Finalmente il Pd ne ha indovinata una. La posizione critica assunta di fronte all'ipotesi di decreto del governo sul merito scolastico è giusta. Vediamo perché. La priorità della scuola italiana non è premiare i migliori, anche perché i criteri di accertamento del merito sono tutt'altro che chiari. Sappiamo quanto influiscano le condizioni di partenza per cui rischiamo di valorizzare chi è già forte. Almeno non si pensi a "premi" per settore scolastico: le scuole delle aree svantaggiate separate dalle altre, quelle del nord, del centro e del sud. Inutile aggiungere che tutto ciò porterebbe a legittimare per decreto l'attuale apartheid. Se si vuole agire sul fronte della qualità, si individuino le scuole che operano in condizioni di particolare difficoltà e vi si destinino misure specifiche: incentivi ai docenti più esperti che vi si vogliano trasferire, dotazione aggiuntiva di docenti per scomporre le classi e mettere in atto interventi mirati, progettualità, fornitura di attrezzature per la didattica multimediale, interventi sugli edifici. E lì che si annida il nemico pubblico numero uno della scuola pubblica: la dispersione e lì bisogna contrastarla. Gli attuali strumenti di misurazione (i test Invalsi) vanno potenziati e calati meglio nella didattica, dovrebbero servire per capire dove siamo deboli e dove è necessario intervenire. Vi è poi lo strumento del controllo. Se vi sono scuole che non rispettano le regole (e ve ne sono, lo sanno tutti), che si mandino gli ispettori e, se necessario, si rimuovano dirigenti e docenti. Per il resto la rivoluzione potrebbe tradursi in una misura semplice, cavallo di battaglia di Don Milani e della migliore pedagogia anni '60. Aprire le scuole full time, continuare il lavoro didattico il pomeriggio (e l'estate) sottraendo i ragazzi, soprattutto quelli dei ceti meno abbienti che non possono permettersi lezioni d'inglese, di scherma, di tennis, al vuoto delle chat. Non ci sono le risorse ? Che si proceda per interventi campione, naturalmente partendo dalle emergenze.