Ennesima discussione lunare nel Pd. Stavolta si profila un grave pericolo all’orizzonte: D’Alema rischia di divenire presidente della fondazione culturale dei socialisti europei. Una mossa subdola, ordita dalla lobby demo–pluto–socialista per sbiadire la solida identità democratica del Pd. Per fortuna se ne sono accorti Giorgio Tonini (nella foto) e altri veltroniani custodi del nulla, e hanno provveduto a dettare la linea: D’Alema può anche accettare il prestigioso incarico, però non si sogni di utilizzarlo per favorire la socialdemocratizzazione del Pd. Perché a quel punto se ne vedrebbero delle belle.
Di fronte a tanta insipienza, a pochi giorni dall’indimenticabile polemica sul compagni sì compagni no, qualcuno oserà chiedere le ragioni per cui il Pd non fa sua la proposta sul contratto unico o del perché le nuove liberalizzazioni appena lanciate da Bersani non sono state accompagnate da una decente strategia comunicativa? Meglio baloccarsi su futuri ticket Vendola–Zingaretti di cui l’Espresso e Repubblica decantano le meraviglie, o stropicciarsi le mani per lo scivolone dipietrista sull’utilizzo dei rimborsi elettorali. Tanto di Pomigliano tra poco non si parlerà più e la festa dell’Unità continuerà a chiamarsi sempre festa dell’Unità.
Arriva l’estate. E tutti a sbirciare le foto della Melandri alle Eolie, di D’Alema in barca, di Veltroni appena emerso dalle acque. Persino di Fassino, a Capalbio. E allora solo un piccolo velo di malinconia solcherà il cielo democratico: Rutelli quest’anno non è della compagnia.
P.A.
lunedì 28 giugno 2010
lunedì 21 giugno 2010
Intervista a Luigi Covatta
direttore di Mondoperaio
Scuola e formazione
(le 5 domande di M.R. ad esponenti del riformismo italiano
su riforme, lavoro, mezzogiorno, formazione):
Mezzogiorno e lavoroScuola e formazione
sabato 19 giugno 2010
Paradossi riformisti
IDV operaista e garantista. Questa la novità della settimana appena trascorsa. Prima la difesa della Fiom impegnata nella vertenza di Pomigliano, poi quella di De Gennaro condannato in appello per i fatti di Genova. In realtà niente di nuovo. Il partito dipietrista miete da tempo consensi tra il sindacalismo più radicale e le forze dell'ordine. Legittimo, ma anche niente a che fare con il riformismo che per sua natura è il contrario del corporativismo. Il PD invece sceglie, come al solito, la via mediana. Cauto appoggio alla firma su Pomigliano, ma nessuna presa di distanza dalla Fiom, garantista con De Gennaro ma silente sulle sue responsabilità, evidenti anche al di là degli esiti processuali. Solo un malinteso senso dello stato può far coincidere la sua difesa con quella di un suo funzionario. Fu ciò che accadde negli anni '70, quando le ripetute violazioni della legalità compiute sotto la gestione Cossiga, trovarono la copertura del Pci.
Intanto, la casalinga di Voghera capirà perché si chiedono le dimissioni di Bertolaso e non quelle di De Gennaro ? E l'operaio campano preferirà essere salvato, per merito della Fiom, dalla barbarie che gli prospetta Marchionne oppure produrre la Panda nel suo stabilimento e sperare in positive ricadute sul suo tribolato territorio ? E i precari avranno capito perché il PD non fa una battaglia sul contratto unico ? Il 22, giorno del referendum tra i lavoratori di Pomigliano, forse capiremo meglio se il PD ha sprecato l'ennesima occasione per lanciare un segnale in partibus infedelium.
Intanto, la casalinga di Voghera capirà perché si chiedono le dimissioni di Bertolaso e non quelle di De Gennaro ? E l'operaio campano preferirà essere salvato, per merito della Fiom, dalla barbarie che gli prospetta Marchionne oppure produrre la Panda nel suo stabilimento e sperare in positive ricadute sul suo tribolato territorio ? E i precari avranno capito perché il PD non fa una battaglia sul contratto unico ? Il 22, giorno del referendum tra i lavoratori di Pomigliano, forse capiremo meglio se il PD ha sprecato l'ennesima occasione per lanciare un segnale in partibus infedelium.
martedì 15 giugno 2010
Liberi da Repubblica
E’ dalla conclusione del compromesso storico (1979) che la sinistra italiana porta la croce di Repubblica. Da allora è stato un susseguirsi di esami, suggerimenti non richiesti, bocciature clamorose: dall’innamoramento di Scalfari per De Mita, al feroce antisocialismo degli anni ‘80, all’apologia mariosegnista dei primi ‘90, ai siluri contro Amato nel 2001, al sostegno a Rutelli prima e a Veltroni poi. Senza mai azzeccarne una. Repubblica è un manifesto di successo, senza però l’aristocratico distacco dal potere di Rossanda e dei suoi.
Il punto è: cosa dovrebbe fare il Pd per liberarsi di questo fastidioso moscone? Innanzitutto, non tirarsi indietro e rimandare la palla nel campo avversario, punto su punto. Lo ha fatto, purtroppo stancandosi presto, D’Alema nei giorni scorsi. Ci sono prese di posizione che aiutano a costruire l’identità più di tanti discorsi. Perché non mettere a punto una strategia di comunicazione che impegni i giovani leoni democratici in campo (Renzi, Serracchiani, Civati, Amendola) a rispondere giorno per giorno ai santoni di piazza Indipendenza?
Santoni che nel frattempo hanno fatto proseliti in video, egemonizzando con Dandini, Floris, Santoro la narrazione televisiva della sinistra. Una chiave comunicativa potrebbe coincidere nello sflilargli l’arma del nuovo, facendoli apparire come i cantori di un progressismo ormai del secolo scorso. Per fare tutto ciò, però, ci vorrebbe un giornale. L’Unità, ad esempio, qualora smettesse di scimmiottare indovinate chi?
sabato 12 giugno 2010
Convegno Urban voids. Politiche per Roma
L'audio integrale del convegno dell'8 giugno scorso.
Studiosi di diverse provenienze dialogano su un nuovo progetto politico - amministrativo per Roma. --> Vai al sito
venerdì 11 giugno 2010
Caro PD la costituzione si può cambiare
La retorica sulla Costituzione migliore del mondo sta dilagando. E attecchisce soprattutto nel Pd. Che alla barbarie berlusconiana si debba rispondere con la sindrome da vestali della Carta, tuttavia è assai opinabile.
Nella parte dedicata ai rapporti economici, vi sono almeno tre articoli, il 39 (sui sindacati), il 41 (sull’iniziativa economica privata), il 46 (sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende) trasudanti vecchie ideologie anti mercato. Che poi valga la pena avviare una faticosa operazione di riscrittura della prima parte, per la quale sarebbe necessaria l’elezione di una Costituente, è tutto da dimostrare. Ma perché difendere a priori principi che l’evoluzione liberale del sistema ha dimostrato essere inapplicabili? Il sospetto è che tale difesa ad oltranza faccia il paio con l’adesione all’altra vulgata che dai primi anni ‘90 ha messo solide radici nel centrosinistra.
Ci riferiamo al mix di uninominale maggioritario, premierato modello Westminster, primarie per la selezione dei candidati, confermato anche dall’ultima assemblea nazionale del Pd. Né sembrano esservi le condizioni per un dibattito aperto su questi temi, come sarebbe auspicabile. Niente editoriali sull’Unità, né convegni o appelli. Dopo un bel convegno organizzato nel luglio 2008 da Italianieuropei, il nulla. Certo, è più glamour sfogliare la margherita di Santoro o accapigliarsi su massoni e Opus dei. Il silenzio di D’Alema, sostenitore in minoranza del modello tedesco, è tanto indicativo quanto poco condivisibile. Anche perché se non si apre una battaglia politica su temi come questi, riguardanti i principi fondanti di un futuro sistema politico, cosa resta? Il sostegno a Boccia alle primarie pugliesi?
Nella parte dedicata ai rapporti economici, vi sono almeno tre articoli, il 39 (sui sindacati), il 41 (sull’iniziativa economica privata), il 46 (sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende) trasudanti vecchie ideologie anti mercato. Che poi valga la pena avviare una faticosa operazione di riscrittura della prima parte, per la quale sarebbe necessaria l’elezione di una Costituente, è tutto da dimostrare. Ma perché difendere a priori principi che l’evoluzione liberale del sistema ha dimostrato essere inapplicabili? Il sospetto è che tale difesa ad oltranza faccia il paio con l’adesione all’altra vulgata che dai primi anni ‘90 ha messo solide radici nel centrosinistra.
Ci riferiamo al mix di uninominale maggioritario, premierato modello Westminster, primarie per la selezione dei candidati, confermato anche dall’ultima assemblea nazionale del Pd. Né sembrano esservi le condizioni per un dibattito aperto su questi temi, come sarebbe auspicabile. Niente editoriali sull’Unità, né convegni o appelli. Dopo un bel convegno organizzato nel luglio 2008 da Italianieuropei, il nulla. Certo, è più glamour sfogliare la margherita di Santoro o accapigliarsi su massoni e Opus dei. Il silenzio di D’Alema, sostenitore in minoranza del modello tedesco, è tanto indicativo quanto poco condivisibile. Anche perché se non si apre una battaglia politica su temi come questi, riguardanti i principi fondanti di un futuro sistema politico, cosa resta? Il sostegno a Boccia alle primarie pugliesi?
mercoledì 9 giugno 2010
Antropologia italica
A mio avviso, l’articolo “Meno Stato, più Società” di Piero Ostellino sul “Corriere” del 30-5-2010, denuncia furbizie e sprechi, ma se letto con le chiavi etologiche della gran parte degli italiani, soprattutto maschi, in realtà esalta i furbi, i ladri ed i parassiti. I vincitori sono loro, il modello è quello, non vale la pena affrontare altre strade, poiché gli altri, i produttivi, gli onesti, sono solo dei fessi.
Peraltro, la gran parte della comunicazione di denuncia, in tutti i media, ricalca lo stesso schema ed ottiene gli stessi risultati, esaltare i furbi. Forse è necessario per le vendite.
Negli ultimi anni l’unico messaggio che ha lavorato contro questo schema comportamentale è stato quello emesso dal Ministro Brunetta quando ha parlato di “bamboccioni”: non furbi, ma incapaci, patologicamente impotenti. Il risalto che è stato dato a quella frase dimostra quanto sia stata efficace. Lo è stata in quanto insolita, inaspettata: invece di denunciare i potenti e blandire le masse, evidenziava le condizioni di schiavitù del popolo bue.
Analogamente, una campagna che mettesse in luce quanto siano da compatire più che denunciare i tanti che concorrono per il posto fisso, costringendo i politici ad inventare Enti Inutili ed Università per collocarli, sarebbe forse più efficace nel dinamizzare la società italiana.
Il suo effetto sarebbe ancor maggiore se indagasse nelle radici psico e socio patologiche dell’incapacità ad intraprendere ed inventare la vita, come anche sulle conseguenze che quelle condizioni hanno nell’efficienza delle burocrazie.
Noi tutti, ad esempio, abbiamo avuto esperienza del rancore esistenziale che domina la gran parte dei dipendenti pubblici italiani e di come le loro frustrazioni si tramutino in vessazioni sia per i cittadini utenti che per i pochi che non rinunciano a creare. Chiunque abbia tentato di avviare un’attività, sia essa per profitto economico, sociale o culturale, conosce l’effetto muro di gomma e percepisce come dietro ci sia rabbia per le rinunce fatte, quindi ostilità per chi vuole rimanere libero e vivo.
Andrebbe, quindi, esplicitato come quegli impiegati, quei funzionari, siano stati, a loro volta, vittime di violenza, castrati da famiglie spaventate o spinti in carriere a loro aliene da sogni di riscatto sociale non loro.
In altre parole, evidenziare l’oggettività delle dinamiche potrebbe essere efficace perlomeno tanto quanto indicare i cattivi.
Franco Paolinelli
- Link all'articolo di Ostellino.
Peraltro, la gran parte della comunicazione di denuncia, in tutti i media, ricalca lo stesso schema ed ottiene gli stessi risultati, esaltare i furbi. Forse è necessario per le vendite.
Negli ultimi anni l’unico messaggio che ha lavorato contro questo schema comportamentale è stato quello emesso dal Ministro Brunetta quando ha parlato di “bamboccioni”: non furbi, ma incapaci, patologicamente impotenti. Il risalto che è stato dato a quella frase dimostra quanto sia stata efficace. Lo è stata in quanto insolita, inaspettata: invece di denunciare i potenti e blandire le masse, evidenziava le condizioni di schiavitù del popolo bue.
Analogamente, una campagna che mettesse in luce quanto siano da compatire più che denunciare i tanti che concorrono per il posto fisso, costringendo i politici ad inventare Enti Inutili ed Università per collocarli, sarebbe forse più efficace nel dinamizzare la società italiana.
Il suo effetto sarebbe ancor maggiore se indagasse nelle radici psico e socio patologiche dell’incapacità ad intraprendere ed inventare la vita, come anche sulle conseguenze che quelle condizioni hanno nell’efficienza delle burocrazie.
Noi tutti, ad esempio, abbiamo avuto esperienza del rancore esistenziale che domina la gran parte dei dipendenti pubblici italiani e di come le loro frustrazioni si tramutino in vessazioni sia per i cittadini utenti che per i pochi che non rinunciano a creare. Chiunque abbia tentato di avviare un’attività, sia essa per profitto economico, sociale o culturale, conosce l’effetto muro di gomma e percepisce come dietro ci sia rabbia per le rinunce fatte, quindi ostilità per chi vuole rimanere libero e vivo.
Andrebbe, quindi, esplicitato come quegli impiegati, quei funzionari, siano stati, a loro volta, vittime di violenza, castrati da famiglie spaventate o spinti in carriere a loro aliene da sogni di riscatto sociale non loro.
In altre parole, evidenziare l’oggettività delle dinamiche potrebbe essere efficace perlomeno tanto quanto indicare i cattivi.
Franco Paolinelli
- Link all'articolo di Ostellino.
venerdì 4 giugno 2010
Roma: cercasi classe dirigente
E’ ora che i riformisti battano un colpo nella capitale. Finora le uniche letture critiche del “Modello Roma” sono venute dal fronte della sinistra tradizionale. Contributi seri che, però, rimangono nei limiti delle vecchie ricette anti-mercato e pubblico-centriche. Avanti di questo passo la prossima candidatura alle comunali 2013 rischia di essere egemonizzata da Vendola e Di Pietro. Magari accompagnata da una mossa a sorpresa priva, questa volta, delle stimmate liberali dei Radicali.
Il Pd, da parte sua, naviga in pessime acque, con il segretario regionale Mazzoli (dalemiano) dimissionario e in corso la solita guerra tra gruppi. Servirebbe un salto di qualità che scaturisca da un’analisi senza rete delle luci e delle molte ombre del settennato veltroniano. Tuttavia, non si vede all’orizzonte nessuno in grado di volare alto. Non i vari Gasbarra, Zingaretti, Montino, Marroni, stretti tra la difesa dei propri interessi di ceto politico (indicativo il rifiuto alla discesa in capo dei primi due in occasione delle recenti regionali) e il ridotto appeal. Qualcuno ricorda un’editoriale sull’Unità, un’intervista non banale, una presa di posizione non paracula di uno di questi esponenti del Pd romano?
Anche il migliore del gruppo, Nicola Zingaretti (nella foto), non si distingue mai dal birignao piacione alla Rutelli. Per questo a molti è sembrata tutt’altro che peregrina l’accusa di viltà lanciatagli dal sindaco di Firenze dopo la sconfitta della Bonino. Il settennato veltroniano ha fatto tabula rasa della politica, sostituita da un’accorta gestione degli eventi. E ora nessuno sa da dove ripartire. Eppure le condizioni per pensare ad un nuovo progetto ci sarebbero tutte. Il consenso della destra appare tutt’altro che solido, come ha dimostrato la sonora smentita subìta in aprile da Alemanno, mentre tutte le questioni più importanti rimangono aperte. A cominciare dalla mobilità, vera emergenza per chiunque voglia misurarsi con il governo della capitale. Ma ci vogliono scelte coraggiose e anti corporative, lontane anni luce dalla sciagurata mediazione messa in atto da Veltroni nel 2006 con i tassisti. Servizi di livello europeo e meno macchine in circolazione. Una missione che necessita di una classe dirigente. Al momento nessuno l’ha vista.
P.A.
Il Pd, da parte sua, naviga in pessime acque, con il segretario regionale Mazzoli (dalemiano) dimissionario e in corso la solita guerra tra gruppi. Servirebbe un salto di qualità che scaturisca da un’analisi senza rete delle luci e delle molte ombre del settennato veltroniano. Tuttavia, non si vede all’orizzonte nessuno in grado di volare alto. Non i vari Gasbarra, Zingaretti, Montino, Marroni, stretti tra la difesa dei propri interessi di ceto politico (indicativo il rifiuto alla discesa in capo dei primi due in occasione delle recenti regionali) e il ridotto appeal. Qualcuno ricorda un’editoriale sull’Unità, un’intervista non banale, una presa di posizione non paracula di uno di questi esponenti del Pd romano?
Anche il migliore del gruppo, Nicola Zingaretti (nella foto), non si distingue mai dal birignao piacione alla Rutelli. Per questo a molti è sembrata tutt’altro che peregrina l’accusa di viltà lanciatagli dal sindaco di Firenze dopo la sconfitta della Bonino. Il settennato veltroniano ha fatto tabula rasa della politica, sostituita da un’accorta gestione degli eventi. E ora nessuno sa da dove ripartire. Eppure le condizioni per pensare ad un nuovo progetto ci sarebbero tutte. Il consenso della destra appare tutt’altro che solido, come ha dimostrato la sonora smentita subìta in aprile da Alemanno, mentre tutte le questioni più importanti rimangono aperte. A cominciare dalla mobilità, vera emergenza per chiunque voglia misurarsi con il governo della capitale. Ma ci vogliono scelte coraggiose e anti corporative, lontane anni luce dalla sciagurata mediazione messa in atto da Veltroni nel 2006 con i tassisti. Servizi di livello europeo e meno macchine in circolazione. Una missione che necessita di una classe dirigente. Al momento nessuno l’ha vista.
P.A.
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