Lettura di "Scrittori e popolo" (1965), lacuna colmata e piacere finale di vedere tutto
perfettamente in ordine. Ogni cosa al suo posto, Pratolini con Vittorini, il primo più rude e primitivo, Carlo Levi, Pavese e poi i minori come Oriani, Mastriani, la Viganò (chi ha letto L'Agnese va a morire?). Le
giuste bastonature a Cassola e Pasolini, come poche pagine prima al
Calvino del "Sentiero". Rimane solo un dubbio: ma se le stesse cose le
avevano già scritte e dette (il convegno di Palermo è del '63) Guglielmi e Giuliani, Barilli e Eco e prima ancora
quelli del Verri, e se c'era un monumento vivente come Gadda ad
incarnarle, il libro di Asor Rosa per dire al PCI che aveva
puntato sui cavalli sbagliati? Non sarebbe stato meglio condividere, allora come oggi, la scelta per l'avanguardia piuttosto che puntare sulla celebrazione postuma del Calvino americano o su una voce tradizionale come la Mazzucco?