espresso nell'ultimo sessantennio: quello di
occupazione delle terre nel secondo dopoguerra e, seppure
prevalentemente siciliano, quello anti mafia dei primi anni '90.
L'altro elemento riguarda la dimensione esterna della rivolta e della
deflagrazione del potere spagnolo. Il moto napoletano del '47 si
svolge mentre sta giungendo a termine la guerra dei trenta anni,
evento che ridefinisce la geografia politica europea e segnò
l'esaurimento di un sistema ormai anacronistico e troppo inefficiente
come quello spagnolo dimostratosi non in grado di reggere al processo
di globalizzazione da lui stesso innescato. Anche oggi la pressione
della forza esterna spazza via un mondo, ma non è la fine della
storia e la definitiva vittoria del capitalismo finanziario, come
vorrebbe un certo pensiero apocalittico di moda in questi anni. Si
sta giocando una nuova partita al centro della quale vi è il più
gigantesco processo di secolarizzazione che l'umanità ha
probabilmente conosciuto- come dimostra ciò che sta accadendo
in Cina e nel mondo islamico- nel quale entrano in gioco fattori
economici, scientifici, religiosi. Toccherà alla politica,
sempre in occidente, elaborare un modello di governo all'altezza di
questa sfida in grado di proporre una nuova idea di sovranità, non
più legata allo schema degli stati nazione. Dalle guerra dei trenta
anni uscì vincente il modello stato - nazione, dal rivolgimento dei
nostri giorni potrebbero scaturire nuove forme di governo di livello
extra nazionale.