Il primo anno di vita della giunta Marino propone un caso di scuola utile a ragionare sulle condizioni che distinguono una buona da una cattiva amministrazione. È evidente ormai che Marino non ha una strategia che parta da una lettura chiara della città. L'uscita di scena dell'assessora al bilancio Morgante, favorevole ad un impatto hard sulla crisi finanziaria, la dice lunga sulla indisponibilità del Sindaco ad affrontare il nodo delle uscite. Eppure le condizioni per avviare una politica renziana sul fronte municipalizzate ci sarebbero tutte: dismettere quelle non strategiche, vendere quote di Atac, Ama, Multiservizi. Le grandi mangiasoldi appaltate alle clientele politiche. Ma per farlo ci vuole la politica, il contrario dell'esercizio sterile di buon senso nel quale sembra essersi specializzato Marino. L'altro settore che potrebbe qualificare l'azione della giunta è quello della cultura. Ricostruire un rapporto con le tante realtà operanti in città e individuare alcuni interventi su larga scala in grado di indicare una direzione di marcia, di dare identità a ciò che l'amministrazione intende fare. Invece niente. Vi è però un settore, non meno strategico nell'attività di giunta, che sfugge a tanto grigiore. L'urbanistica. Lì l'assesore Caudo sta accumulando un lavoro imponente che per un verso sana i guasti dell'attuale Piano - chiudendo nel modo più indolore possibile la triste vicenda delle compensazioni - e per un altro individua le direttrici di uno sviluppo urbano non più fondato sull'epsansione a macchia d'olio. Il tutto è certo condizionato dalla difficile partita delle caserme e dalla possibilità per il Comune di avere la disponibilità delle aree attualmente del Demanio come Forte Boccea. Ma il successo di un'operazione come quella di via Guido Reni fa ben sperare. Il tutto in direzione di un nuovo Piano per Roma, finalmente sostenibile e ecocentrato. Come si spiega tanto attivismo ? Semplicimente con il fatto che Caudo è partito da un lettura critica e solida della città, da un'elaborazione sviluppata negli anni precedenti insieme ad un team di urbanisti, associazioni di quartiere, attivismo delle reti sociali. È la politica, bellezza! Il contrario dell'improvvisazione.
venerdì 25 aprile 2014
martedì 1 aprile 2014
Rosi Braidotti, Il postumano
Riportiamo un brano de "Il postumano", il saggio recentemente pubblicato da Rosi Braidotti (Derive Approdi, pp. 220, e.17,00). Filosofa femminista, allieva di Deleuze, propone una nuova grammatica della condizione postumana. L'uomo - macchina, abbandonato il paradigma antropocentrico, può trasmigrare in una nuova soggettività nomade, relazionale, solidale.
Il divenire postumano è un processo di ridefinizione del senso di connessione con il mondo condiviso e l’ambiente: urbano, sociale, psichico, ecologico o planetario che sia. Esso esprime molteplici ecologie dell’appartenenza, mentre innesca la trasformazione delle coordinate sensoriali e percettive, riconoscendo la natura collettiva e l’apertura verso l’esterno di ciò che ancora chiamiamo soggetto. Tale soggetto è infatti un assemblaggio mobile in uno spazio di vita condiviso che egli non controlla né possiede, ma che semplicemente occupa, attraversa, sempre in comunità, in gruppo, in rete. Per la teoria postumana il soggetto è un’entità trasversale, pienamente immersa in e immanente a una rete di relazioni non umane (animali, vegetali, virali). Il soggetto incarnato zoe-centrato è preso in collegamenti relazionali di tipo virale e contagioso che lo interconnettono a una vasta gamma di altri, partendo dagli eco-altri fino a includere l’apparato tecnologico. […]
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