Le elezioni romane della primavera
2013 possono segnare l'inizio di una nuova fase politica. Anti partitocratica e in grado di legittimare una n uova élite. Al momento, tra candidati in
pectore e annunci di primarie, del
governo della città si è parlato poco. Unica eccezione l’iniziativa
referendaria promossa dal comitato Roma
si muove: la proposta di 8 quesiti su
mobilità, ambiente, diritti civili, partitocrazia
(http://www.romasimuove.it/chi-siamo/).
Lì si delinea un profilo esauriente delle scelte da
compiere da Roma che, di là della possibilità o meno di andare al
voto, affermano talune discriminanti programmatiche inconciliabili
con la logica mediatoria del vecchio “modello Roma”. Il punto da dirimere riguarda la capacità di mettere in campo un progetto di governo
per la capitale in grado di affermare il primato dell'interesse pubblico su corporazioni e lobbies. Se, al contrario, assisteremo ad una riedizione dello
schema saggezza contro barbarie - con la prima impersonata dai vecchi
epigoni del rutellismo e del veltronismo guidati da Zingaretti e la seconda dai post
fascisti berlusconizzati - allora Roma e la politica italiana avranno
perso un'ennesima occasione. Ben venga allora la novità di una candidatura fuori delle consorterie come potrebbe essere quella di Loretta Napoleoni.
giovedì 21 giugno 2012
venerdì 8 giugno 2012
Alberto Abruzzese. Comunicazione e ricezione
Nei link due interviste ad Alberto Abruzzese realizzate da Fiorella Giannini e Giulia Federici su comunicazione e ricezione del messaggio. Spunti per un uso attivo dei new media.
martedì 5 giugno 2012
Emma for president ! Se non ora, quando ?
Nel caos di
una crisi sempre più soffocante, sembrano ridursi gli spiragli e le fenditure
da cui passa quel minimo di aria che ci permette di respirare. Tutto è chiuso:
porte, finestre, abbaini. Eppure il futuro è qui, davanti a noi… basterebbe
alzare lo sguardo per vederlo. Invece, nel blocco unico e trasversale della
partitocrazia italiana, la luce che arriva è soltanto quella artificiale del
Palazzo, la luce delle lampade al neon. E se salta la corrente? Se va via la
luce, allora ciascuno di noi, singolarmente e tutti insieme, si ritroverà nella
condizione di rappresentare per gli altri quella piccola fiammella di speranza
senza la quale si finisce nel buio più pesto. Ad un tratto, oggi, si è aperta
una persiana… ed è entrato un bagliore che, forse, potrebbe permetterci di
vedere fuori. E’ successo che dieci attori hanno scritto al Corriere della Sera per far sapere che
vorrebbero Emma Bonino al Quirinale. Si tratta di volti assai noti al grande
pubblico cinematografico e televisivo: Luca Argentero, Sergio Castellitto,
Alessandro Gassman, Remo Girone, Vinicio Marchionni, Filippo Nigro, Rocco
Papaleo Claudio Santamaria, Emilio Solfrizzi, e Gianmarco Tognazzi. Il gruppo
di attori ha firmato una lettera-appello in cui, tra l’altro, si legge: “Difficile
non pensare che se fosse per i cittadini, Emma sarebbe già da un pezzo
presidente del Consiglio (e non solo della Repubblica) e su questa bellissima
opportunità noi italiani dovremmo tutti riflettere”. Insomma, Emma for
President! E’ questa la proposta che ritorna. Ma è un ritorno al futuro…! Ma
non basta: venerdì 1 giugno, a
Breslavia, in Polonia, durante il Global
Forum dedicato al tema “Reinventare l'Occidente: Prosperità,
Sicurezza e Democrazia a rischio?”, l’Atlantic Council, un think
tank americano che mette al centro della propria attività i
rapporti euro-atlantici, ha deciso di dedicare la quarta edizione del “Premio per la Libertà” ad Emma Bonino, per la sua lotta decennale in difesa dei diritti umani e
delle libertà individuali nel mondo. Emma al Quirinale. Una donna sul Colle più
alto. Sarebbe l’ennesimo scandalo dei Radicali! Ma di quegli scandali che
piacevano tanto a Pier Paolo Pasolini e che hanno cambiato in meglio la vita
del nostro Paese ogni volta che si sono presentati sul proscenio della vita
politica e civile del Belpaese. Oppure Emma Bonino come candidata alla
premiership, cioè futuro Presidente del Consiglio. Sarebbe una scelta
proveniente dal basso, dalla strada, dal cuore stesso della gran parte dei
cittadini italiani. Emma for President! E’ la voce che si alza a partire dalle
persone comuni… e che ritorna a circolare anche grazie a dieci attori che hanno
saputo aprire una persiana per aiutarci a guardare fuori dalla finestra.
Pier Paolo Segneri
Membro della Giunta esecutiva di Radicali
Italiani
domenica 3 giugno 2012
Sulla scuola chapeau al Pd
Finalmente il Pd ne ha indovinata una. La posizione critica assunta di fronte all'ipotesi di decreto del governo sul merito scolastico è giusta. Vediamo perché. La priorità della scuola italiana non è premiare i migliori, anche perché i criteri di accertamento del merito sono tutt'altro che chiari. Sappiamo quanto influiscano le condizioni di partenza per cui rischiamo di valorizzare chi è già forte. Almeno non si pensi a "premi" per settore scolastico: le scuole delle aree svantaggiate separate dalle altre, quelle del nord, del centro e del sud. Inutile aggiungere che tutto ciò porterebbe a legittimare per decreto l'attuale apartheid. Se si vuole agire sul fronte della qualità, si individuino le scuole che operano in condizioni di particolare difficoltà e vi si destinino misure specifiche: incentivi ai docenti più esperti che vi si vogliano trasferire, dotazione aggiuntiva di docenti per scomporre le classi e mettere in atto interventi mirati, progettualità, fornitura di attrezzature per la didattica multimediale, interventi sugli edifici. E lì che si annida il nemico pubblico numero uno della scuola pubblica: la dispersione e lì bisogna contrastarla. Gli attuali strumenti di misurazione (i test Invalsi) vanno potenziati e calati meglio nella didattica, dovrebbero servire per capire dove siamo deboli e dove è necessario intervenire. Vi è poi lo strumento del controllo. Se vi sono scuole che non rispettano le regole (e ve ne sono, lo sanno tutti), che si mandino gli ispettori e, se necessario, si rimuovano dirigenti e docenti. Per il resto la rivoluzione potrebbe tradursi in una misura semplice, cavallo di battaglia di Don Milani e della migliore pedagogia anni '60. Aprire le scuole full time, continuare il lavoro didattico il pomeriggio (e l'estate) sottraendo i ragazzi, soprattutto quelli dei ceti meno abbienti che non possono permettersi lezioni d'inglese, di scherma, di tennis, al vuoto delle chat. Non ci sono le risorse ? Che si proceda per interventi campione, naturalmente partendo dalle emergenze.
venerdì 1 giugno 2012
L'orgoglio e la dignità: "apologo" sull'oggi
Si può indossare la
maglia di una squadra di calcio con orgoglio, ma non è detto che lo si faccia
anche con dignità. Anzi, orgoglio e dignità sono tra loro distinti. Orgoglio e
dignità, infatti, sono due termini che vengono spesso utilizzati come sinonimi mentre
hanno perlopiù significati differenti, spesso addirittura opposti. Provo a fare
un esempio: l’orgoglio è legato alla difesa di un proprio avere, la dignità sta
nella difesa del proprio essere. Con il termine dignità, quindi, ci si
riferisce al sentimento che proviene dal considerare come importante il senso di sé, la conoscenza
di se stessi, la propria specifica morale e onorabilità. Inoltre, la dignità è
il sentimento che ci permette di ritenere come basilare della nostra esistenza
il fatto di tutelare e salvaguardare ciò che si è, addirittura con l’impegno a
migliorarci secondo princìpi e valori in cui si crede. E’ un discorso che vale
anche per la dignità dello Stato e delle istituzioni. E’ forse questo ciò che
si intende per “senso dello Stato”, a cominciare dalla Costituzione e dal
rispetto dello Stato di Diritto. L’orgoglio, invece, scatta quando non si vuole
perdere il possesso di ciò che si ha, spesso trasformando l’essere in averi. La
dignità viene fuori quando si vuol preservare e custodire ciò che si sogna, si
spera, si sceglie. L’orgoglio viene fuori, invece, quando si vuol rivendicare
ciò che si ha. Quindi, la dignità subentra in noi per tutelare ciò che siamo
mentre l’orgoglio si esterna quando si diventa suscettibili alle critiche o
quando ci sentiamo minacciati nei nostri privilegi, integralismi, ideologismi.
Insomma, la dignità vive di regole e di doveri, di diritti umani e civili;
l’orgoglio si gonfia, viceversa, nel rivendicare uno “status” oppure nel
gridare come proprio diritto ciò che è invece un arbitrio o, addirittura, un
mero esercizio di potere fine a se stesso. L’orgoglio fa spesso commettere
degli errori o scaturisce a difesa dei propri errori; la dignità invece
riconosce i propri errori ed emerge a difesa della persona. L’orgoglio si
riferisce a qualcosa di esterno rispetto a noi stessi, la dignità coincide con
il rispetto di se stessi. Chi si rifugia nell’orgoglio rischia il fanatismo,
l’intolleranza, la cecità intellettuale e si indebolisce. Chi mantiene la
propria dignità non si rifugia, ma si mostra anche nelle proprie fragilità. Tutti gli uomini, senza distinzioni di età, stato di
salute, sesso, razza, religione e nazionalità meritano un rispetto
incondizionato, sul quale nessuna “ragion di Stato”, nessun “interesse
superiore” può imporsi. Nella dignità c’è, però, una forma soggettiva e
personale di percezione di sé e degli altri, ossia cambia a seconda delle
diversità di ciascuno. La dignità, in altre parole, cambia a seconda del valore
che ognuno vuole o sa dare alla propria. Alcuni non sanno proprio di averne
una, oppure la calpestano irrispettosi credendo di vivere dignitosamente, ma
non si accorgono di ingannare loro stessi. Un’espressione comune, sinonimo di
orgoglio, è quella di “avere un’alta opinione di sé”. L'orgoglio smodato
comporta un senso di superiorità rispetto alle altre persone e sconfina spesso
nella “superbia”, che – per esempio - nella dottrina cristiana è il più grave dei sette peccati capitali. Soprattutto nelle relazioni umane, nei rapporti affettivi, nell’amicizia
e in amore, l’orgoglio può essere spesso dannoso e provocare incomprensioni,
egoismi, allontanamenti. La dignità, insomma, è legato al sentimento di autostima, ovvero della considerazione che si ha di sé, delle
proprie capacità. Pertanto, il concetto di dignità dipende anche dal percorso
che ciascuno sceglie di compiere, sviluppando il proprio “essere se stesso”.
Inoltre, come già accennato, si riconosce dignità alle alte cariche politiche od ecclesiastiche richiedendo che chi le ricopre ne conservi le alte caratteristiche morali,
civili o religiose. Oppure, giustamente, si richiede che abbiano dignità i
calciatori e gli atleti quando sono in campo e giocano la partita indossando la
maglia di una squadra. Quando si perde la dignità, però, si abbia almeno la
dignità di riconquistarla.
Pier Paolo Segneri
Membro della Giunta esecutiva di Radicali italiani
Pier Paolo Segneri
Membro della Giunta esecutiva di Radicali italiani
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