"Resistere non serve niente", il romanzo di Walter Siti vincitore dell'ultimo Strega, esprime in fondo coerentemente lo stato attuale del romanzo in Italia. Trame criminal finanziarie, sesso, accenti disincantati sulla irriformabilità del capitale, prossima fine della democrazia. Il tutto condito nel più tradizionale involucro della narrativa ottocentesca: il romanzo storico che qui si trasforma in una sorta di romanzo - testimonianza retto dalll'immancabile narratore onnisciente. Ed ecco che l'io narrante, invece di uscirne mutilato come nell'ultimo Busi, ne risulta esaltato, confermato nelle sua capacità di "dire la verità". Con buona pace del miglior romanzo novecentesco che proprio dall'assassinio dell'io, era partito. E' come se la narrativa italiana proprio non riuscisse a fare a meno dei moduli ottocenteschi e si ostinasse a rimanere ad un suo stadio infantile. Ma ciò altro non è che il risultato del divorzio tra critica e scrittura, tra teoria e linguaggio. Assistiamo ad una regressione impensabile in altri campi. ve lo immaginate un compositore che scrivesse alla maniera di Puccini, un architetto che proponesse i moduli di Piacentini, un pittore che copiasse i macchiaioli ? Eppure nel romanzo accade. Passi per la narrativa di genere, sinceramente di consumo alla Lucarelli o alla Camilleri che alle sue leggi deve pur obbedire. Ma che tutto ciò rappresenti il "nuovo grande romanzo italiano", secondo la pomposa definizione che Lodoli ha dato del libro di Siti, non lo si può accettare. E allora l'invito é a non leggere Siti, ma dedicare due ora alla lettura (rilettura) delle ultime cinquanta pagine de "L'Uomo senza qualità" o del monologo di Molly Bloom. In nome della guerra alla trama, ora e sempre.