E' noto che per esordire sotto le insegne di una grande case editrice il giovane scrittore italiano deve rispettare alcuni ferrei dettami. 1) storie tratte da esperienze di vita vissuta, naturalmente ambientate nel mondo giovanile 2) stile immediato fatto di periodi brevi 3) utilizzo dell'io narrante 4) testo non superiore alle 200 pagine 5) trame semplici che non si soffermino mai troppo sui personaggi ma accumulino rapidamente fatti e/o riflessioni del protagonista. Tutti requisiti abbondantemente soddisfatti da Dentro di Sandro Bonvissuto (Einaudi, 2012), il quale confeziona non una trama ma tre quadri corrispondenti a tre diversi momenti della vita di un non meglio specificato narratore. Il primo dedicato all'esperienza del carcere e alla descrizione della quotidiana condivisione della cella con due compagni di sventura; il secondo ad un'altra istituzione totale, la scuola, cui è dedicato il ricordo di un'amicizia esclusiva tra due ragazzi durante il primo anno di liceo; il terzo alla famiglia, colta nel frangente di un padre apparentemente distratto che insegna al figlio ad andare in bicicletta consentendogli di crescere ancora un po'.
In tutti e tre i casi i luoghi, i tempi non sono riconoscibili, né vi è alcun riferimento a fatti noti, il verosimile è, tuttavia, garantito dal flusso lineare e composto del racconto. Abbondano i luoghi comuni: il carcere claustrofobico su cui emerge la bontà dell'amico africano e la saggezza al caffè di un vecchio ergastolano dagli evidenti echi deandreiani; insegnanti acidi e famiglie sorde contrapposte a ragazzi intenti a consumare ribellioni innocenti che ricordano Truffaut; il passaggio dall'infanzia all'adolescenza complice l'estate perché, si sa, le cose belle in inverno non possono accadere (dall'incipit del terzo blocco narrativo). E così via, di banalità in banalità.