Quello di Ferdinando Tartaglia è un nome che oggi quasi nessuno conosce. E a dire il vero neanche negli anni, tra il '45 e il '49, quando la sua avventura assunse una qualche rilevanza pubblica, fu mai popolare. Fu un riformatore religioso, appartenente a quella strana schiera di utopisti che pensarono di riformare non il cristianesimo, ma la religione. Si batterono per una nuova religione universale, la "realtà nuova", secondo la bella definizione che ne diede lo stesso Tartaglia. Fondò e diresse senza risparmio insieme a Capitini il Movimento di religione, un'esperienza tanto elitaria quanto "impossibile" nell'Italia dell'immediato dopoguerra che presto si dissolse. Da allora si chiuse nel silenzio, si sposò e trascorse gli anni gli rimasero fino alla morte (1987) nello studio e in una discreta pratica di carità. Poco prima di morire ottenne la riconciliazione con la Chiesa che l'aveva a suo tempo scomunicato. Ha lasciato una produzione sterminata in larga parte inedita. Fu anche, a suo modo, un intellettuale militante. Impegnato senza calcoli nella diffusione delle ragioni del rinnovamento spirituale, prima che politico.